La verità sul prestito “sanitario” del M.E.S
La stampa “allineata” e gli opinionisti di regime stanno insistendo nel dire che il prestito del “meccanismo europeo di stabilità” concordato nella riunione dell’Eurogruppo del 23 aprile scorso per l’utilizzo delle spese mediche e affini necessarie a combattere la pandemia sia un buon affare sia per l’importo massimo ottenibile dall’Italia (circa 37 miliardi di euro) sia per le condizioni favorevoli connesse. Ma poiché costoro parlano e scrivono o senza conoscere i veri documenti ufficiali fidandosi delle generiche divulgazioni o, peggio ancora, conoscendoli perfettamente e volendo confondere le idee, è opportuna qualche precisazione.
Il punto 4 del documento dell’Eurogruppo succitato afferma che “il solo requisito per accedere alla linea di credit sarà che i Membri richiedenti dovranno usare questa linea di credito per sostenere i costi nazionali relativi alle cure e alla prevenzione, diretti e indiretti, relativi alla crisi del COVID-19”: i quali costi non saranno indicati dai richiedenti ma saranno “dettagliati” in un programma di risposta alla pandemia preparato dagli organismi dirigenti del MES. Non solo, ma il successivo punto 5 afferma che “il monitoraggio e la sorveglianza sul prestito saranno commisurati ai progetti e all’uso del sostegno alla crisi della pandemia, in linea con le finalità dell’Unione Europea e le principali linee guida del MES”.
Quindi, qualsiasi discrezionalità è esclusa nell’uso di questi fondi. E, infatti, il giorno 11 maggio, il MES ha diffuso il modulo per ottenere il prestito comprendente tre voci (da dettagliare): costi sanitari di cura e di prevenzione DIRETTAMENTE riferiti alla pandemia del COVID-19; parte della spesa pubblica che può esser attribuita, direttamente o indirettamente, all’impatto del COVID-19 sul sistema sanitario; altri costi indiretti sanitari, di cura e prevenzione dovuti alla crisi del COVID-19.
Da tener ulteriormente presente che, poiché il MES – oltre ai mezzi propri già disponibili perché versati dai Paesi membri tra cui l’Italia – dovrà a sua volta attingere al mercato dei capitali, la somma richiesta non potrà essere versata tutta insieme ma a rate mensili.
Quindi, i famosi 37 miliardi sventolati ad ogni piè sospinto non ci sono ma verranno, se saranno adeguatamente documentati, in un anno alla media di 3-4 miliardi al mese.
Da questo punto di vista, aveva allora ragione Giorgia Meloni quando diceva che ci riprendiamo, con gli interessi, i soldi che abbiamo già versato (14 miliardi di euro)…
Ma poi in Italia sorge un altro, e annoso, problema. Com’è noto la spesa sanitaria è gestita dalle Regioni cui lo Stato assegna in base a certi criteri sempre ridiscussi un tot lordo di miliardi di euro in relazione alla popolazione e altri parametri. Si può pertanto ritenere che dovrebbero essere le Regioni a fare quella richiesta e, inoltre, bisogna sapere se la devono fare direttamente loro al MES o devono passare, con la documentazione, tramite il Ministero dell’Economia. Saranno tutte le Regioni in grado di farlo, viste le difficoltà che hanno sempre quando si tratta di utilizzare i fondi europei per lo sviluppo e gli investimenti per i quali occorre predisporre precisi progetti? E poi: avendo avuto le diverse Regioni impatti diversi dall’epidemia, con conseguenti oneri diversi e a volte, per certe regioni, irrilevanti, che tipo di richiesta possono fare? Non si corre il rischio che poi quel rimborso, ammesso che arrivi, giunga solo a cinque-sei regioni perché le altre non sono state ritenute molto colpite dal virus e aggravate anche in termini economici? E infine: nel caso che le domande dovessero passare attraverso il ministero dell’economia, non può succedere che esso non sostenga le regioni politicamente avverse o, in caso di riscossione del prestito, tardi a trasmetterlo alla Regione interessata, così come avviene con i debiti verso i fornitori della Pubblica Amministrazione?
Sono tutti dubbi e perplessità fondate.
Comunque, per quanto riguarda il prestito del MES per le spese sanitarie, resta innanzitutto confermato che si tratti di un prestito rimborsabile in un massimo di 10 anni (punto 6 dell’accordo dell’Eurogruppo): ma quella scadenza non è automatica e generalizzata, è un punto limite, quindi all’Italia potrebbe essere fissato un termine inferiore.
Sempre allo stesso punto 6, sta scritto che in seguito – ossia, nel periodo di durata del prestito e dell’evoluzione della crisi per l’epidemia – “i membri dell’area dell’Euro rimarrebbero vincolati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari, in linea con i principi di sorveglianza e coordinazione economica e fiscale dell’Unione Europea”. E, dulcis in fundo, l’ultimo punto, il n. 10, afferma testualmente che “il consiglio direttivo del MES approverà i singoli programmi di risposta alla pandemia …in conformità con l’art. 13 del Trattato del MES”.
E cosa dice l’art. 13? “Una volta ricevuta la domanda di prestito, si assegnano alla Commissione Europea, di concerto con la BCE, i seguenti compiti:
- valutare l’esistenza di un rischio per la stabilità finanziaria della zona euro;
- valutare la sostenibilità del debito pubblico. Se opportuno e possibile, tale valutazione dovrà essere effettuata insieme al Fondo Monetario Internazionale;
- valutare le esigenze finanziarie effettive o potenziali del membro del MES interessato.”
Insomma, il prestito per gli interventi sanitari causati dall’epidemia NON ESCLUDE l’applicabilità del Trattato del MES, compreso l’intervento “ispettivo” della cosiddetta “troika” costituita dalla Commissione Europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale.
Due ultimi commenti, sempre su questa questione:
- si è parlato, in vista del fantomatico decreto cosiddetto del rilancio, della possibilità di abolire l’IRAP che serve a finanziare (in parte) il sistema sanitario perché i suoi proventi sarebbero sostituiti dal prestito “sanitario” del MES. Ma ciò non è possibile, perché lo schema di richiesta fa riferimento ad una aliquota delle spese generali relative al servizio sanitario nazionale, da dettagliare, calcolare e approvare, e non allo sgravio totale. E poi perché lo Stato perderebbe un’imposta per sostituirla con un prestito da restituire con interessi…qual è il guadagno? ;
- poche sere fa, il giornalista molto anglofilo Antonio Caprarica ha detto che la sanità italiana costa 118 miliardi di euro l’anno e quindi il prestito dei 37 miliardi del MES abbatterebbe del 30% la spesa nazionale. Affermazione del tutto infondata, perché certamente le spese per il virus non sono aumentate del 30% e comunque gli uffici del MES li spunterebbero una per una prima di ammetterle: forse il giornalista non conosceva i documenti dell’Eurogruppo e del MES.
Insomma, su questa vicenda si è creato un grande polverone, forse fatto apposta per occultare la realtà che è molto meno salvifica di come è stata presentata.