APPROFONDIMENTI: Homo Ludens Contagiosus
Sono entrato in chiesa e ho trovato, al posto dell’acquasantiera –a secco – un dispensatore di igienizzante. L’aspersorio di una nuova religione, a metà tra scienza e biologia. Il suo tabù è la distanza. Un amico mi ha recapitato il disegno di un battesimo secondo la nuova liturgia: il bimbo è tenuto ben distante dal corpo materno. Le braccia tese in avanti del genitore 1, munito di mascherina e guanti, sorreggono il piccolo mentre il sacerdote officia il rito, aspergendo il nuovo nato con il getto di una pistola ad acqua.
Uscito dalla chiesa, mi imbatto in una pattuglia di volonterosi- l’associazione dei carabinieri in congedo- che ingiunge ai passanti di indossare correttamente i DPI, dispositivi di protezione individuale. Invitano altresì, invero con gentilezza, a rispettare la canonica distanza interpersonale di un metro. C’è tra i concittadini chi si è adattato alla moda mascherina, per cui abbondano modelli personalizzati, multicolori, vezzosi, pendant con l’abbigliamento. C’è chi esibisce maschere patriottiche a tre colori, e, in assenza di tifo diretto allo stadio, con i colori della squadra del cuore. Vedo DPI di sinistra (arcobaleno) e identitari (la croce di San Giorgio dei liguri). La fantasia italica non conosce confini, distanze e neppure coronavirus.
Conviene prenderla in ridere e assumere una nuova identità. Favorito dalla maschera, mi trasformo in homo ludens, contagiosus, dati i tempi. Inutile lamentarsi, deprecare, rimpiangere il passato. Alimentando, sfruttando (creando, forse) il terrore del contagio, in pochi mesi il Potere ha realizzato un’impressionante operazione di ingegneria sociale, la stessa che abbiamo intravisto nell’igienizzante al posto dell’acqua benedetta. Il gioco, il divertimento, la dimensione ludica è comune all’uomo e all’animale. Lo dimostrò Johan Huizinga nel magistrale Homo ludens, studiando il gioco come fondamento di ogni cultura dell’organizzazione sociale.
Non serve a nulla lamentarsi o deprecare ciò che accade. Troppo tardi, si diventa ridicoli, inutili, inascoltati profeti di sventura. Non resta che giocare con gli avvenimenti, decostruirli, demitizzarli, scherzarci sopra. Ci vuole, bisogna ammetterlo, una buona dose di follia. In più l’Homo ludens contagiosus della specie italicus deve preventivamente firmare un patto con Mefistofele, lo spirito che sempre nega. In assenza di Dio, ridotto al silenzio dai preti, rappresentanti monomandatari con tessera dell’Enasarco, solo Satanasso può garantire la salute: l’Homo ludens non si deve ammalare né di Covid 19 né tantomeno dei mille altri malanni, per i quali le possibilità odierne di essere curati sono pari alle probabilità di vincere al Superenalotto. Chi attende operazioni e persino terapie anticancro può attendere, gli aborti – nel mondo ludens si chiamano bonariamente IVG, interruzione volontaria di gravidanza- no, in quanto urgenti e inderogabili.
Si deve possedere un reddito adeguato per infischiarsene delle sanzioni e potersi pagare qualche innocente trasgressione, come quella del professor Paolo Becchi che ha pubblicamente bruciato una mascherina, tra gli scuotimenti di testa dei nuovi benpensanti. Con Mefistofele è bene patteggiare anche la possibilità di fuga dall’Italia. Un saluto, un inchino a concittadini e connazionali e via, con una silenziosa pernacchia coperta dalla maschera. Risolte le questioni preliminari, con il contratto in tasca come il dottor Faust, l’Homo ludens contagiosus è pronto a divertirsi, Tri tri tri, fru fru fru, ihu ihu ihu, uhi uhi uhi! Il poeta si diverte, pazzamente, smisuratamente! Ne ha ben donde. La cronaca che si fa storia, infatti, è immensamente comica, se osservata con le lenti di chi gioca.
