Piano di chiarezza scientifica
Il Centro di Gravità, associazione creata da Giulietto Chiesa, cui hanno aderito alcuni nostri collaboratori, ha prodotto con alcuni medici e ricercatori di prima linea un documento che cerca di fare chiarezza sulla realtà del Covid 19 con un aggiornamento al 18 luglio. Il documento ha già superato le mille firme di medici, oltre le firme dei membri del CdG. Chiunque volesse sottoscrivere il documento può mandare la propria adesione alla nostra mail indicando nome cognome e qualifica.
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Siamo un gruppo di medici, professionisti della sanità e scienziati che si propongono di capire come si stia evolvendo a livello mondiale la lotta contro il Covid-19 con l’intento di fare maggior chiarezza sulla situazione, con particolare riguardo alle nuove terapie che si stanno dimostrando utili a salvare molte vite umane.
Se da un lato abbiamo assistito in questi mesi ad un uso improprio della scienza presentata dai media come dogma inconfutabile, tradendo con ciò ogni autentico spirito scientifico, abbiamo anche osservato che – di fronte al generale appiattimento in nome di una scienza al servizio della politica e del denaro – si sia levata la voce di un numero crescente di scienziati liberi e di medici in prima linea che hanno preso le distanze dalle “verità” sbandierate nei talk-show lontani mille miglia dal fronte operativo degli ospedali e degli istituti di ricerca.
Questi colleghi lo hanno fatto, purtroppo, spesso in modo individuale e timidamente per paura di ritorsioni.
Ciò è accaduto in particolare nelle ultime settimane, grazie al coraggio di alcuni terapeuti che – rendendosi conto che l’approccio clinico al Covid-19 aveva grosse lacune – hanno rischiato tutto per salvare i propri pazienti, rifiutandosi di utilizzare terapie ormai rivelatesi inutili e dannose o optando – con successo – per cure innovative.
Riteniamo pertanto drammaticamente urgente esercitare ogni sforzo possibile per superare il frazionamento delle voci autonome dando vita ad una piattaforma in cui possano confluire – sulla base di questo documento condiviso e sottoscritto – il maggior numero possibile di scienziati e medici che sappiano mettere da parte le proprie differenze ideologiche per realizzare un fronte comune contro le “verità ufficiali” – a difesa di interessi di parte – che ci vengono quotidianamente propinate in nome di una scienza di fatto vilipesa e stuprata.
LA STORIA ITALIANA
1 – Il ritardo
Molto deve ancora essere chiarito circa l’emergenza e il diffondersi dell’epidemia del Covid-19. Non è compito di questo documento affrontare queste questioni.
Questo è un documento analitico propositivo.
L’Italia, in special modo le sue regioni del Nord, è stata uno tra i Paesi più duramente colpiti. Riteniamo che vi siano serie e fondate responsabilità, sia centrali che regionali, che hanno aggravato la situazione creata dal virus Covid-19. Ci sono seri dubbi circa le misure di politica sanitaria che sono state adottate in Italia. Siamo stati colti di sorpresa, ma eravamo stati avvisati per tempo e in varie forme e tempi.
In sintesi: il Governo ha attivato — e solo parzialmente — il programma degli interventi d’emergenza con un ritardo, rivelatosi poi esiziale, di circa 50 giorni.
La prima relazione pubblica dell’Istituto Superiore di Sanità si terrà soltanto il 16 gennaio.
È sicuramente vero che il comportamento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità fu molto stranamente oscillante, incerto, spesso confuso. Ma la successione delle notizie che venivano dalla Cina era già tale da dover valutare come incombente un grave allarme. Invece il Giornale della Protezione Civile in data 24 gennaio informa che “L’Italia ha un piano contro il coronavirus, ma per ora nessun allarme”. Sembra che nessuno, all’Istituto Superiore di Sanità avesse letto il Rapporto per la Sicurezza della Salute della John Hopkins Bloomberg School of Public Health, che portava la data del settembre 2019. Un rapporto che esaminava lo “stato di preparazione” nei confronti di una pandemia causata da “patogeni respiratori di grande impatto”, con “potenziale di alta trasmissibilità e di alta mortalità registrata”. La precisione della previsione di un tale studio sarà possibile misurarla soltanto a posteriori, cioè oggi. E quel documento meriterà di essere esaminato con estrema attenzione nel momento in cui si dovrà affrontare i nuovi problemi della sicurezza internazionale. Quel rapporto evidenziava infatti che “se un patogeno di alto impatto respiratorio dovesse emergere, sia naturalmente, sia come effetto di un rilascio accidentale o deliberato, esso avrebbe probabilmente effetti significativi sulla salute pubblica, sull’economia, sulla società e sulla politica”. Non solo. Esso aggiungeva un’altra ipotesi: “le possibilità combinate di periodi d’incubazione brevi e di diffusione asintomatica, possano avere l’effetto di concedere una finestra di intervento molto breve per fermare la trasmissione, rendendo difficile contenerne l’uscita”, e di “poter colpire molti paesi simultaneamente e richieder approcci diversi rispetto a quelli tipici”.
