Attorno al focolare

 

Attorno al focolare

Il fuoco, acceso tra le pietre consumate del camino, riunisce attorno a sé le anime della casa, ma il suo tepore si allunga fino alle stanze più lontane. Forza misteriosa, vitale e terribile allo stesso tempo, e per questo riccamente simbolica, il fuoco. Scalda i corpi infreddoliti e ridona vigore per il giorno che sorpasserà la notte. Così per l’anima, che attende di essere infiammata e sospinta verso più alte imprese. Il fuoco difende dall’oscurità, preserva la vista. Così la sapienza, che è luce fra le menzogne di questo mondo. Nella fiamma o sulle braci si cucinano i cibi, nutrimento indispensabile per il corpo. Così attorno al fuoco si evocano storie, miti e fiabe; le parole udite si lasciano masticare e assimilare dalla comunità che a sua volta diviene corpo spirituale.

Il focolare si è però oggi dissolto in tante piccole fiammelle sparse qua e là, negli spazi aperti, a lottare con i capricci del vento e le sfuriate della pioggia. A volte non resta che qualche scintilla nella notte, buona per risvegliare un appassito stupore, ma nulla più.

Simbolica porzione del sole, qui sulla terra, il fuoco è segno molteplice, che però richiama costantemente l’energia vitale ed eternamente rinnovantesi. Il fuoco è vita e la vita si fa per l’uomo, cultura. Quando la cultura perde di sapore, incapace di sfamare l’anima dell’uomo fino a divenire pericolosa o inutile, l’uomo precipita nella barbarie. E non vi è barbarie più grande dell’individualismo, morbo feroce quanto sfuggente, al cui contagio nessuno può dirsi pienamente immune.

Si presti attenzione al capo così da comprendere meglio dove muovono i piedi. La parcellizzazione del sapere, frutto amarissimo dell’abbandono tanto del piano metafisico che di quello cosmico, ha ormai raggiunto il parossismo. Le branche del “sapere” si sfilacciano in una serie pressoché infinita di sottocategorie, cosicché non è più possibile mantenere chiara la visione d’insieme. Questi sono tristemente i tempi dell’analisi, e non solo di quella psicologica!

Proprio perché l’uomo non è stato più in grado di mantenere unito, dal punto di vista intellettuale, il cosmo attorno a sé e l’anima dentro di sé, anche la società si è sgretolata, mattone dopo mattone. Ci sono voluti secoli per questa diabolica operazione demolitrice, ma il trionfo sembra ormai raggiunto. Gli uomini vivono come delle monadi schizofreniche, alla feroce conquista di una zolla sicura su cui sostare. Un buon titolo, un lavoro sicuro, un gruppo nel quale illudersi di certificare la propria identità e così via. Si accusano o si esaltano per i propri e altrui successi o fallimenti. Ogni azione, ogni accadimento riguarda me e me solo. La società ha tracciato per noi le strade e su queste anonime corsie ci mettiamo in coda per un’occupazione, un attestato. Non si ode eco nell’aere delle cadute di chi è vicino e tantomeno di chi è lontano. “La mia vittoria non ha nulla da condividere con la tua sconfitta”, pensiamo. Fato, Provvidenza se qualcuno ancor ci crede, sono forze che operano esclusivamente a favore o contro il singolo individuo. Nulla è condiviso, tantomeno un destino. Anche la religione si è ridotta a “fatto privato”. Dio parla solo alle persone, e non anche ai Popoli e alle Nazioni. Nessun intendimento dello specifico genio di una razza – sì le razze esistono, ma non come si pensa -, nessuna comprensione della missione profonda di una terra, come ad esempio l’Europa, in vista della Restaurazione finale. Niente più espiazione o benedizione collettiva. Assoluta ignoranza o mistificazione dell’orizzonte escatologico che accomuna l’umanità all’intera Creazione, orizzonte che è invece il centro nel quale si avvererà la sintesi finale di tutte le manifestazioni particolari. Tutti misteri nebulosi di un passato che non deve tornare! Il cripto-calvinismo ha sparso i suoi veleni da oriente ad occidente, spezzando ogni filo che agganciava l’uomo alle eteree distese del cosmo e alle solide mura del tempio celeste. Non sentiamo, non vediamo, nemmeno intuiamo o percepiamo che le vibrazioni di ogni nostro pensiero imperfetto, azione sbilanciata e personalistica raggiungono misteriosamente le persone che ci stanno attorno e, ancor più in là, spostano gli equilibri di una società e finanche del cosmo!

Davvero resta ancora qualcosa di umano in una vita siffatta, qualche fessura in cui esso riesca a intrufolarsi? Lo sconforto è propedeutico, ma la speranza è guida sicura. L’Io e il Noi devono sussistere armoniosamente, due piani della medesima realtà vitale. Ora pertanto, schiacciati contro l’estremo individualistico, è della massima urgenza riappropriarci della dimensione universale che riporti la bilancia in equilibrio. Si può e si deve fare qualcosa contro tutte le resistenze – mentali prima di tutto – nel tempo che ci sarà concesso. Così come il male, il bene fatto, resta, anche se non se non appaiono subito i frutti.

Il primo, necessario argine contro l’individualismo viene dalla Cultura, a patto che essa ritorni ad essere unificante, sintetica, capace di mistero, una cultura veramente sovraumana e tradizionale. Solo se si comprende che si è tutti membra di un corpo più grande, si è capaci di amare. Amare significa infatti volere per l’altro il “bene maggiore”, ovvero desiderare, e soprattutto agire, affinché egli realizzi la sua perfetta vocazione, che trovi il posto a cui è destinato – non ci riferiamo ovviamente a luoghi fisici – poiché nessuno si completa da solo. Significa comprendere e assimilare che il “suo bene” è il “mio bene”, significa ricomporre quell’unità di Bene, Bello e Vero che spazza via d’un sol colpo qualsiasi moralismo d’accatto. Le particelle, più si avvicinano al centro, attratte dalla sua carica magnetica, più si fanno prossime tra loro. Così una rinnovata cultura deve agire, con vigorosa maestà, e prolungare il suo calore addentrandosi in ogni stanza della vita e dell’organizzazione sociale; smantellandone i falsi argomenti e le rugginose consuetudini, come un cavaliere che avanza con la lama tra i pugni. Pervasiva e incalzante, deve abbeverarsi alla fonte delle origini per gettare lo sguardo limpido verso il domani, non temendo di essere sgradevole anche e soprattutto agli occhi di chi oggi si crede “giusto”. Eppur questo è solo il passo intermedio atto a spingere l’occhio ancor più in alto, poiché la Cultura è comunità, ma solo lo Spirito è comunione.

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