25 aprile 2020

 

25 aprile 2020

25 aprile 2020 ai domiciliari, lockdown! La primavera canta la rinascita della natura nei parchi chiusi, sui rami fioriti lungo viali deserti, nei nidi affamati poveri di briciole umane, c’è penuria di cibo anche per gli uccelli, la dignità per ora nasconde la fame, si cela la vergogna di scoprirsi nudi, mentre il bollettino delle 18.00 annuncia un’ecatombe senza fornire spiegazioni, l’Italia ha il più alto tasso di mortalità al mondo (13%) per/con coronavirus, fa parte del “modello”?

Se ne volano i nostri vecchi come carte buttate a terra e portate via dal vento, innocenti ormai a lume spento, reclusi in dormitori aspettando il saluto disatteso di figli, nipoti, usciranno dall’ultima porta senza saperne il perché, più soli di un sasso per strada.

Una strage di innocenti con tanti erodi, ma assai più vigliacchi dell’Antipa, scaricheranno su altri il peso giudiziario di omicidi colposi, esecuzioni a freddo di ospiti piegati, disabili, svaniti che pur  pagano lucrose rette per spegnersi in solitudine.

La liberazione è di toglierseli dai piedi, esaurita la loro funzione sono un impiccio, fotografia della global family protesa a lucidare l’io senza legami tranne quelli utili alla carriera, al letto o allo sballo. Un quadro di lunga gestazione con mutazioni continue ma a ben vedere consequenziali, le prime pennellate da quel 25 aprile, “conquiste” progressive volte all’ autoerotismo del sé centrifugato dal suo contesto, omuncolo vago e vagante nel tecno nihilismo, è la liberazione dall’essere qualcuno trasmutandosi in una cosa appetitosa.  

Questo maledetto anno la Liberazione è una speranza tenue, il nemico non è vinto, battuto, indossa la mimetica dell’invisibile, gli Alleati sono anch’essi in quarantena, il CNL canterà “Bella Ciao” dalle finestre aspettando il chewingum del MES, i neo partigiani in scatola se ne stanno barricati in casa perché il virus può trillare al campanello, stupisce che qualche intellettuale seduto al cesso non dica: “il coronavirus è fascista” e razzista difatti se ogni guerra fa eccidi, qui è toccato ai vecchi, quelli del miracolo della  ricostruzione compresi gli spennati ribelli della beat generation.

Stando ai media motore della tirannia mediatica pure i conflitti sembrano cessati di colpo perché la traccia dei palinsesti è una soltanto: il COVID-19. L’informazione di regime è monocorde, un maglio sul cervello, non succede più nulla al mondo che non sia la cronaca terroristica sulla pandemia, la corsa a chi sta peggio, l’arsenico ai non allineati al pensiero progressista ma Bo-Jo ce l’ha fatta. Persino a Dio i 12 apostoli del comitato scientifico nostrano hanno ordinato la quarantena, chiese, sinagoghe, moschee fanno dire al Padre Eterno “Io resto a casa, fallo anche tu” tanto più che la fede pare una virtù arcaica e superflua, così Dio s’è ritirato buono, buono aspettando la liberazione per decreto.

L’umanità si scopre pollicino davanti all’Orco arrivato in fretta dalla Cina con gli stivali delle sette leghe, la scienza interrogata dagli auguri nel tempio dell’OMS ha dato la sua risposta: “lavatevi le mani” chiudendovi come api nelle vostre cellette, l’oracolo di Delfi avrebbe fatto meglio, il Crocifisso di S. Marcello prese su di sé peste e peccati dei romani liberandoli dall’epidemia quando la medicina era salassi e sanguisughe.

Ma tutte gli avvenimenti hanno facce diverse, febbre da cavallo con polmonite strana nei reparti coronavirus, ipoglicemia da collasso per le economie occidentali, la risoluzione dell’equazione comporta la nascita, dicunt pro tempore, dell’egemonia del governo, siamo in guerra proclamano i giullari, le libertà costituzionali generate da quel 25 aprile sono sospese, guai a fuggire dalle case-prigione, c’è il coprifuoco 24 h su 24, l’emergenza semestrale trasforma il Bel Paese in Regina Coeli coi secondini a guardia delle sbarre.  Di colpo spazzati via i gilet gialli dai boulevards parigini, un rarefatto ricordo le manifestazioni pro voto dell’Italia “arrabbiata”, nel freezer la rivolta catalana, la paura fa la pace sociale, adrenalina scesa sotto le coperte, popoli in gabbia aspettando la liberazione, certo non tutti, la Cina è ripartita, ha un passaggio in meno da fare è già una dittatura, riempirà il vuoto del mercato chiedendo a una gran fetta d’Occidente di esprimere un ultimo desiderio.

Torniamo a noi chiedendoci chi sono i nostri generali antivirali? Beh il capo del governo che nessuno ha eletto, camaleonte politicamente vago, vagante ed autoreferente non essendo espressione di un partito, un Governo impopolare con avvisi di sfratto ad ogni consultazione regionale, salvo l’Emilia Romagna grazie alla pesca miracolosa delle sardine, Colao (ma non è carioca) coi 16 fratelli per la fase 2, la Protezione civile dell’ineffabile Borrelli con di fianco il turnista del comitato  tecnico scientifico dei luminari della scienza d’Ippocrate, quelli che in concreto progettano e dirigono i lavori con l’accompagnamento musicale dei servi dell’informazione.

Il “Cura Italia” ha pesanti risvolti politici a breve e lungo termine, ha coeso una maggioranza che a gennaio era data in caduta libera, soffocato il dissenso in nome del bene comune, rinviate scomode elezioni regionali e comunali, sospeso il referendum sulla riforma del Parlamento, disinnescato lo scontro a Camera e Senato con scranni semivuoti, vietato tutte le manifestazioni, anche appiccicare un manifesto non si giustifica con una delle tante autocertificazioni. Un Paese muto, tremolante nelle mura domestiche, appiccicato a tablet e TV per fare compiti, smart working, o ascoltare la Pravda della tele informazione, con lo sbadiglio appeso come un pesce all’amo degli aiuti UE per “tirare innanzi”. Il virus ha creato le condizioni ottimali per instaurare una dittatura, affinare le armi del consenso necessario a centrare lo scopo sanitario cliccando i mantra “ce la faremo” a fare cosa? “Andrà tutto bene” ditelo ai morti.

Ne vedremo invece delle brutte, la liberazione arriverà dalla terra promessa del vaccino, dicono gli “scienziati”, ma tempi e modi e soldi sono in mente Dei, per ora accontentiamoci di andare in maschera all’ora d’aria, avere un’app e magari, con un sussulto di liberazione, affacciarci alle finestre emettendo a squarcia gola l’urlo dell’uomo larva di Munch.

 

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