Chiunque legga queste previsioni non potrà non essere colpito dalla precisione della descrizione anticipata di ciò che poi è accaduto nella realtà.
Il 20 gennaio la Cina dichiara l’aumento del 60% dei contagi in due giorni. Gli americani evacuano dalla Cina. Il 30 gennaio l’OMS dichiara il Coronavirus “Emergenza Sanitaria Globale”. Il giorno successivo, il 31 gennaio, il Consiglio dei Ministri italiano decreta lo stato di emergenza, per sei mesi, stanziando cinque milioni di euro per le prime incombenze.
Ma passeranno altri quindici giorni prima che una delegazione dell’OMS si rechi in Cina (il 16 febbraio) per condurre un’indagine estensiva. L’Italia, stranamente, non vi partecipa. Ma il rapporto della missione evidenzia che casi sporadici di polmoniti anomale, sospette come riconducibili a influenze del tipo Sars, erano già stati segnalati fin dall’ottobre precedente. Dunque nella prima quindicina di febbraio c’erano già segnali che, con alta probabilità, un nuovo virus stava circolando da mesi. Analoghe risultanze, di polmoniti anomale, sono state registrate successivamente nel nord Italia. Passate inosservate all’epoca, potrebbero significare che il virus fosse giunto in Italia e circolasse molto prima dell’esplosione della epidemia.
2 – Incertezza sui dati. Le inattendibilità diagnostiche. Impreparazione e carenza di mezzi tecnici.
Quattro ordini d’incertezza hanno compromesso l’analisi, le scelte del Governo e la narrativa dei media. Quest’ultima è risultata catastrofica e in gran parte inattendibile.
a) I dati provenienti dalla Cina, numero dei decessi e degli infetti, non hanno permesso valutazioni realistiche sulla situazione che si sarebbe poi verificata in Italia. Qui la responsabilità del Governo italiano è relativa. Molto superiore è quella dell’OMS.
b) Dove invece c’è stata una sommatoria di errori, tutti gravi, è l’assenza di un programma di screening a campione; la precisa identificazione iniziale delle aree colpite; la valutazione del numero di persone contagiate. In tal modo è stata sottostimata l’estensione dell’infezione, e si sono fatti errori grossolani di calcolo riguardo alla letalità del Covid-19.
c) I limiti tecnici hanno influenzato tutti gli aspetti della raccolta dati. Il massimo della confusione ha caratterizzato i criteri di valutazione delle cause della morte. L’Italia ha adottato il criterio del “tutti dentro”. L’assenza quasi totale di autopsie ha impedito di capire i meccanismi patogenetici che l’hanno provocata e, in particolare, di individuare quella più importante che ha prodotto il decesso. Da qui è derivato in parte l’enorme differenza di letalità tra Italia e Germania a fine marzo 2020 (11,40% versus 0,9%).
d) L’uso dei tamponi è stato incomprensibilmente saltuario, non omogeneo sul territorio. Incerta la validità dei risultati. Non si è colpevolmente data priorità all’analisi sierologica (valutazione delle immunoglobuline M e G) che unica poteva darci una informazione reale sul numero degli infetti e di coloro che ancora ospitano una patologia attiva.
3 – Comunicazione ambigua e confusa
Il modello di comunicazione adottato dal Governo è stato quanto di meno meditato si potesse immaginare. Una mescolanza di notizie ufficiali, ufficiose, casuali, sparse tra comunicati e interviste individuali, per lo più distribuiti da programmi d’intrattenimento, da salotti televisivi e talk-show vari, questi a loro volta popolati da esperti, mescolati con pareri casuali di inesperti, personaggi del mondo dello spettacolo, e dall’umanità indistinta dell’infotainment. Come risultato generale, una tale comunicazione, invece di produrre un effetto di responsabile allarme ha prodotto allarmismo e inquietudine. Così come l’abitudine di comunicare puntualmente ogni giorno il “bollettino di guerra” – unitamente all’ininterrotta processione di esperti – ognuno smanioso di fornire una propria, personale versione, spesso contraddittoria rispetto a quella altrui – ha suscitato preoccupazione, ansia e confusione ben oltre il dovuto e l’auspicabile.
