Covid19 ovvero Hiroshima 2.0

 

Covid19 ovvero Hiroshima 2.0

Il titolo, di primo acchito, potrebbe sembrare forte, ma non lo è. Anzi.

Mentre la deflagrazione della Bomba H proditoriamente sganciata dai Liberatori su Hiroshima e Nagasaki aveva la sola intenzione di piegare una volta per tutte la resistenza del fiero popolo giapponese, qui ci troviamo di fronte ad una detonazione che ha investito tutto il globo. Qualcosa di manifestamente più grosso della ultima crisi da Subprime che investì l’Occidente nel 2007 e seguenti.

Da settimane sentiamo parlare i virologi soloni e i politici papponi di Fase 2, Fase 3, Fase 4 di seconde, terze, quarte ondate che i vari Ministeri della Paura non esitano ad auspicare ogni giorno. Nessuno di loro vi dirà che siamo già entrati nella Fase H, giustappunto quella del Dopobomba, tanto per scomodare Philip Dick.

Le conseguenze della deflagrazione del Covid19 sono molteplici, alcune più facili da individuare, altre più striscianti, più perniciose, e perciò più difficili da individuare da parte della massa. Non siamo qui per stabilire né i colpevoli della pandemia in corso, né per cercare i possibili mandanti filantropici, autocratici o transnazionali che siano. Siamo qui per spiegare che siamo già nella Fase H e non possiamo permetterci di guardare indietro ma solo avanti.

Indubbiamente ci sono conseguenze di tipo sanitario. Oltre all’indubbio numero di morti dovuti al virus (indipendentemente da come siano stati conteggiati), l’emergenza sanitaria lascerà strascichi prima impensati nella gestione della Sanità nazionale. Si è chiaramente visto, che in pieno caos, il governo centrale è stato totalmente incapace di gestire la pandemia livello nazionale. È anche vero che la devolution sempre più marcata degli ultimi decenni, eterodiretta da una volontà bipolare di divisione dei poteri a livello territoriale, ha creato degli scompensi evidenti generando ritardi ed inefficienze nel momento della deflagrazione pandemica. La risposta a questa evidente questione deve essere obbligatoriamente politica attraverso un protocollo sanitario nazionale gestito dalle istituzioni che normi situazioni di allarme che non lasci in mano alle istituzioni regionali il potere di decidere ma piuttosto alle istituzioni sanitarie e militari del governo centrale l’onere di proteggere la nazione. Solo un esempio: il ruolo della protezione civile, così come impiegato durante gli scorsi mesi, è perfettamente inutile.

Ben più gravi sono le conseguenze di tipo finanziario. In un’economia su scala mondiale (non più) reale ma bensì basata esclusivamente sul consumo, il lascito del Covid19 sarà devastante. Avremo danni irreparabili al tessuto economico delle nazioni (in Italia particolarmente basato sul ruolo delle PMI) con evidenti vantaggi a favore dell’economia globale tutta in mano alle Corporation; non a caso proprio i colossi delle vendite on-line stanno aumentando a dismisura i loro profitti. Con la chiusura delle imprese a carattere locale, in favore delle multinazionali che operano a livello globale e che non rispondono certo a logiche di tipo nazionale, una volta che sarà passata l’emergenza sanitaria gli effetti si paleseranno in maniera evidente. Disoccupazione in forte aumento, diminuzione della domanda di lavoro, riassorbimento di alcuni profili lavorativi in modalità libero-professionista, livellamento verso il basso dei salari sia dei colletti bianchi che della parte cosiddetta logistico/produttiva. In questo il virus sarà molto democratico, impiegati e operai si ritroveranno nello stesso ambito di quella che una volta si sarebbe chiamata “lotta di classe” con le Corporation che detteranno le richieste e il livello dei loro stipendi, creando notevoli dissesti anche a livello sociale.

E alle conseguenze di tipo sociale a cui infine vogliamo fare cenno perché sono quelle che ci preoccupano di più. Lo Stato di Polizia Sanitaria, il Distanziamento Sociale Permanente, l’aumento di scompensi di tipo psicologico dovuto a stress emotivi di natura medica e lavorativa, avranno effetti a lungo termine ancora indefinibili. Ed al momento, lo Stato Centrale non è assolutamente in grado di fornire risposte adeguate, ma pare anzi che “accompagni” questo disagio in maniera coercitiva.

Ed ecco quindi che a livello comunitario e territoriale serve una risposta immediata. Esistono già circoscritti e meritori ambienti politici/metapolitici che valgono più di 100 deputati di questo ridicolo Parlamento. Ci sono piccole realtà associative che hanno potenzialità enormi, ma mezzi limitati per non dire nulli.

Adesso, più che mai, è arrivata la necessità di unirli, di creare un contenitore POLITICO che non sia eterodiretto dai soliti professionisti della poltrona (e quindi da mere ambizioni elettorali), ma sia mosso dalla precisa volontà di “fare politica”, ossia di produrre idee e proposte per salvare questa disastrata nazione, ormai totalmente in mano a mani sovranazionali, sia dal punto di vista militare, politico ed economico.

Ciò non deve avvenire tramite improvvisate fusioni a freddo, ma attraverso realtà pensanti (centri studi o qualsiasi realtà similari) capaci di fornire alla comunità nazionale risposte di tipo politico, tecnico, economico, scientifico e culturale.  Ciò deve avvenire con linguaggi nuovi e strumenti attuali. E deve avvenire senza indugio e senza volontà egemoniche, e, ripetiamo, senza perniciose ambizioni elettorali, in un preciso momento storico dove i Parlamenti contano meno delle bocciofile.

L’ora della Fase H, quella del Dopobomba, non è domani. È oggi.

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