Beat Generation

 

Beat Generation

La settimana scorsa abbiamo parlato a margine del nostro articolo Helter Skelter della paranoia di Charles Manson riguardo alle simbologie Naziste, in articoli precedenti, della vicinanza della cosiddetta Beat Generation a scrittori come Ezra Pound, o ad esperienze artistiche come il futurismo, semplici note ai margini della storia, questo è evidente, ma si può parlare di una fascinazione della Beat Generation Statunitense ad un certo linguaggio e/o ad una certa simbologia ? Nel 1967 Jean-Louis Kerouac, meglio noto come Jack Kerouac, considerato uno dei maggiori e più importanti scrittori statunitensi del XX secolo, nonché padre del movimento “beat”, che con i scritti esplicitò le idee di liberazione, ad un incontro presentò una sorta di programma politico culturale per la Beat Generation: “La volontà che unisce i nostri gruppi (..) ci fa comprendere che gli uomini e le donne devono apprendere un sentimento comunitario al fine di difendersi contro lo spirito di classe, la lotta delle classi, l’odio di classe!” (..) andremo a vivere (..) in comune la nostra vita e la nostra rivoluzione! Una vita comunitaria per la pace, per la prosperità spirituale, per il socialismo”.  Il pubblico applaudì entusiasticamente, ma si raggelò subito dopo, quando Keouac pronunciò: ” Da Adolf Hitler discorso al Reichstag 1937″.

Il contributo letterario e sociale di Jack Kerouac appare oggi assai più profondo e qualitativo rispetto ai giudizi che inizialmente l’avevano emarginato in una nicchia della controcultura americana perché la sua prosa, dal particolare rifiuto del consumismo americano, fatto di ricchezza solo per pochi e per gli altri di rate da pagare, di speculazione delle banche, di sfruttamento dei lavoratori, si eleva a universale senso umano della vita, della disperazione di fronte alla crisi dei valori umani e della cultura, Kerouac ha esplicitato la sensazione di vuoto, che in una società simile ci aspetta a livello globale. La “Beat Generation” fu un movimento giovanile che trovò espressione in campo artistico, poetico e letterario sviluppatosi dal secondo dopoguerra principalmente negli Stati Uniti. Gli elementi centrali della cultura “Beat” sono: il rifiuto di norme imposte, le innovazioni nello stile, la sperimentazione delle droghe, una libera sessualità, l’interesse per le religioni orientali, il rifiuto del Liberismo, del materialismo, e l’avvicinamento a tematiche ecologiche e di tifesa della terra. Della Beat Generation faranno parte inoltre i movimenti culturali del maggio 1968, l’opposizione alla guerra del Vietnam, gli Hippy di Berkeley e Woodstock, gli scontri di piazza, che soprattutto nel vecchio continente saranno ideologizzati e porteranno, ad esempio in Italia sino alla battaglia di Valle Giulia. Tra gli autori di riferimento vanno citati oltre a Kerouac, Allen Ginsberg, William S. Burroughs, Gregory Corso, e Charles Bukowski.

L’aggettivo beat fu coniato da Kerouac prendendolo in prestito dal significato colloquiale significante “stanco” o “abbattuto”, alterandone il significato, in “Beato”, “ottimista”, devoto cattolico fin dall’infanzia, Kerouac, ha più volte spiegato che, nel descrivere la sua generazione come “beat”, ha cercato di catturare la “sacralità” segreta degli oppressi, in italiano a Beat, venne attribuito il significato di beatitudine, nel senso di salvezza ascetica ed estatica, tipica dello spiritualismo Zen, ma anche aderente al falso misticismo indotto da droghe, alcol, e sessualità sganciata da vincoli morali. I beat desiderano scappare, viaggiare, ma non per un senso di fuga dalle responsabilità, ma per trovarsi da soli nuove regole e stili di vita. Da qui viene l’avvicinamento alla spiritualità. In Italia a parte il capitolo “Musicale” che meriterebbe uno scritto a parte, il pensiero Beat fu importato da Fernanda Pivano, poesia e letteratura di ispirazione beat in Italia si sviluppò dal 1965 ai primi anni settanta, punti di riferimento, la libreria Hellas l’editrice Pitecantropus, e la rivista Pianeta Fresco.