4 – Organizzazione Mondiale della Sanità: adempimenti mancati, inadeguatezza politica, enormi conflitti d’interesse.
1) Non ha provveduto al monitoraggio del laboratorio di Wuhan, nonostante le attività di questo fossero da tempo nel mirino della comunità scientifica. Va ricordato che l’OMS frequentava ed ispezionava con frequenza il laboratorio Lab-4 della regione cinese.
2) Non ha tempestivamente attivato lo stato di allerta, atto che si sarebbe reso necessario sin dall’avvenuto isolamento del nuovo ceppo virale (9 gennaio 2020).
3) Ha diramato l’allerta di pandemia con un ritardo di circa 40 giorni: al 15 gennaio erano già noti casi conclamati di Covid-19 in Thailandia, Giappone e Stati Uniti, oltre al focolaio di Wuhan. Il 20 gennaio era ormai acclarato che l’infezione si trasmetteva con il respiro per via inter-umana. Eppure l’OMS, nei suoi comunicati e nella relazione finale a valle della visita di controllo effettuata in Cina (24 febbraio), persisteva nel dichiarare la situazione sotto controllo e nel lodare la Cina per le misure messe in atto. Nel medesimo tempo, l’OMS – per bocca di Walter Ricciardi, membro dell’Executive board dell’OMS e attualmente consigliere del ministro Italiano della Salute – affermava tranquillamente che bloccare i voli da e per la Cina “era un errore”, concetto ripreso dal direttore generale dell’OMS – Tedros Adhanom Ghebreyesus – per il quale “queste limitazioni rischiano di aumentare la paura e le discriminazioni e hanno scarsi risultati in termini di salute pubblica”.
4) Nel frattempo l’OMS ignorava gli allarmi che venivano dal Giappone, dalla Corea e da Taiwan. È inoltre incredibile che l’OMS, pronta a lodare la Cina, non abbia invece indicato come modelli virtuosi i protocolli (efficienti) messi in atto dalla Corea e da Taiwan per arginare l’epidemia. Ancor più incredibile è che l’OMS abbia deliberatamente ignorato l’allarme lanciato da Taiwan ai primi di dicembre circa lo sviluppo di una possibile epidemia a partenza dalla Cina.
In sintesi, è indubbio che sussistano rapporti opachi tra la Cina e l’Oms. Così come è indubbio che esistano rapporti altrettanto e più opachi tra l’OMS, alcune fondazioni private e tutte le maggiori compagnie internazionali riassumibili sotto il termine di Big Pharma. L’intera vicenda merita di essere approfondita e accertata in seno all’ONU, chiedendo che su questo tema venga avviata una specifica indagine, iniziativa che può essere sollecitata proprio dal consiglio di sicurezza dell’ONU o dalla stessa Italia.
Nello stesso tempo il Governo italiano dovrà riesaminare tutti i suoi rapporti con l’OMS e formulare proprie proposte, da discutere nelle sedi internazionali, per sostituire l’OMS con un organismo internazionale, interamente pubblico, finanziato esclusivamente dagli Stati nazionali.
5 – Compiti urgenti per il Governo italiano
Il governo ha mostrato (e continua a mostrare) errori e incertezze che vanno denunciati esplicitamente.
Prima di tutto, come già s’è detto, abbiamo assistito a una plateale mancanza di consapevolezza del pericolo incombente di pericolose epidemie. Si potrebbe utilizzare, per descrivere il comportamento della politica e di gangli cruciali della macchina dello Stato, l’espressione usata dalla rivista Lancet: “trained incapacity”. Il potere politico ha mostrato di essere incapace di adeguarsi perfino alle indicazioni della comunità scientifica che avevano previsto da quindici anni almeno l’insorgenza di una nuova pandemia di virus influenzale potenzialmente letale.
In secondo luogo è imbarazzante constatare come, a fronte delle informazioni – pubbliche e riservate – di cui pur disponeva, il Governo abbia tardato ad avvalersi del Piano Nazionale per la Prevenzione (2014-2018) e soprattutto di attivare il Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale, pubblicato nel 2007 e quindi aggiornato nel 2016
Vediamo di seguito come questo piano sia stato disatteso, punto per punto:
– L’obiettivo del Piano – articolato su sei fasi di attivazione – è rafforzare la preparazione alla pandemia a livello nazionale e locale, in modo da:
Identificare, confermare e descrivere rapidamente casi di influenza causati da nuovi sottotipi virali, in modo da riconoscere tempestivamente l’inizio della pandemia (Fase 2).
