APPROFONDIMENTI: Legge sull’omofobia. Vediamo cose che fanno parlare le pietre

 

APPROFONDIMENTI: Legge sull’omofobia. Vediamo cose che fanno parlare le pietre

Cosa veredes, amigo Sancho, que haran fablar las piedras. Vedrai cose, amico Sancho, che faranno parlare le pietre, è un detto spagnolo fatto risalire a Don Chisciotte. Si tratta in verità di un apocrifo: nell’opera di Cervantes, il Cavaliere dalla Triste figura non pronuncia quella frase. Se tornasse in vita, presumiamo, gli sgorgherebbe dalla labbra osservando quel che è diventata l’Europa e l’intera civilizzazione occidentale.  Gli esempi non mancano davvero: ne faremo oggetto di ulteriori interventi. In questa occasione, ci preme levare la nostra voce contro il disgustoso disegno di legge sulla cosiddetta “omotransfobia “, che minaccia di rendere reati penali le opinioni negative nei confronti dell’omosessualità e della transessualità, punite con pesanti pene detentive e persino con il contrappasso dantesco, tipo lavorare gratis per associazioni LGBT.

Pensare, giudicare, distinguere con le categorie della legge naturale e dei criteri adottati da millenni in ogni società umana, diventa odio. La punizione per chi odia – solo alcune cose, esclusivamente in determinate direzioni – è il carcere, la rovina. Siamo tornati all’aborrito Stato etico che decide ciò che è buono e ciò che non lo è. Unica differenza con il passato: il capovolgimento perfetto. Quel che era giusto, adesso è sbagliato, il male di ieri diventa il bene della post modernità.  Si resta sgomenti dinanzi ad affermazioni come quelle rilasciate al Manifesto da Giulia Locatelli, giudice torinese dirigente di Magistratura Democratica, la corrente di ultrasinistra delle toghe organizzate. Con notevole franchezza, sostiene che “ogni norma che prevede che un comportamento sia un reato è per certi versi pedagogica” e che, alla base della proposta di legge sull’omofobia, “non c’è una cultura della punizione, ma dell’inclusività”.

Voce dal sen fuggita, probabilmente, poiché la Locatelli rivela una verità che sbigottisce: la legge è “pedagogica”. Le parole sono pietre- pietre che parlano! – e allora andiamo all’origine. La pedagogia – citiamo l’Enciclopedia Italiana Treccani – è la “disciplina che studia i problemi relativi all’educazione e alla formazione dell’uomo, allo scopo di indicare i principî, i metodi, i sistemi su cui modellare la concreta prassi educativa”. Ecco il punto: la nuova pedagogia intende modellare il cervello delle generazioni negando la realtà sino a colpirla come reato penale. Nello specifico, affermando che il giudizio negativo sull’ omosessualità e la transessualità, con il corollario dell’ideologia “gender” e sull’ asserzione che essere uomo o donna è una scelta soggettiva e il cosiddetto “orientamento sessuale “è un fatto revocabile e provvisorio, va considerato non un convincimento magari errato, ma lecito, bensì un delitto il cui movente è l’odio.

E’ già impressionante doversi difendere dall’accusa di albergare un sentimento, e che a qualcuno rivestito di toga venga attribuito il potere di stabilire se un comportamento, una frase, un atteggiamento sia determinato da odio. Se poi da quel giudizio dipende la mia libertà personale, il mio stesso ruolo nel mondo, il timore si trasforma in terrore. Se il giudizio sarà affidato a chi la pensa come la dottoressa Locatelli, la mia sorte è segnata. Per motivi pedagogici, ovvero diffondere, proteggere o ristabilire le idee a cui ci si deve conformare obbligatoriamente, la condanna è già scritta. Al danno si aggiunge la beffa, poiché la legge non sarebbe animata da vendetta o castigo (“la cultura della punizione”), ma dal nobile principio dell’“inclusività”. Qui il rovesciamento, il bispensiero, è impressionante. Condannare a dure pene detentive per il delitto di odio nei confronti dell’omotransfobia, è un gesto “inclusivo”. Escludere dal consesso civile, scaraventare tra le sbarre per delitto di pensiero (libero pensiero e odio si avvicinano fino a sovrapporsi, nel gaio Occidente terminale) è “includere”: il mondo invertito.

Torna il Ministero della Verità di orwelliana memoria. Il proibizionismo delle idee si estende a dismisura, ma in nome dell’”inclusione”. Non ci risulta che esista una discriminazione per legge in base alle preferenze sessuali; è, oltretutto, proibito dal principio costituzionale di uguaglianza proclamato dall’articolo 3 della Carta. Un avvocato ripeteva spesso che non serve a nulla avere ragione, se nessuno te la riconosce. L’articolo 21 è carta straccia come tanti altri: “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Aria fritta se leggi ordinarie non solo derogano il principio, ma lo capovolgono. L ‘unico “mezzo di diffusione” da vietare è la violenza. Per l’eventualità di ingiurie o menzogne a carico di individui o categorie esistono già – giustamente – norme specifiche.