In realtà da tempo siamo entrati nel territorio del grottesco, a partire da quel fantasmagorico “#andràtuttobene”, diventato parola d’ordine capovolta nel Paese delle meraviglie. Ricordate il dialogo tra Alice e Humpty Dumpty, il goffo personaggio a forma di uovo? La bambina non capisce i discorsi di Humpty Dumpty, che si spiega così: “Quando io mi servo di una parola, quella parola significa quello che piace a me, né più né meno. “Andrà tutto bene, dunque: pazienza per le decine di migliaia di morti, per le sofferenze, i malati lasciati a se stessi, allontanati dai parenti, privati del funerale e, prima, del conforto spirituale di una chiesa in fuga precipitosa. Va benissimo e andrà ancora meglio per i quindici milioni disoccupati in Europa creati dal coronavirus. Andrà benone anche per gli aiuti europoidi: il denaro arriverà dall’alto, per via aerea, helicopter money, tanti, tanti soldi. Peccato non se ne siano ancora accorti i cassintegrati, i commercianti, gli artigiani e gli imprenditori destinatari della cascata di denaro disposta dal governo. Piccoli contrattempi, in attesa della comica finale.
Giocherelloni quelli del governo, il lieto fine è garantito. L’homo ludens ride più forte di tutti. Ascolta le sagge intemerate a dito alzato di politici, amministratori, giornalisti e virologi superstar– l’ultimo travestimento dei cortigiani, vil razza dannata- a condanna, udite udite, della “movida”. Torme di italiani hanno preso d’assalto locali, spiagge, vie commerciali nel primo fine settimana di parziale riapertura. Orrore: le immagini – virali anch’esse- percorrono lo Stivale accompagnate dalla riprovazione dei Saggi. Quanti Grilli Parlanti nell’Italia in cui #andràtuttobene. Che cosa si aspettavano lorsignori, dopo aver diffuso per decenni la sottocultura dello sballo, del casino (l’homo ludens si concede una licenza linguistica), della corsa insensata di locale in locale, tra eccessi alcolici, musica, pasticche e droghe in cocktail, con contorno di sesso e baccano? Hanno sparso per decenni nichilismo gaio a fiumi, a oceani; adesso frignano perché, alla prima occasione, la gente ha ripreso le vecchie abitudini.
Movida, lo dice la parola stessa, significa muoversi, andare senza meta, divincolarsi nelle spire del nulla. Gli stessi che si lamentano promuovevano, pubblicizzavano nei depliant turistici le rispettive “movide”. Sarebbe bastato mobilitare i vigili, sottraendoli alle facili multe stradali e al caporalato da sgherri nelle vie, nei supermercati e nei giardinetti. Niente paura, però. Il governo – anch’esso ludens– ha la soluzione. Assumerà 60 mila “assistenti civici”, incaricati di far rispettare le distanze, ossia, in italiano corrente, degli spioni, delatori autorizzati della neo-dittatura corona-virale. Si aggiungeranno agli oltre trecentomila carabinieri, poliziotti, guardie di finanza, nonché all’esercito di vigili urbani, forestali, membri della polizia provinciale eccetera. Un ulteriore fiume di uomini e donne dedicato non a proteggere i cittadini, ma a complicare loro la vita, con il centimetro da sarti alla mano, sguardo truce e un ridicolo potere di cartapesta conferito dai pilastri della società.