Questo non è avvenuto nonostante che nel corso dei mesi di dicembre e gennaio siano stati registrati focolai di polmonite atipica virale in numerose aree della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna. In particolare, già il 28 dicembre venivano segnalati ben 40 casi anomali di polmonite virale nell’ospedale di Piacenza. Uno studio successivo dell’Università di Milano permetterà di collocare tra ottobre e novembre l’esordio dell’epidemia in Italia, ben prima quindi del caso accertato di Codogno. Le segnalazioni pervenute al Ministero della Salute saranno oggetto di una specifica circolare in data 5 gennaio 2020 in cui viene esplicitato il rischio di una possibile epidemia e viene richiesto di porre attenzione alla connessione polmoniti virali e Cina. La circolare viene reiterata in data 12 Gennaio, sottolineando ancora la connessione tra virus ed epidemia, pur evidenziando – in modo del tutto paradossale – che l’OMS, sulla base delle notizie ricevute dalla Cina, sia ormai “rassicurato dalla qualità delle indagini in corso [in Cina] e dalle misure di risposta implementate a Wuhan”. Con la circolare del 16 gennaio assistiamo ad una giravolta, una vera e propria manipolazione della verità, dato che si torna a parlare della possibile epidemia ma si cancella il legame con la Cina e si evidenzi addirittura come provenienza il Giappone, aggiungendo la dicitura “Giappone (ex Cina)”!
– Nel corso delle “Fasi inter-pandemiche 1-2”, come previsto dal piano, si sarebbe dovuto provvedere ad assicurare: “Informazione sanitaria della popolazione per promuovere l’adozione delle comuni norme igieniche, che includono: lavarsi spesso le mani, pulire le superfici domestiche con normali prodotti detergenti, coprirsi la bocca e il naso quando si tossisce o starnutisce. Adozione di misure per limitare la trasmissione delle infezioni in comunità (scuole, case di riposo, luoghi di ritrovo), quali evitare l’eccessivo affollamento e dotare gli ambienti di adeguati sistemi di ventilazione. Preparazione di appropriate misure di controllo della trasmissione dell’influenza pandemica in ambito ospedaliero. Approvvigionamento dei DPI per il personale sanitario. Controllo del funzionamento dei sistemi di sanificazione e disinfezione. Individuazione di appropriati percorsi per i malati o sospetti tali. Censimento delle disponibilità di posti letto in isolamento e di stanze in pressione negativa. Censimento delle disponibilità di dispositivi meccanici per l’assistenza ai pazienti. Minimizzare il rischio di trasmissione e limitare la morbosità e la mortalità dovute alla pandemia. Ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali ed assicurare il mantenimento dei servizi essenziali”.
Tutto questo non è avvenuto, tant’è che il Governo Italiano ha anzi inviato/regalato ingenti quantitativi di materiale sanitario (tra cui le mascherine) alla Cina ed altre nazioni.
– Nel corso delle Fasi 3-5 il Piano raccomanda inoltre di: “mettere a punto, ed attuare protocolli di sorveglianza per: i viaggiatori provenienti da aree affette; gli operatori sanitari che assistono pazienti con sospetta o confermata influenza da ceppo potenzialmente pandemico; i laboratoristi che manipolano campioni clinici a rischio; definire ed attuare protocolli di sorveglianza dei cluster di sindrome influenzale potenzialmente attribuibili a virus pandemico, sia tramite i medici di medicina generale e i pediatri di famiglia, che gli Istituti di ricovero”.
Come evidente tutto questo è stato ampiamente disatteso, particolarmente per quanto riguarda la protezione degli operatori sanitari e il coinvolgimento della medicina territoriale che solo a distanza di mesi si è rivelata essere una carta vincente nel limitare la progressione della malattia e ridurre il numero di pazienti necessitanti ricovero in ambito di unità di terapia intensiva.
In sintesi, il Piano per la gestione delle pandemie è stato ignorato, disatteso e avviato in ritardo e in modo incompleto.