Il tema ecologico e lo studio delle religioni orientali per strani intrecci della storia fecero incrociare i giovani “Beat” soprattutto Europei con Maximiani Portas in arte Savitri Devi, pioniera dell’attivismo dei diritti degli animali, sostenitrice dell’induismo (e del nazismo), che arrivò a sintetizzarne le filosofie.  La Devi, critica delle religioni Abramitiche,  influenzò il diplomatico Cileno Miguel Serrano. Originariamente cittadina francese, Savitri Devi nacque il 30 Settembre 1905 da madre inglese e padre greco con antenati d’origine piemontese. Dotata di qualità intellettuali straordinarie ricevette la sua educazione in Francia e in Grecia, ottenendo Masters in Filosofia e scienze, e una laurea in Chimica grazie alla sua tesi, “La Simplicité Mathématique”. Matematica e scienza in ogni caso, ebbero meno potere attrattivo su di lei di quanto lo ebbero la politica, la filosofia e le tradizioni religiose dell’India antica.

L’ India del resto sarebbe stata la sua casa per la maggior parte della sua vita. Giovanissima, apprende l’Italiano, l’inglese, il tedesco, l’islandese, il bengali e l’indi. Prima di imbarcarsi nella propria ricerca spirituale comunque la Devi coltivò interessi attivi in politica. A due riprese, nel 1923 e nel 1926, visitò l’Italia. Nel 1930 si recò in India e intraprese quello che sarebbe stato uno studio di una vita sui testi Classici Indiani i Veda e le Upanishad. In quegli anni ha modo di conoscere Subhas Chandra Bose, il nazionalista indù alleato dell’Europa Nazionalsocialista. Bose fu presidente del Partito del Congresso Indiano e fautore dell’indipendenza dell’India dal Raj Britannico. Condivideva le idee di indipendenza del Mahatma Gandhi ma non i suoi metodi di lotta non-violenta. Per raggiungere il suo ideale, un’India libera cercò ed ottenne alleanze con Benito Mussolini e Adolf Hitler. Senza esito fu il suo tentativo di allacciare rapporti anche con Stalin e la Russia comunista. Sostenne l’alleanza con l’Asse, promuovendo in Germania la creazione di battaglioni di volontari indiani che furono inquadrati nella Legione SS “India Libera. Secondo Savitri Devi, ad animare il nazionalsocialismo interviene un sentimento religioso ispirato all’osservanza delle leggi della natura, che, in quanto tali, rimangono eterne e infallibili. Anche in questa fase di oscuramento del divino vale il principio:..‘Buono è tutto ciò che sta in armonia con le leggi della natura, cattivo tutto ciò che sta in contrasto.”

Per Savriti Devi il nazionalsocialismo andava considerato come rivolta totale contro la decadenza dell’«età oscura» e il tentativo radicale di restaurazione dell’«età dell’oro». Savitri considerava l’umanità ormai degradata e corrotta, e sentiva l’impellente necessità di un drastico cambiamento. Il mondo, per lei, era pieno di esseri inidonei e trovava molto più valore in un animale puro, rimasto se stesso senza inquinamenti, valori condivisi dalla Beat Generation, e da molti giovani di allora anche politicamente agli antipodi, ma che percepivano il drastico declino che ci avrebbe portato alla realtà attuale. Purtroppo oggi non vediamo all’orizzonte nessun movimento di rottura, nessun Kerouac, nessun Bukowski, nessuna Savriti, ma anche, (e soprattutto), in campo artistico un mondo giovanile fagocitato nel politicamente corretto.

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