Un maestro, Giano Accame, diceva che per capire chi comanda, basta riconoscere di chi e di che cosa “non si può dir male”. Lasciamo al lettore il penoso esercizio di elencare i soggetti che è impossibile- di fatto o per legge –  criticare. Naturalmente, è altrettanto vietato dubitare di vivere in un regime libero e democratico. Evitiamo di discutere del reato anacronistico di vilipendio, di anticaglie come la legge Scelba sui rigurgiti del fascismo e della legge Mancino che proibisce la discriminazione, ovvero impedisce, a parte gli indifendibili insulti, di distinguere, esercitare il libero arbitrio, il giudizio critico che differenzia la persona umana dagli altri viventi.

Vediamo cose che tolgono la favella. Nel caso dell’omotransfobia, è proibito esprimere la convinzione che “maschio e femmina li creò “(Genesi), che il matrimonio (“dono della madre”) attiene al rapporto naturale uomo-donna, (anzi è vietato chiamare “naturale” quella relazione) che l’omosessualità è sì un orientamento sessuale libero tra adulti consenzienti, ma non un orgoglio o un modello sociale. Tutto ciò è “odio”: guai se lo venisse a sapere la dottoressa Locatelli. L’analisi dei codici giuridici racconta di una società, dei suoi valori e dei suoi tabù quanto lo studio della storia. Le pene previste dal ddl anti omofobo sono pesantissime, paragonabili e talora superiori a quelle relative a reati di violenza o di pericolo sociale, quali il furto, la truffa, la rapina. La stessa vita umana – nei casi di omicidio colposo – vale poco più del “delitto di odio “omofobo o transfobico. Questa è la dura realtà: la coscienza si ribella, il popolo manipolato no. 

Nelle ultime settimane assistiamo con piacere misto a sorpresa al lento risveglio di parte della Chiesa italiana. Alcuni vescovi hanno acquisito consapevolezza dei gravissimi rischi del disegno di legge Zan-Scalfarotto in termini di libertà e – sotto il profilo culturale ed ecclesiale- della negazione del principio di realtà. Non stiamo penetrando soltanto nel campo minato dei reati d’opinione, che si sa dove cominciano e a quali vergogne conducano, ma di riconoscere un’ideologia totalitaria alimentata da uno schiacciante potere culturale e mediatico. Citiamo con gioia un giovane vescovo, Corrado Sanguineti, titolare della diocesi di Pavia, che riconosce senza mezze parole “lo scontro in atto tra due visioni opposte della vita e dell’uomo “, in cui la cultura dominante rigetta “il mistero della creazione “, portando a una “disarticolazione dell’umano”.

Restiamo liberi è il titolo di un’interessante intervista, rilanciata da diversi siti, cattolici e non. Infine, Sanguineti non proclama nessuna crociata né si abbandona ad affermazioni azzardate, ma a stupire è ormai anche il pacato buon senso del monsignore, tanto diverso dalle acrobazie verbali di troppi suoi confratelli. “Mi pare che le urgenze degli italiani siano altre. Desta qualche sospetto questa fretta, incluso il tentativo di approvare la legge in piena estate. Abbiamo il recente esempio della legge sulle unioni omosessuali, che ci era stata presentata come urgente: eppure, da quando è entrata in vigore, le coppie che hanno chiesto il riconoscimento legale sono numericamente molto contenute. L’impressione è che si tratti di una bandiera politico-culturale piantata da lobby che agiscono in Italia e in tutto l’Occidente.” Vorremmo ascoltare più spesso tali argomenti in bocca alla politica. L’’ambiguità di Forza Italia non stupisce: si tratta di un partito disinteressato ai temi etici e a quelli “societari”. Contano solo gli affari: business, as usual. 

Sanguineti addita la cattiva fede di chi dichiara di sanzionare forme odiose di discriminazione, ma crea reati d’opinione che stroncano la libertà di espressione di chi esprime diversità culturale e distinta valutazione morale. Ancor più grave è proclamare di voler proteggere alcuni dalla discriminazione, ma nei fatti obbligare per legge a una visione della sessualità che considera come normale la separazione tra il sesso biologico e il genere “percepito”, saltando il principio di realtà.