Ma no, è tutto un gioco, vedrete quante risate ci faremo. In uno sprazzo di lucidità, il signor Ministro degli Interni, la dottoressa Lamorgese – un prefetto, esponente di una potente casta di Stato – ha invitato il governo a scucire finalmente i quattrini promessi – pochi, maledetti e invisibili- alle categorie più colpite, per scongiurare il rischio di tumulti. Non si preoccupi troppo la poliziotta al governo: gli italiani giocano anch’essi; il loro trastullo preferito è il lamento privato, unito alle urla da capitan Fracassa sulle reti sociali. Abbaiano, ma non mordono, gli italiani, popolo ludens dal governo ludens. Come interpretare se non in chiave farsesca decisioni del tipo del reclamizzato bonus vacanze, accompagnato dal simpatico siparietto del presidente Conte in veste di animatore turistico, che invita a passare le ferie in patria? I nuovi disoccupati ringraziano, con loro i milioni che dovranno tirare faticosamente la carretta tra mascherine, divieti, assistenti civici.
Pittoresco il paese in cui i ministri piangono per gli immigrati e ridono degli italiani. Uno dei meccanismi classici della comicità è rappresentare con serietà l’assurdo, l’iperbolico, il contrario del senso comune riproducendolo come un gioco che suscita ilarità. In questo sono maestri: solo un governo ludens poteva, al tempo di un dramma che travolge vita e benessere dei suoi cittadini, avere come priorità regolarizzare gli immigrati clandestini. Nessuna vera reazione. Travolti dalle risate, affascinati dal nonsense, o semplicemente non più popolo? Intanto, mentre i trafficanti di esseri umani depositano centinaia di clandestini sulle coste nel silenzio di chi è investito di potere, l’homo ludens contagiosus ride a crepapelle, gioca con le notizie.
Gli esponenti dell’Associazione nazionale magistrati giocano a loro volta: con le carriere che decidono secondo appartenenza alle “cordate” giuste, con la libertà personale dei cittadini; poi formano gruppi di amici giocherelloni su whattsapp e fanno a gara a chi la spara più grossa. Salvini è una “merda”, ha ragione, affermano loro stessi, ma comunque va attaccato. Giocano al gatto con il topo, posta in palio la legge. Magistratura ludens, indipendenza ludens. Il processo per rapimento (!!!) a suo carico verrà celebrato con ogni garanzia: tanto è un gioco. Divertiamoci sino in fondo. Colpevolezza o innocenza siano decise per sorteggio, abbinato a giochi a premi, al gratta e vinci.
Non va meglio nella gestione quotidiana del Coronavirus. Gioca con i fatti l’osservatore ludico, ma giocano con la vita altrui i potenti. Tra chiacchiere di esperti, infettivologi, scienziati e varia umanità – tutti sottratti a ciò che dovrebbero fare, cercare rimedi – quel che conta davvero è la polemica a distanza, le liti da ballatoio. Si sono distinti in questo gioco disgustoso alcuni giornalisti e non pochi politici. Velocissimi a cambiare passatempo e ritornello – c’è chi è transitato senza battere ciglio dal giuoco “abbraccia un cinese” a “state chiusi in casa”. Il campano De Luca ha strologato di lanciafiamme da utilizzare contro gli indisciplinati e di grottesche frontiere regionali. Pazienza se la sua regione-modello (è tutto un gioco…) spende 400 milioni l’anno per cittadini curati altrove e se il numero di posti in terapia intensiva è imbarazzante.
Facciamo un gioco: immaginiamo che il Rodomonte di Salerno, imperatore del Sacro Campano Impero, sia di centro destra. Fatto? Adesso proviamo a descrivere gli attacchi dei giornali di regime, l’indignazione televisiva, il moralismo d’accatto sparso a piene mani. Lanciafiamme, frontiere, chiusure, i cittadini che corrono nei parchi definiti cinghiali. Qualche zelante procuratore avrebbe ipotizzato delitti d’odio, discriminazione, incitamento alla violenza. Ma no, è tutto un gioco: sorridi, sei su Scherzi a parte, versione sinistra, un innocuo cabaret. Quel che conta è attaccare, deridere il lutto del nord e in particolare la Lombardia, epicentro del contagio. La provincia più toccata, rispetto alla popolazione, è Piacenza, ma vige una speciale franchigia: l’Emilia cui appartiene è rossa.