6 – Ripensare l’intera architettura sanitaria del Paese
I governi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno umiliato l’idea di medicina che abbiamo ereditato dalla grande tradizione greco-romana e cristiana. L’ospedale – una volta noto come Hotel de Dieu – è diventato Azienda Sanitaria, dove le scelte vengono compiute commisurandole a criteri di efficienza finanziaria e gestionale. Ciò ha comportato l’abbandono della medicina del territorio e la realizzazione di centri di attrazione polispecialistici, collocati nelle grandi città, considerati terminali onnicomprensivi della domanda sanitaria di intere macroregioni. Lo sviluppo della medicina del territorio avrebbe permesso una migliore cura e gestione dei pazienti in ambito domiciliare, rispondendo a esigenze specialistiche “primarie” (neonatologia, maternità, medicina di urgenza), per le quali il cittadino non dovrebbe affatto necessariamente rivolgersi ai macro-hub delle grandi città. Ciò avrebbe anche reso disponibili risorse – economiche e di personale – che avrebbero potuto essere usate per diversificare l’offerta dei servizi sanitari. In particolare, la necessità di disporre di un maggior numero di posti letto nel contesto della terapia intensiva era nota da tempo (specie dopo che il Governo Monti aveva irresponsabilmente tagliato circa i 2/3 delle unità-letto allora disponibili), ma non si è fatto nulla per ovviare a questa carenza, che ha finito per costare migliaia di decessi. Va inoltre considerato che dal vocabolario dei manager della salute è progressivamente scomparso – a partire dagli anni ’90 – il termine “prevenzione”, cui pure si faceva tanto riferimento negli anni ’70-80 per affrontare tematiche complesse come le patologie da inquinamento ambientale (e professionale), le malattie su base degenerativa (cancro) e dismetaboliche (obesità, diabete). La rinuncia al paradigma della prevenzione ha comportato l’aver sottovalutato i rischi derivanti da nuove, prevedibili, ondate pandemiche.
Questa emergenza potrebbe offrire l’opportunità per ripensare il modello sanitario venutosi a sviluppare negli ultimi decenni e sarebbe opportuno su questo tema avviare un dibattito ed una proposta che si traduca in un progetto di rifondazione della sanità pubblica.
7 – Investire nella ricerca scientifica
È questione che riguarda tutti i settori vitali del Paese. Da anni la ricerca scientifica italiana riceve finanziamenti risibili rispetto al PIL. Ma nei confronti degli altri paesi dell’Unione Europea, l’Italia è l’unica che ha drasticamente ridotto l’organico dei Ricercatori. Non ostante ciò l’Italia ha una collocazione internazionale di assoluto valore essendo tre volte più produttiva della Germania, ma anche della Francia e dell’Inghilterra e riceve, in totale, minori finanziamenti per la ricerca rispetto a questi Paesi. Ciò accade, non per la qualità della Ricerca o dei ricercator Italiani, ma per il numero totale. Se si considera, infatti, il finanziamento pro capite, questo risulta il più elevato d’Europa. Ci si sarebbe attesi, in concomitanza con l’emergenza del Covid-19, che un piano di emergenza per la ricerca scientifica in campo sanitario fosse stato immediatamente varato. Se non altro per avviare ricerche essenziali per individuare possibili cure. Nulla di tutto ciò è stato, fino ad ora, nemmeno impostato. A quanto risulta il Ministero della Salute ha messo in palio 5 milioni, riservati alle IRCSS ed escludendo formalmente il contributo delle Università e solo a luglio è stato varato un programma FISR rivolto alle università, per circa 20 milioni di Euro [1].
IL PUNTO SULLA MALATTIA, CHE FARE?
Allo stato attuale dell’epidemia si è potuto appurare senza tema di smentita che Covid-19 è una malattia – sicuramente con elevata contagiosità – curabile nella maggior parte dei casi ma che alle volte può esser seria, come purtroppo avviene per tante altre patologie.
Le linee-guida per affrontarla dovrebbero pertanto consistere nei seguenti punti:
a) Prevenzione: grande rilievo dovrebbe esser dato ad un potenziamento del l’immunità innata e ad un controllo della flogosi cronica silente. Tali obiettivi possono esser raggiunti innanzitutto con una dieta ed uno stile di vita adeguato. In casi particolari si potrebbe ricorrere a specifici integratori. In particolare bisognerebbe anche tenere conto della situazione psico-emotiva delle persone conoscendo la ricaduta sul sistema immunitario. È chiaro che al momento non esistono studi scientifici adeguati sulla ricaduta sulla malattia da questi approcci. Si conoscono invece molto bene gli effetti deleteri per tutte le malattie virali di un sistema immunitario compromesso e come la flogosi cronica silente intervenga, nella seconda fase della malattia, per potenziare la tempesta citochinica.
b) Evitare la trasmissione del virus, puntando sul controllo dei centri di maggior contagio (in particolare valutare gli asintomatici nelle aree di maggior rischio, intervenire con tempestività per isolamento e tampone, dotare tutto il personale sanitario e quello a maggior rischio di contagio di DPI adeguati)
c) La possibilità di intervenire precocemente sul territorio con le terapie già dimostratesi efficaci anche se ancora in assenza di studi randomizzati che si attendono a breve (idrossiclorochina, eparine, cortisonici) La possibilità di intervenire nei casi più difficili con ricovero ospedaliero e cure di secondo livello (antivirali, ozonoterapia, plasma iperimmune, myo-inositolo, ossigeno con le diverse modalità di somministrazione) dovrebbe anche diminuire di molto la necessità di ricovero nei reparti di Terapia Intensiva;
d) Incrementare il numero delle terapie intensive, anche se, dati alla mano, ne dovrebbero servire molte di meno se vi fosse un uso diffuso delle terapie dimostratesi efficaci a tutt’oggi.
