L’albergo è a due passi dalla stazione. In un edificio che ha conservato nella struttura esterna le atmosfere di una stagione ove la nota dominante era il grigio – la stagione in cui la DDR sembrava quasi vantarsi d’essere triste e ferrigna. Il muro è crollato da oltre un decennio; i sovietici hanno lasciato la Germania orientale, anzi ormai essi stessi non si riconoscono più nei volti stolidi, il tratto mongolo di un Breznev e sodali – quelli, per intenderci, che vedemmo, Riccardo ed io, sui carri armati in piazza San Venceslao, a Praga, agosto del ’68. All’interno sfavillio di luci divani tappeti tirato a lucido il legno della reception delle cornici dei tavolini. Dormo all’ultimo piano in una stanza dal letto monumentale, accompagnato da strani scricchiolii e uno spiffero ad alimentare la leggenda di un’anima inquieta che vi si aggira – credo d’aver inteso il fantasma di una donna e di un amore irrisolto.
Lipsia è la città ove nacque Richard Wagner nello stesso anno in cui Napoleone – il 19 ottobre del 1813 – venne battuto, al ritorno dalla sfortunata campagna di Russia, nella cosiddetta ‘battaglia delle Nazioni’ e costretto a ritirarsi in Francia. Sui giornali si legge che, nello scavare per nuovi edifici e parcheggi, si trovano tuttora i resti di ossa di quella battaglia. Nel 1913 – nell’anniversario del primo centenario – venne edificato un monumento, il Voelkerschlachtdenkmal, alto e massiccio, decisamente brutto, e che visito con poco entusiasmo. Alessandro Manzoni ricorda la morte del poeta Theodor Koerner, 22 anni, caduto a Luetzow il 26 agosto, dedicandogli l’ode Marzo 1821, lottando per la patria.
‘Meine Seele ist da Lied eines Liebenden’(‘E anche la mia anima è la canzone di un innamorato’), da Il canto notturno del Così parlò Zarathustra. E’ musica, poesia, si dice che Lutero (con la traduzione della Bibbia) e Nietzsche siano i più grandi della lingua tedesca, più dello stesso Goethe più di Hoelderlin. ‘E’ notte: ora parlano più forte tutte le fontane zampillanti. E anche l’anima mia è una fontana zampillante’. Ritrovo i versi sulla copertina del CD con le musiche composte dallo stesso filosofo. Lo acquisto dalla custode della casa ove egli nacque, non v’è altro, nei pressi della piccola chiesa – il padre era il pastore luterano -, il 15 ottobre 1844. All’esterno, in grandi lastre di pietra scura Nietzsche e i suoi familiari.
Roecken, modeste casette allineate, i vasi fioriti alle finestre, poco più di cento gli abitanti, non distante da Lipsia, in quella parte della Sassonia che, con il Congresso di Vienna, era stata assegnata al Regno di Prussia. La meta del mio spingermi così ad Est. E perché si dice che il governo del Land voglia traslare la sua salma con la scusa che, nel suo sottosuolo, vi sia un giacimento di lignite. L’ombra del viandante, della grandezza incute maggiore paura a tutti i vili gli sciocchi i servi…
Chiedo a Luca R., era deputato europeo, di presentare una interrogazione scritta e scritta mi manda la risposta della commissione culturale del Parlamento: si scusa, ma non ha facoltà di intervenire nelle scelte dei singoli stati (Nietzsche viene definito ‘scrittore’… forse che ‘filosofo’ sia termine inquietante?). Mi viene un’idea bizzarra e strafottente – non troppo, direi. Torino fu lo spazio ultimo là dove la mente si perse e si immedesimò nella sua creatura, ‘l’uomo folle’, che annuncia la morte di Dio. E qui egli potrebbe tornare e chiedere quiete, abbracciando un ronzino in piazza Carlo Alberto. Ne scrivo al filosofo Gianni Vattimo… Chissà dove è finita la corrispondenza intercorsa? A ben vedere, poi, se ogni sepolcro porta in sè la resurrezione è pur vero che alle idee sono sufficienti forti emozioni e buone gambe per andare comunque e nonostante tutto oltre.