Iran e Venezuela infliggono una sconfitta all’imperialismo USA
La vicenda delle petroliere iraniane inviate al Venezuela per aiutare questo paese a risolvere la crisi della raffinazione del suo petrolio, segna un punto a favore della solidarietà internazionale fra le nazioni che si oppongono al dominio dell’Impero USA. Allo stesso tempo la vicenda rappresenta una sconfitta per Washington.
Iran e Venezuela sono due paesi sovrani vittime delle sanzioni e dell’aggressività statunitense.
L’Amministrazione USA cerca di impedire il libero commercio e le attività di cooperazione sanitaria in occasione della crisi pandemica, dimostrando quale sia il vero stato canaglia nel mondo. Infatti impedisce l’invio di aiuti sanitari e generi essenziali verso paesi in sofferenza per guerre, carestie o sanzioni, come il caso dello Yemen, della Siria, dell’Iran, del Venezuela, attuando un cinico piano di strangolamento economico come arma di guerra.
Trump, con la minaccia di sequestro delle navi cisterna iraniane, ha fornito un nuovo concetto di pirateria internazionale, non contento di sottoporre a sanzioni le nazioni che lui disprezza, abile nel rubare i fondi finanziari o l’oro di questi paesi, come avvenne per la Libia ed oggi avviene per il Venezuela, è arrivato anche a far sottrarre ventilatori e attrezzature sanitarie, kit per la rianimazione dal covid-19, mascherine e guanti, negli aeroporti di tutto il mondo.
L’accusa proviene dai suoi stessi alleati, come il senatore tedesco Andreas Geisel che ha accusato il governo di Washington di agire come un “pirata moderno” per avere sottratto di autorità un carico di 200 mila mascherine di protezione destinate alla provincia di Berlino. Lo stesso ha fatto con la Francia dirottando verso gli USA aerei carichi di presidi sanitari prodotti in Cina e destinati al Parigi.
Quando si tratta dei suoi interessi, Trump non guarda in faccia nessuno. Non è dissimile la vicenda degli ultimi trattati multilaterali da cui Washington si è ritirata, come quello della limitazione delle armi nucleari a medio raggio o quello dei “cieli aperti”. Questo ha sospinto la portavoce russa, Maria Zakarowa a dichiarare che l’Amministrazione Trump ormai straccia qualsiasi trattato che possa costituire una limitazione per la volontà di dominio degli USA.
Gli argomenti usati per imporre sanzioni e minacciare sono solo propaganda con motivazioni prefabbricate, dalle “armi di distruzione di massa” al presunto narcotraffico, e sono parte della loro guerra ibrida.
L’Iran ha dimostrato di sapersi difendere con la sua capacità di fuoco, con il suo apparato missilistico che è in grado di colpire con precisione le navi americane e le basi USA in Medio Oriente.
Inoltre Iran e Venezuela possono contare sull’appoggio militare e logistico della Russia e questo costituisce un forte deterrente per l’Amministrazione USA che è consapevole di non essere in grado di dilatare oltre un certo limite i suoi interventi militari.
Il governo statunitense, nonostante le sue minacce, si mostra incapace di colpire chi dimostra la volontà di resistere. Ne è prova la determinazione dell’Iran di inviare le sue navi in Venezuela, “cortile di casa” degli USA, senza farsi intimidire dalle minacce di sequestro delle sue navi. Non per niente l’Iran è un paese che da 40 anni resiste alle pressioni dell’Impero USA, dimostrando la sua volontà di indipendenza, nel suo diritto di commerciare con il Venezuela, malgrado le sanzioni di Washington.
Le navi da guerra nordamericane, la USS Detroit, la USS Lassen, la USS Preble e la USS Farragut, possentemente armate, presenti davanti alle coste del Venezuela, sono state impotenti a fermare la rotta delle petroliere iraniane.
Quanto avviene nel Mar dei Caraibi dimostra che la visione strategica dell’Iran che, con audacia e consapevolezza delle sue capacità, è uscito dalla zona del Golfo Persico e dello stretto di Ormuz per sfidare in casa la superpotenza.
In tale contesto si è manifestato un grosso dilemma per gli Stati Uniti, dato che attaccare in acque internazionali le navi cisterna iraniane, creerebbe un precedente dalle conseguenze imprevedibili.
Se Washington dovesse ordinare di fermare le navi iraniane in acque internazionali o, peggio ancora, nelle acque territoriali del Venezuela, dove sono scortate da forze aeronavali del paese caraibico, costituirebbe un atto di guerra e di violazione del diritto internazionale.
Washington si è messa da sola in un collo di bottiglia infatti le sue azioni rischiano di ritorcersi contro i suoi stessi interessi.
Non c’è dubbio tuttavia che l’inazione di Washington di fronte alla cooperazione dei suoi nemici sotto il naso della flotta statunitense rappresenta una sconfitta politica ed una caduta di prestigio della potenza americana.
Gli Stati Uniti hanno sottovalutato le capacità dell’Iran ed il contesto internazionale che non permette all’Amministrazione Trump di agire come il “bullo” della situazione.