e) Imparare a convivere con essa come stiamo convivendo con tante altre malattie, facendo più attenzione alle norme igieniche. Sicuramente i grandi assembramenti costituiscono un pericolo, anche per l’aumento della carica virale e dovrebbero essere evitati nei periodi di maggior presenza del virus. Per questo motivo, come per altre malattie, serve un monitoraggio costante.
Cosa abbiamo imparato in questi due mesi?
Ebbene, dalle risultanze cliniche emerge che il Covid-19 è una malattia lieve nella maggior parte dei casi (85% circa) Importante ma non pericolosa in un altro 10% di casi, sui quali si può intervenire in vari modi. Nel 5% che può avere un esito mortale oggi sono state sperimentate con successo svariate terapie:
1) Ozonoterapia con antivirali
2) Terapia con anticoagulanti/antiaggreganti
3) Idrossiclorochina ed eparina
4) Plasma iperimmune
5) Myo-inositolo
Se pure la medicina moderna è fondata sulle prove di efficacia (EBM – Evidence-based Medicine) intese a garantire che prima di mettere in commercio un farmaco di nuova sintesi bisogna esser certi che i vantaggi superino gli effetti collaterali, sappiamo che questo metodo richiede tempi evidentemente molto lunghi. Al tempo stesso, dato che è ben noto che le riviste ricevono finanziamenti dalle Case Farmaceutiche che perseguono il profitto a tutti i costi dai farmaci da loro brevettati, la mancata pubblicazione è spesso un buon metodo per affossare le innovazioni che non interessano.
Oggi ci troviamo davanti al dilemma se proseguire la ricerca di una molecola nuova, potenzialmente tossica e che necessita di tempi lunghi per poter esser approvata o optare per un metodo terapeutico già conosciuto da anni e considerato di buona tollerabilità (come l’idrossiclorochina ad es.) e metodi terapeutici che non implichino l’utilizzo di sostanze nuove e siano dunque verosimilmente innocui in quanto utilizzati per altri motivi da molti anni (ad es. il plasma iperimmune o l’ozonoterapia). È evidente che di fronte a situazioni gravi anche pochi casi sono sufficienti per affermare che la terapia è “verosimilmente” efficace. E questo è proprio ciò che sta succedendo con le terapie indicate sopra. Inoltre tali terapie dovrebbero essere disponibili in tempi brevissimi e non solo in situazioni di emergenza. Per questo motivo è ipotizzabile che il voler aspettare lo studio scientifico pubblicato possa essere un sistema per affossare metodiche di questo tipo, al solo fine di perseguire esclusivamente interessi economici.
D’altra parte, la volontà di puntate ad un vaccino – whatever it takes – presenta diverse criticità come sottolineato da Ernesto Burgio: “quando si procede troppo in fretta, sotto la spinta di un’emergenza epidemica – come è successo nelle Filippine con la Dengue – si rischia che un vaccino nuovo, non sufficientemente testato possa addirittura innescare forme gravi dell’infezione che si vuole combattere: o a causa di una sorta di attivazione immunitaria mediata dai linfociti Th2 (una sorta di reazione allergica) o per una reazione paradossale, scatenata proprio dagli anticorpi indotti dal vaccino (ADE, Antibody Dependent Enhancement). Nella prevedibile corsa al vaccino contro SARS CoV2 incidenti simili sono possibili e si dovrà essere prudenti”.
In considerazione dei successi terapeutici – di cui ai link sopra riportati – che non vengono fatti conoscere al pubblico – se non di sfuggita e, diremmo, quasi di malavoglia – tramite i media o le comunicazioni ufficiali intendiamo con il presente documento richiedere al Ministero di convocare i medici già esperti in questo tipo di terapie affinché – in tempi brevissimi – vengano esposti ai colleghi vantaggi e svantaggi di ciascuna di esse, anche se ancora in assenza di studi controllati.
Nel caso di una seconda ondata nel corso della Fase 2 sarà necessario, infatti, farsi trovare pronti a reagire mediante:
A) Prevenzione pubblica e corsi di preparazione al personale sanitario.
B) Sistemi protettivi (mascherine, guanti, etc.) efficaci in quantità sufficiente.
