Patuanelli come Bokassa – noi stiamo con Radio Radio

 

Patuanelli come Bokassa – noi stiamo con Radio Radio

Hanno dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, di essere incapaci, arroganti e ignoranti. Ma ora hanno deciso di andare oltre, di alzare l’asticella ed emulare, addirittura, tiranni e dittatori. Conte e i suoi ministri sono davvero il peggio del peggio e il titolare dello Sviluppo economico, il pentastellato Patuanelli, ha dimostrato, con i fatti, di essere il vero campione di questa improvvisata banda, che sta guidando il Paese verso il baratro. Sì, perché il signor Patuanelli – andando contro il parere dei funzionari del Ministero dell’Economia e delle Finanze – ha bocciato una modifica al Decreto aprile, poi Decreto Maggio e ora Decreto Rilancio, che avrebbe consentito di aiutare gli editori puri di giornali, radio e tv.

Il provvedimento era stato concordato tra tecnici: da una parte quelli dell’emittente Radio Radio, dall’altra quelli del Mef. Nessun regalo, nessun sostegno a pioggia: al contrario, si era deciso di intervenire con sconti fiscali, attraverso il credito d’imposta. Così, a pagina 44 della bozza di Decreto, c’era una norma, che avrebbe aiutato, ovviamente, non solo Radio Radio ma tutti gli editori “puri” italiani, presenti e futuri. E questo sarebbe stato un grosso passo avanti, in un Paese in cui gli editori “puri” sono mosche bianche, al contrario di quel che avviene, ad esempio, nei Paesi anglosassoni.
Il governo Conte, in buona sostanza, avrebbe potuto gridare al mondo intero di aver assunto un provvedimento che, finalmente, andava nella direzione del sostegno all’editoria libera, che tutti, a parole, dicono di volere. Nella notte tra domenica 10 e lunedì maggio, però, mentre si limava il Decreto, è entrato in scena il ministro Patuanelli. Avvertito di questa norma, Patuanelli ha chiesto spiegazioni e, alla parola Radio Radio, è letteralmente sobbalzato sulla poltrona pagata dai cittadini: “Stiamo scherzando? Vogliamo aiutare un’emittente che, tutti i giorni, attacca Virginia Raggi e il Movimento 5Stelle? Strappate subito questo provvedimento”. E la pagina 44 del futuro Decreto Rilancio è finita nel cestino, malgrado i tecnici del Mef spiegassero chiaramente che la norma non era per Radio Radio, ma per ogni emittente “pura”. Niente da fare, il ministro, così come avrebbe fatto un Bokassa qualunque, ha posto il veto sulla libertà d’informazione: o si è con i 5Stelle o non si ha diritto a essere sostenuti, come avviene, invece, per tutti coloro che fruiscono dei finanziamenti a pioggia, dividendosi milioni e milioni di euro.

Qualcuno obietterà che Radio Radicale, ad esempio, che riceverà oltre 8 milioni, rende un servizio pubblico. Vero, ma è altrettanto vero che – sedute di Camera e Senato a parte – l’unico vero servizio informativo di Radio Radicale era la rassegna stampa del compianto Massimo Bordin. Dopo di lui, a quel microfono si susseguono premiati ospiti dei salotti romani, che sono anche prime firme dei giornaloni di regime: la maggioranza, ovviamente, è di sinistra, ma c’è anche qualche presunto intellettuale di destra, che, grazie a questa etichetta, ha aumentato il conto in banca ed è ben accetto alle cene che contano. Il risultato è una rassegna banale è inutile, esattamente ciò che non era quella del geniale Bordin. Eppure, agli italiani questo servizio costerà altri 8 milioni e passa, con gli applausi di tutti i padroni del vapore.

Come sempre, a essere penalizzata sarà l’informazione libera. Ma stavolta non sarà così facile, per i Conte, i Di Maio, gli Zingaretti e i Gualtieri far passare sotto silenzio questo vero e proprio scandalo. Basta essere antipatici a un Patuanelli qualsiasi, per essere “uccisi” dallo Stato? Oggi è toccato a Radio Radio, domani potrebbe succedere a noi del Pensiero Forte o a qualsiasi altro giornale, radio o tv. Ecco perché diciamo un “no” forte e chiaro a questo attacco alla libertà di informazione e saremo sempre al fianco di Radio Radio e di tutti coloro che si battono per un’editoria nuova e veramente libera, non assoggettata ai voleri e agli umori del potente di turno.

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