Interessante è la distinzione operata da Sanguineti tra “discriminare “e “distinguere”. “Non posso dire che sono la stessa cosa una coppia uomo-donna aperta alla vita e una coppia omosessuale che non ha né l’aspetto della differenza sessuale né, quindi, dell’apertura alla vita. Dire che queste sono due realtà diverse non è un’offesa, è semplicemente la verità. Anche l’espressione “matrimonio omosessuale” è un assurdo come concetto, perché “matrimonio” viene da matris  munus, il compito della madre legato alla generazione della vita.

In una società che si dice pluralista, è paradossale che una persona, una famiglia o una comunità religiosa non possano esprimere la propria visione antropologica. Prosegue Sanguineti: “Due genitori trasmettono ai figli un certo sguardo sulla realtà e perciò anche una valutazione morale degli atti. Noi non possiamo giudicare le persone, nel senso che la coscienza e il cuore li giudica solo Dio, ma gli atti li possiamo giudicare. Un genitore che non giudicasse gli atti di suo figlio non lo aiuterebbe a riconoscere nessun significato o verità. Così facendo, lascerebbe il figlio in balìa della mentalità dominante, del potere che – con i tanti mezzi che ha – di fatto giudica eccome, ti comunica la sua visione. “

La libertà invocata dal mondo è “disporre di sé in maniera assoluta, senza nessun riferimento, come se io fossi il creatore di me stesso. La Chiesa insegna invece che la libertà non può essere vissuta senza la verità. (…) Sant’ Agostino parlava della libertas maior e della libertas minor. La libertas minor è il mero libero arbitrio, la scelta; la libertas maior è invece la capacità d’adesione al bene e al vero, che rende autenticamente compiuto e libero l’uomo. Una libertà pensata senza nessun riferimento alla verità può diventare distruttiva e autodistruttiva, può dare adito a una forma di sottile totalitarismo, alimentata da chi di fatto tiene in mano le redini del vivere sociale, il potere culturale-massmediatico, che è il grande potere dei nostri tempi. “

Non eravamo più abituati a chi segue il precetto evangelico “sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. (Matteo, 5,37).  Il riferimento al maligno rammenta le polemiche montate contro don Calogero D’Ugo, il quale, a proposito del ddl Zan Scalfarotto, ha ricordato che è in atto “una battaglia tra Dio e Satana.” Un altro vescovo, mons. Suetta, aveva spiegato che la ragione profonda della legge sta nell’attacco diabolico alla famiglia.

Sanguineti non si è sottratto al giudizio. Per lui, al di là della consapevolezza dei difensori della legge Zan-Scalfarotto, è evidente lo scontro in atto tra due visioni opposte della vita e dell’uomo. San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e lo stesso Bergoglio sono intervenuti più volte su questi temi, ripetendo che si attenta al mistero della Creazione. Siamo a un bivio antropologico, perché ci troviamo di fronte a un’ideologia che porta a una disarticolazione dell’umano. Oggi non è in gioco l’omosessualità, ma che cos’è l’uomo, la donna, cos’è il legame, la famiglia, che cos’è il generare, avere un figlio. Ci sono evidenze che vengono negate. Come riconosce implicitamente la stessa Locatelli, sorge un drammatico rischio pedagogico, legato ai più giovani, ai bambini che crescono in un clima ideologico avvelenato. Viene alterata la struttura naturale in cui nasciamo e cresciamo. Sanguineti ribadisce che la posta in palio “non è semplicemente una lotta Chiesa-mondo, ma tra una visione libertaria in cui l’uomo vuole ricrearsi da sé, farsi Dio, e una visione che accetta la Parola di Dio, dunque l’ordine del Creato. È strano, come ha notato spesso Benedetto XVI, che in questo tempo – in cui c’è un culto che quasi divinizza la natura – l’unico ambito in cui la natura viene negata o considerata superabile è quello dell’uomo e della donna, l’ambito umano.”

Facciamo nostre le parole del vescovo, ma rivolgiamo un appello alle persone di buona volontà che non condividono la nostra visione della vita e non hanno la grazia della fede religiosa. La libertà non si perde mai tutta insieme. Il proibizionismo aggressivo della nuova teocrazia progressista – teocrazia in quanto avanza la pretesa di possedere la verità ultima – è la minaccia più grave alla libertà, al pensiero critico, allo Stato di diritto. Si ha – sempre e comunque – il diritto di esprimere convinzioni, enunciare principi, cercare di organizzare la comunità attorno a valori condivisi. La forma post moderna dello Stato etico capovolto è falsa, menzognera, dispotica, totalitaria. Se davvero, amici provenienti dalle culture socialiste, liberali e libertarie avete a cuore la libertà, non potete che lottare contro ogni sua limitazione per via legale. Il ddl Zan Scalfarotto è un obbrobrio giuridico e un’intollerabile forma di verità imposta.

Per una volta, date retta alla citazione – apocrifa come quella di Cervantes riportata all’inizio, di un vostro venerato maestro, Voltaire: non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.

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