Viviamo in un tempo molto strano, infatti stiamo accettando passivamente di non vivere per evitare di essere colpiti da un virus che, dicono, abbia ucciso migliaia di persone.
L’uomo è per sua natura un essere sociale. Tutti cresciamo insieme ad amici ed amiche, tutti tentiamo di accoppiarci e di mettere su famiglia e di preoccuparci della stessa. Nella vita di ogni giorno cerchiamo, vuoi per lavoro, vuoi per studio, vuoi per svago, rapporti con gli altri esseri umani e buona parte dei pensieri che elaboriamo e delle azioni che compiamo, anche se da soli, acquistano vita quando possiamo comunicarli a qualcuno.
Uno dei più grandi libri della letteratura italiana di tutti i tempi è il Decamerone del Boccaccio; anche quel libro parla di un gruppo di giovani, sette donne e tre maschi, che ai tempi della peste a Firenze si ritirano tutti insieme in una casa di campagna.
Anche in questo caso la risposta a quel tipo di contagio, ben più drammatico e più grave dell’attuale covid 19, non è la rottura del rapporto sociale ma è l’isolamento comunitario.
Noi, invece, da quaranta giorni siamo in isolamento individuale e in regime di distanziamento sociale ovvero l’impossibilità a svolgere vita sociale e comunitaria.
Alla fine ci renderemo conto che abbiamo accettato di rinunciare a vivere per evitare di morire di una epidemia, troppo precipitosamente dichiarata pandemia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ente dell’ONU finanziato per l’80% da società farmaceutiche e da fondazioni private come quella di Bill Gates che oltre a essere il padrone della Microsoft è un produttore di vaccini.
Dico troppo precipitosamente perché le percentuali di mortalità denunciate sono chiaramente poco attendibili sia perché, non avendo proceduto alle autopsie, non conosciamo chi è veramente morto per il virus o per le altre patologie da cui, nella stragrande maggioranza dei casi, erano affetti, ma soprattutto perché è ignoto a tutti il reale numero dei contagiati, visto che questo virus, in moltissimi casi è asintomatico.
Addirittura alcuni ricercatori ed altri statistici parlano di milioni di portatori sani, asintomatici e non contagiosi per la sola Italia.
Non so dove sia la verità, ma rinunciare alla vita sociale, alla vita politica, al lavoro con la conseguente distruzione della nostra bella nazione mi sembra veramente troppo.
È inutile sostenere che telefono, web e social rappresentano l’alternativa sociale all’isolamento, sia perché il contatto umano è anche fisico, è anche guardarsi negli occhi senza la mediazione degli schermi, ma soprattutto perché i padroni di questi sistemi sono pochi e sempre gli stessi come quel Bill Gates che finanzia, controllandola, l’OMS. Infatti questi ultimi, come già stanno facendo nel silenzio più assoluto delle autorità nazionali, possono fare censure mirate ed impedire alla controinformazione di esistere.
Basti notare la noiosa e puntigliosa caccia alle cosiddette notizie false, ritenute tali solo perché divergenti dal pensiero dominante: basti pensare alla proposta di istituire una commissione parlamentare contro le “fake news” (con il solito linguaggio anglosassone proprio di chi non ha una propria identità nazionale) e l’insistente propaganda televisiva che spinge a leggere solo la stampa di regime e ascoltare radio e televisioni ufficiali (fonti autentiche di notizie false e manipolate).
Se poi notiamo che la vera forma di potere oggi è informatico-finanziario capiamo che rischi tremendi sta correndo la nostra libertà. Il tutto sfruttando la paura del coronavirus.
Dobbiamo riprendere a collegarci, a stare insieme, a sentirci, a ribellarci. Stiamo preparando forme pacifiche di protesta. Sosteniamole insieme. La prima è stata il Piano di Salvezza Nazionale, per risolvere i problemi economici senza indebitarci all’estero, sottoscrivetelo se ancora non lo avete fatto, altre ne arriveranno a breve.
L’imperativo categorico è salvare le nostre libertà elementari.