C) Procedure di asseveramento diagnostico da mettere in atto in caso di fondato sospetto clinico. Questo può evitare la maggior parte dei contagi.
D) Creazione di centri specifici che intervengano in poche ore in situazioni di emergenza.
E) Protocolli attuabili dalle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) in tutto il Paese in affiancamento ai medici sul territorio con monitoraggio continuo dei pazienti contagiati anche se non ospedalizzati.
F) Reperibilità dei farmaci che si è visto essere validi e testati da vari colleghi in prima linea.
In attesa di ciò i firmatari di questo documento intendono impegnarsi a raccogliere i dati utili e metterli a disposizione di tutti.
Roma, 18 Maggio 2020
[1] Aggiornamento del 10 Luglio
ALLEGATO 1
Il Piano di Chiarezza Scientifica è stato redatto da:
Giulietto Chiesa (Giornalista), Mariano Bizzarri (Professore Università di Roma), Fabio Burigana (Medico), Piero Cammerinesi (Giornalista).
Per il Centro di Gravità hanno aderito:
Cristoforo Attardo (Perito industriale), Roberto Germano (Fisico), Umberto Pascali (Giornalista), Paolo Scapellato (Insegnante), Andreina Fontana, Patrizia Scanu (Insegnante), Simone Lombardini (Economista), Gino Chabod (perito industriale), Roberto Pecchioli (Scrittore), Andrea Grieco (Fisico), Piergiorgio Rosso (Ingegnere), Guido Grossi (Economista), Elena Glielmo (Ex-dipendente dello Stato), Alberto Prestininzi (Geologo), Francesco Celani (Fisico), Francesco Scala (Prof. Universitario), Antonino Galloni (Economista), Fabrizio de’Marinis (Giornalista), Riccardo Petrela (Professore emerito Università di Lovario), Stefano Serafini (Giornalista), Margherita Furlan (Giornalista), Pasquale di Guglielmo (Prof. Ed. Fisica), Alessandro Giuliani (Primo ricercatore ISS), Roberto Siconolfi (Sociologo), Vladislav Gavriusev, Marcello Madaro (Medico), Marco Martini (Geometra), Cinzia Pagni (Insegnante), Sabrina Fantauzzi (Giornalista), Danilo D’Angelo (Architetto), Silvana Corda, Mario Dandreta (Insegnante), Giorgio Iacuzzo, Antonella de Ninno (Fisico), Giorgio Giorda (Medico), Silvia Chinaglia, Adriano Tilgher (Imprenditore), Giulio Bassi (Commercialista), Luigi de Leonibus (Fisico meteorologo), Laura Vantini (Imprenditrice), Nicoletta Ferroni (Docente)
Hanno aderito le associazioni:
Medicina di Segnale (circa 850 associati) www.medicinadisegnale.it FIAMO (circa 200 associati) http://www.fiamo.it/
Hanno aderito inoltre:
Piero Priorini (Psicoterapeuta), Franco Lugnani (Medico), Carmelo Samonà (Medico), Paolo Baron (Medico), Stefano Clauti (Medico), Fabrizio Fiorini (Medico), Danilo Toneguzzi (Medico), Mauro Alivia (Medico), Carlo Mocci (Medico), Stefano Gasperi (Medico), Guido Cantamessa (Medico), Eva Rigonat (Medico), Andrea Basili (Medico)
ALLEGATO 2
AGGIORNAMENTO DEL 10 LUGLIO 2020
A distanza di poco più di un mese dalla stesura del Piano di Chiarezza Scientifica corre l’obbligo di valutare quanto avvenuto in questo lasso di tempo, visto il frenetico svolgimento degli eventi e dei risultati della ricerca sul campo relativamente all’epidemia del Covid-19. In questo mese hanno infatti avuto luogo alcuni eventi rilevanti e la situazione epidemiologica è mutata sensibilmente, come si può evincere da questi punti:
1) continuano a diminuire i casi di contagio in Italia ed in maniera ancora più importante sono diminuiti, sino quasi ad azzerarsi, i casi severi di Covid-19;
2) è emersa l’utilità di alcuni approcci terapeutici ed alcuni studi controllati ne hanno confermato l’efficacia tra i quali la terapia anticoagulante, quella cortisonica (desametazone), il plasma iperimmune e l’ozonoterapia;
3) è stato confermato l’interessamento dell’endotelio da parte del virus con importanti implicazioni in tutte le fasi della terapia, dalla terapia domiciliare a quella intensiva;
4) si rileva nel nostro Paese ancora l’assenza di una programmazione della medicina del territorio con indicazioni diagnostiche e terapeutiche per affrontare il Covid-19, così come di un preciso protocollo di prevenzione per evitare i contagi specie in ambiente sanitario, nel quale non risulta ancora la possibilità di usufruire di una adeguata disponibilità di DPI. Si evidenzia inoltre la disomogeneneità della gestione dei casi asintomatici che risultano positivi al Covid-19 o alla sierologia;
5) ci si trova d’altra parte dinanzi ad una proposta di vaccinazione anti-influenzale di massa senza un adeguato supporto scientifico della sua efficacia per il Covid-19 e soprattutto delle possibili reazioni avverse;
Per sintetizzare la situazione ad oggi ci troviamo di fronte ad una mancanza di una strategia comune in Italia ma anche nel resto del mondo, sia a livello di ricerca scientifica che di misure di contenimento sociale. Quello che invece non è mancato – e prosegue ancora oggi quando i contagi sono drasticamente diminuiti evidenziando, come notato da diversi ricercatori, un ‘indebolimento’ o un ‘adattamento all’uomo’ del virus – è il vero e proprio terrorismo mediatico tendente ad amplificare ogni singolo caso – anche nella cosiddetta “Fase 2” – senza peraltro fornire elementi che giustifichino tali allarmismi.
