Domino

 

Domino

«Aveva sognato, durante la malattia, che tutto il mondo era condannato a rimanere vittima di una pestilenza terribile, mai sentita e mai vista, che dal fondo dell’Asia avanzava verso l’Europa. Tutti dovevano perire, all’infuori di pochissimi eletti. Erano comparse certe trichine sconosciute, esseri microscopici che si infiltravano nel corpo umano. Ma questi esseri erano spiriti, dotati di intelligenza e volontà. Gli uomini che li lasciavano penetrare nel loro corpo, diventavano subito indemoniati e pazzi».

Non è la pagina di qualche romanzo distopico o il delirio profetico di qualche vecchio “esperto” di bioterrorismo. Si tratta invece di alcune righe tratte dall’epilogo di Delitto e Castigo di Dostoevskij. Un sogno, che il vate russo ci narra attraverso il suo protagonista: Raskòl’nikov. Sprofondato nella febbre e nel delirio, egli riceve questa immagine onirica, per poi consumare la sua convalescenza che lo prepara alla finale redenzione. Un sogno che, seppur con le inevitabili differenze, ha più di qualche allusione con ciò che si sta vivendo in queste ore.

L’intreccio che avvinghia l’intero pianeta e che va sotto il nome di globalizzazione, non è forse la mostruosa deformazione della originaria unità spirituale dell’uomo, che ha da ricostituirsi in vista del passaggio finale? Pseudo-unità solo meccanica e materiale, nella similarità dei desideri e delle pulsioni, dei bisogni che si fingono persino “culturali”. Al contrario, di là dalle nebbie tossiche di questi cieli, si attende e prefigura l’escatologica reintegrazione totale dei bracci della sapienza originaria prima della nuova e ultimissima rivelazione.

E l’Unione Europea, con i suoi oppressivi trattati e dettami, non rappresenta invero la copia rovesciata di quel che fu o almeno cercò di essere, il Sacro Romano Impero? Oggi, il disordine controllato e la gioiosa schiavitù propagandati come conquiste di libertà, là il severo ordine gerarchico che nella distinzione di gradi e iniziazioni, rendeva fattiva la genuina libertà, nel completarsi armonioso delle singole personalità.

La farsa della comunità contemporanea, proprio perché di natura esclusivamente materiale, trova la sua colonna portante nell’individualismo. Apparente paradosso che si dipana facilmente, invece, riconoscendo come è solo di un essere che non si eleva dalla dimensione di individuo, il cercare falsi legami che non sopravanzino la sua sfera animale – aspetti psicologici, emotivi e pseudo-religiosi rientrano tutti in questa categoria.

Questa cecità umana non poteva che generare una nemesi grottesca. L’unicità della Creazione nei suoi piani umani, cosmici e divini, offerta all’esperienza dell’uomo attraverso le scienze sacre – la vera Gnosi – è stata scacciata con forza da ormai troppo tempo. Ma ciò che ha da compiersi a partire dall’alto può percorrere misteriosamente un giro completo e fare capolino dalle pendici più infime: quelle biologiche. L’isolamento individualista, dove ognuno lotta solo per sé, dove ognuno è pronto ad accusare l’altro per un nonnulla è stato tradito da un microscopico virus. È bastata questa impercettibile “presenza” a manifestare l’illusorietà di un mondo diabolicamente interconnesso. Un contagio iniziato in un luogo per noi remoto, e nel giro di poche settimane, le nazioni e l’economia di tutto il pianeta hanno avvertito le ginocchia tremare. Come le tessere di un domino che si abbattono una sull’altra, dopo aver colpito delicatamente solo la prima. Non è infatti tanto la virulenza di tale pandemia che al momento desta più preoccupazione, anche se non si hanno sufficienti elementi per un’analisi compiuta, quanto i possibili scenari di natura economica su scala globale. L’assurdità di un mondo che si voleva reggere sull’illusione di scansare in eterno qualunque anomalia, crisi o pandemia. L’illusione di una vita percorsa sulle ampie corsie di un’autostrada in cui si viaggia veloce e senza affanni fino alla meta finale, fosse questa materiale, affettiva o persino “spirituale”.

La natura pare aver conservato in questo, un più sottile senso dell’umorismo rispetto al tronfio homo oeconomicus. Il virus si presenta infatti con delle proiezioni che richiamano quelle di una corona regale, sberleffo carnevalesco alle superbe democrazie liberali dell’uomo d’oggi.

Ma torniamo in chiusura al sogno di Raskòl’nikov. «Gli uomini si uccidevano fra loro in una specie di furore insensato. Si preparavano a marciare gli uni contro gli altri con intere armate, ma queste armate, quando erano già in marcia, a un tratto cominciavano a dilaniarsi per conto loro, le file si scompaginavano, i combattenti si scagliavano l’uno contro l’altro, si infilzavano, si sgozzavano, si mordevano e di divoravano fra loro. […] In tutto il mondo potevano salvarsi solo pochi uomini, i puri e gli eletti, che erano predestinati a iniziare una nuova razza umana e una vita nuova, a rinnovare e a purificare la terra». Si può forse trovare migliore immagine della presente umanità? Noi siamo già da tempo appestati e questo piccolo morbo non fa che rendere visibile ciò che prima era velato. Sciacalli digitali, accademici alla naftalina, benpensanti patinati, edonisti che temono gli abissi delle vere tenebre, individualisti religiosi (sic!), combattenti da palestra. Quale speranza, allora, per siffatta miseria? Non si può scegliere la Vita se non si ha come unica altra opzione, la morte! Non oggi.

Una sera, il cuore di Raskòl’nikov, nel freddo primaverile di un carcere della Siberia, sussultò improvviso alla vista della sua dolce Sonja: ah, sorprese dell’amore! Solo più avanti la mente iniziò a comprendere la possibilità di una nuova vita, il sentiero verso la redenzione.

Che questo nostro piccolo virus produca allora il medesimo sussulto, tanto potente perché inaspettato. Tale Avvertimento, o forse è solo il suo anticipo – rammentando il primo dei tre annunci dalla Vergine a Garabandàl – può far scaturire da questa umanità sdrucita, una schiera di eletti che conduca sine timore la battaglia conclusiva. Da ogni male fiorisce il bene se l’uomo non indugia dinanzi alla sua offerta. Che si preghi e si impetri, dunque, per una completa metànoia, da cui i primi a non essere esentati sono proprio coloro che si credono, ahimè, già convertiti. Intelligenti pauca.

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