Se migliaia di italiani piangono, i ricchi non piangono affatto: la Fiat, anzi Fca, con sede a Detroit e radici fiscali nell’accogliente Olanda, patria dei nordici “frugali”, ottiene un favorevolissimo prestito di parecchi miliardi dal governo ludens. Entusiasmo della grande stampa, che, altro gioco di prestigio, è in buona parte di proprietà delle società della famiglia Agnelli. E’ un gioco italiano anche il cognome della Real Casa torinese: il nome d’arte di una dinastia di lupi dai denti affilati. Che bello essere solo dei passanti, dei residenti provvisori con garanzia di Mefistofele.
Ci si diverte da matti, in Italia, vedendo Silvia, pardon Aisha Romano, la cooperante neoislamica per la quale sono stati spesi parecchi milioni dei denaro pubblico. Alle famiglie bergamasche arriva il conto del trasporto funebre dei loro cari morti di Covid 19, portati via come rifiuti, una specie di ingombrante refurtiva da seppellire di nascosto. Pagheranno, i concittadini di Vittorio Feltri e papa Giovanni. Non hanno l’abitudine di lamentarsi e, quanto a pagare per tutti, quel pezzo d’Italia c’è abituato. Peggio per loro: nel primo gioco-imbroglio dell’Italia nascente, quando venne attaccato a tradimento da Garibaldi il Regno di Napoli per conto di inglesi e savoini, i bergamaschi erano numerosissimi. Chi la fa, l’aspetti.
Giocano anche le scuole. Chiuse, ma soprattutto destinate a rimanerlo: via all’istruzione a distanza, tele scuola come tele lavoro. Il maestro di domani è uno schermo, il gioco supera la realtà. L’ignoranza diventerà “virale”, ma on line, in onore al distanziamento sociale. Ritorna il gioco della nostra infanzia, guardie e ladri. In ossequio all’hasthtag #iorestoacasa, sono stati liberati migliaia di detenuti, tra i quali pericolosi malavitosi. Il divertente gioco successivo è riscrivere il decreto, per riprenderli e ricondurli in carcere. Il carattere ludico degli ultimi mesi è dimostrato altresì dal fatto che i provvedimenti che ci hanno imprigionato sono stati assunti nella forma di atti amministrativi. Gioco pienamente riuscito: qualche mugugno a mezza bocca, ma nessuna reazione, tranne l’impuntatura di pochi giuristi permalosi.
Qualche problema in più c’è stato in Germania, dove misure ben più blande di quelle italiane hanno causato pubbliche manifestazioni di protesta e nella litigiosa Spagna, in cui il gioco ha assunto caratteri esilaranti. Esasperati per l’inazione e gli errori del governo socialcomunista, molti spagnoli sono scesi in strada con cortei di automobili in tutte le città. La novità del gioco è che la protesta è stata patrocinata dalla destra politica di Vox Espana. Risultato: come tra bambini capricciosi, qualcuno ha detto: non gioco più. I progressisti, sempre deliziati da cortei e manifestazioni di piazza, si sono mascherati da vecchie signore scandalizzate e giudiziose: i clacson hanno fatto rumore, la tranquillità è stata violata, qualche ambulanza ha dovuto cambiare strada. I piromani sono diventati pompieri. L’homo ludens iberico, come quello italico, può giocare solo se impugna la bandiera giusta.
Ricordate la storiella di quel bambino, proprietario della palla, che la portò via perché stava perdendo la partita? Ho deciso di comportarmi allo stesso modo, homo ludens contagiosus e, ahimé, italicus. Non ne posso più, non gioco più: mi chiudo in casa volontariamente, mi distanzio di mia iniziativa, non credo più a nulla di quanto dice, propone e impone a credere il potere. Non mi resta che il gioco, lo sberleffo, la resistenza passiva, l’indifferenza. Strana cosa diventare anarchici a quest’età, ma, credete: il virus nemico da cui guardarsi è il potere. Non resta, un po’ per celia e un po’ per non morire, che dirgli di no. Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare (John Belushi, Animal House).