L’informazione scientifica totalmente drogata – il caso Lancet/OMS è stato emblematico – rimanda al di là di ogni ragionevole dubbio agli enormi interessi economici che si concentrano sulla produzione e distribuzione di un vaccino a tutta la popolazione mondiale. La falsa informazione sulla dannosità della idrossiclorochina, infatti, pubblicata dalla rivista Lancet e confermata dal WHO (OMS) e dal nostro ISS – salvo poi essere smascherata costringendo sia la rivista che l’OMS ad un brusco dietrofront – ha rappresentato un caso decisamente eclatante nella storia delle riviste scientifiche di riferimento ed ha dimostrato che non ci si può fidare delle pubblicazioni scientifiche e tanto meno delle istituzioni preposte alla salute pubblica.
A fronte di quanto sopra accennato a nostro avviso tre sono i nodi principali che vanno affrontati oggi con la massima urgenza dagli organismi competenti:
1) il problema della libertà di scelta terapeutica
Il principio della libertà di scelta terapeutica, sancito dall’art. 32 della Costituzione, non è negoziabile e non può essere stralciato con il pretesto di stati di emergenza reali o fittizi. Il Centro di Gravità si impegna a difendere con tutte le proprie energie questo diritto irrinunciabile.
2) la folle politica di distanziamento sociale nella scuola
Con le lezioni scolastiche che riprenderanno a settembre si sta pianificando un vero e proprio assalto all’umanità dei nostri figli. È assolutamente criminale il progetto di distanziamento sociale tra gli studenti o l’uso di mascherine in classe. I danni – anche a lungo termine nel corso successivo della vita – di tali misure sono al di là di ogni possibile immaginazione. Dato che non vi sono, ad oggi, studi che dimostrino con certezza che bambini abbiano contratto nella Fase 1 la malattia a scuola e che abbiano portato il contagio a casa, la via dovrebbe essere quella di fare dei controlli su fondato sospetto e chiedere alle famiglie di non mandare il bambino a scuola se non sta bene. Indispensabili, a tal fine, presidi medici sul territorio, scuole e luoghi di lavoro per la prevenzione.
3) una visione più ampia dell’approccio terapeutico
Pochissima importanza è stata data, infine, dai media e dai cosiddetti “esperti” al potenziamento dell’immunità innata con la prevenzione grazie alla dieta e allo stile di vita ma anche ad integratori su cui esistono delle evidenze scientifiche, in primis la vitamina D. A questo proposito bisogna anche ricordare che andrebbe stimolato un atteggiamento interiore improntato a calma e coraggio per difendersi dal bombardamento mediatico che ha imperversato in questi mesi. La dimensione spirituale dell’uomo non andrebbe sottovalutata a dispetto di un certo mondo di interessi economici che oggi si è impossessato di scienza e politica.
Per concludere, il Covid-19 è una malattia che dobbiamo imparare a conoscere meglio, una malattia molto meno grave di tante altre ma da gestire in maniera valida. Sarebbe pertanto opportuno che i medici ricevessero regolarmente degli aggiornamenti tecnici sulla situazione, così come la popolazione. Per questo motivo si ritiene utile costituire un gruppo di esperti indipendenti da affiancare a quelli scelti dal Governo. Tale gruppo si impegnerà a trasmettere al Governo i risultati delle proprie ricerche indipendenti anche mediante la creazione di un sito web, al quale sia i medici che i cittadini potranno liberamente attingere.