Per quanto possa sorprendere, le teorie liberiste sono nate in ambito agricolo all’interno della concezione fisiocratica. Tra la fine del Seicento e gli inizi del secolo successivo, chi sosteneva che l’agricoltura fosse la vera ricchezza di una nazione era infatti favorevole alla libera circolazione dei grani e, in generale, alla libera circolazione dei prodotti della terra. Le teorie liberiste non riuscirono a trasformare l’economia rurale, mentre si affermarono nell’industria manifatturiera. La ragione è facile da intuire: la terra è qualcosa di stabile, di “fermo”, di “lento”, che non si presta perciò alla velocità che il capitalismo imprime all’economia e in genere, di riflesso, a tutte le forme d’esistenza. Per questo la terra ha sempre protetto e conservato le tradizioni e Darré ha potuto immaginare una nuova nobiltà di sangue e suolo.
Il capitalismo, invece, e l’altra sua faccia rappresentata dal marxismo, non hanno mai apprezzato il contado e i suoi abitanti, percepiti come residuo del passato perché refrattari a subire le accelerazioni che i figli del materialismo hanno nel loro DNA. È noto, infatti, il disprezzo che Marx provava per la campagna e per i Bauern, i contadini, quando affermava: «la messa a coltura del suolo è la più irrazionale delle attività e la più legata alle vecchie abitudini. Il contadino stesso non vale di più». Ed Engels chiosava: «sempre e dovunque noi ci sforzeremo di affrettare la scomparsa della piccola proprietà agricola». D’accordo con i due si mostrava Babel, il quale affermava con sicurezza: «il Progresso umano esige che la classe contadina scompaia». Per molto tempo il combinato disposto dell’illusione del progresso infinito nell’industria e dell’ideologia marxista hanno condotto l’Italia e l’Europa, Paese e continente di antiche e ricchissime tradizioni agricole, a dimenticare il settore primario e le sue risorse.
Oggi, di contro a un mondo sempre più povero, soprattutto interiormente, la campagna torna ad interessare la gioventù italiana. Ed è un bene, se non vogliamo ripercorrere il mito di Anteo, il gigante figlio di Poseidone e di Gea, la Terra; invincibile finché rimaneva a contatto con la Madre, venne ucciso da Ercole che lo soffocò tenendolo sollevato. Anche noi rischiamo di essere soffocati dall’ideologia globalizzatrice se ci faremo staccare dalla terra. Scriveva Nietzsche: «Vi prego fratelli, rimanete fedeli alla terra!»; ricordiamocene se vogliamo evitare il destino di Anteo.