Gli stati dei caporali

 

Gli stati dei caporali

Peccato della morte rubarci il futuro, così il 31 maggio nella Grande mela, cedeva progetti e sogni al Tristo Mentitore, Christo Yavachev, non potrà vedere il borioso Arc de Triomphe wrapped, peccato davvero che l’irriverenza ai simboli del potere abbia ceduto la matita, sarebbe stato un coup de theatre ad esempio, suggerirgli di impacchettare villa Doria Pamphilij, tutta fasciata da un corpetto di teli riciclati pendant gli stati generali convocati da Giuseppe-Luigi XVI dimentico della triste fine ch’ebbe quel monarca Borbone, zac! Dieci giorni di clausura nelle dorate stanze della villa coi corpi

sociali per arginare la crisi post bellum COVID-19, 450 esperti erano superflui, la Commissione Colao menava idee copia-incolla dall’opposizione, meglio una passerella dello stilista Conte della maison “Dovremo”. 

Somiglia ad una sagra paesana quest’ultima onerosa quanto inutile trovata del Governo per intubare un’economia già in grave ipossia ben prima della dichiarazione di guerra del coronavirus, grande e provvidenziale telo stampato per celare le crepe del palazzo Italia, però mancano le competenze per ”reinventare” il Paese, pecchiamo di architetti geniali nel far politica, quelli che un tempo  chiamavamo statisti.

Ma di archi-star ne abbiamo per nostra fortuna e Stefano Boeri, balzato sugli altari coi boschi verticali meneghini, eco chiccosa idea di impacchettar di verde profumato i grattacieli, ha consegnato ai “bigi” le sue proposte green in linea coi programmi ambientalisti dell’esecutivo rosso-fuksia.

Prendendo forse spunto dalla festa dell’albero di Legambiente, anima d’amor per madre terra dei nostri bambini, voilà si proceda alla forestazione dei centri urbani con una pioggia di sano verde lungo viali, piazze, parchi pubblici in depressione e incartiamo di rami frondosi balconi e terrazze di vecchie e nuove costruzioni. Novità? No, spiace ricordarlo ma la festa dell’albero fu istituita dal fascismo al 21 novembre d’ogni anno promossa da un cervello fosforoso, l’agronomo Arnaldo Mussolini, fratello minore del Benito, morì a soli 46 anni nel ’31 lasciando in eredità proprio il verde, chicca del giardino d’Europa, peccato che quei pini mediterranei, come sentenziò Virginia, erano “fascisti”.  

Passiamo alle scuole hub di quartiere, centri d’ aggregazione delle comunità, aperte da mane a sera l non per la tediosa didattica, funzione marginale dopo la riforma Renzi, ma trasformate in luoghi di ritrovo, incontro, svago, ecc.  il tutto finanziabile da DS manager accalappiando sponsor che non sono però utili idioti o benefattori ma faranno della scuola un mercatino del do ut des. Caro Boeri le scuole sono già aperte al territorio, chi scrive sa quel che dice, un esempio, per anni nel liceo romano dove insegnavo, erano attivi corsi gratuiti di informatica per gli anziani, professori gli studenti, teatro, musica, formazione d’impresa, start up, lingue straniere, e via dicendo, niente di nuovo per chi lavora tra i banchi, uovo di colombo per chi è rimasto col grembiulino celeste senza conoscere nemmeno quella Buona Scuola che spaccò il Paese.  Occorrono grandi competenze (vero Azzolina?), solida cultura per metter becco nell’universo scolastico cui aggiungere corposi finanziamenti sulla sicurezza degli edifici, piaga purulenta degli Enti locali al verde non di foglie ma di bilanci.

Secondo i dati de Linkiesta si contano in Italia circa 6.000 borghi abbandonati, li chiamano paesi fantasma, non si odono rumori di catene, né gemiti fruscianti col vento, solo il silenzio delle nature morte di Morandi (il pittore), metafisica dell’abbandono per cause naturali o per lo più per assenza del motore principe d’una comunità: il lavoro.

Come si pensa di resuscitare questi Lazzari stracciati senza una ragione economica forte, incentivante il ripopolamento, vendendo forse case fatiscenti a 1 €, oppure farne borghi di immigrati o peggio oasi resort per capitalisti stranieri come accade. Erano monili di un’altra Italia fatta di campanili, pievi, agri da coltivare, frugalità di vita e piazze dove incontrarsi, bere, comiziare, trovare moglie e lavoro.

Senza contare che questi fantasmi sono energivori, per renderli biosostenibili, fatti due conti, conviene accendere ruspe e caterpillar, ricominciando tutto daccapo, visto che il Bel Paese, dice l’archistar, ha almeno quattro milioni di edifici eco incompatibili. Lui suggerisce di spianarli dando il là alla speculazione edilizia, battezzata green, con la ricostruzione sulle aree eco-palazzi , senza quei cortili col giardino all’italiana, spreco di spazio per i costruttori, che ciascuno abbia cipressi e camelie sul balcone, testimonianza dell’architettura dell’io-chic, altro che comunità che interagisce, fu il sogno, l’utopia di Le Corbusier.

Per rilanciare infine il pianeta dello spettacolo si potrebbe ricorrere alla Live Music Act modello inglese, liberalizzare e sburocratizzare la programmazione di concerti, teatro, danza, nei locali fissando un tetto di spettatori (200), l’orario fino alle 24 e la temporaneità dell’evento per aggirare le certificazioni dei VVF. Anche qui niente di nuovo, Firenze già dal 2014 ha dato seguito al decreto cultura Bray ispirato da una petizione dell’architetto e chiamato legge Boeri. Indubbiamente sarebbe ossigeno per un settore in crisi da lockdown, ma non solo, restano tutte in piedi le normative fiume sulla sicurezza dal COVID-19 sommate al d.lgs 81/2008 ed ancor più il rischio d’impresa, posti limitati dal distanziamento, costi alti non sostenibili fatta la divisione con gli incassi., mentre lo Stato  in ipossia di talleri magari  concederebbe agli imprenditori un creditino d’imposta.

Tirando le somme non si vede ciccia da mettere sulla griglia, piuttosto proiezioni per un futuro da brevettare mentre l’Italia ha bisogno subito di terapie shock per non morire. Questi brain storming di caporali collassati di cervello, auto insignitisi del grado di ammiragli, producono solo ciacole, arraffano consigli a manca (a destra no), non sanno né cosa fare, né dove andare, ci chiameranno affannati al telefono per chiederci: “lei che farebbe?”, non hanno occhi per vedere nella notte ma pacchiana supponenza, non hanno strategie se non starsene col cestino in mano dei bussolanti sperando che le offerte dell’UE siano grasse. 

La soluzione percorribile in una fase di default è: + Stato (serio, efficiente) meno privati per assicurare a tutti l’oro italiano: il lavoro, tutto il resto è noia canterebbe Franco Califano accompagnata da un’orchestra di ulteriori gabelle.

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