Novembre 2019 sul sito de “Il Corriere.it”, vengono pubblicati i risultati di un sondaggio sulle canzoni più belle del primo decennio degli “anni 10”, vince «Eh…già», ed incorona Vasco Rossi, come re del rock. Considerato uno dei maggiori esponenti nella storia del rock italiano, ha pubblicato nella sua carriera iniziata nel 1977 ben 33 album, si è esibito in circa 800 concerti, e detiene il record mondiale di spettatori paganti in un singolo concerto (226.000 al Modena Park 2017). La rivista Rolling Stone lo ha inserito al quinto posto nella classifica dei migliori artisti italiani di tutti i tempi. Gli viene riconosciuto il merito di essere stato protagonista di una rivoluzione musicale contraddistinta da connotati sociali e relazionali, stravolgendo il panorama musicale italiano.
Negli anni ottanta, per via dello stile di vita sregolato caratterizzato da droghe, alcol e belle donne, ha incarnato la santa trinità dell’edonismo, “SESSO, DROGA E ROCK’N’ROLL” che sono alla base di una delle formule linguistiche più usate nell’attuale panorama musicale. L’uso di questa espressione viene fatto risalire al 1969, sulle pagine del magazine LIFE, che in riferimento ai movimenti di contestazione giovanile dell’epoca scriveva: “La controcultura ha i suoi sacramenti nel sesso, nella droga e nel rock”. L’espressione è decollata però in era Punk, nel 1977, quando Ian Dury ha pubblicato il brano dall’omonimo titolo. In realtà pare si tratti di un’iterazione dell’espressione inglese “wine, woman and song”, a sua volta derivata dal motto latino “Haec perdunt hominem: vinum, femina, tesserae” (Bacco tabacco e venere riducono l’uomo in cenere). Nel testo “Eh..già”, il ritornello fa: “eh già/sembrava la fine del mondo/ma sono ancora qua/ci vuole abilità”. Ce ne vuole propria tanta, per passare da reietto in evidente stato di ebrezza sul palco di San Remo negli anni 80, ad addomesticato cantore del politicamente corretto.
Di questi giorni i video del “Re del Rock” assieme al tecnico del suono Nicola Vernieri al lavoro nel suo studio a Bologna – l’Open Digital Studio, con tanto di mascherina e gel igienizzante. Nel video Vasco dichiara: “Eccoci a lavorare in sala di registrazione, ai tempi del coronavirus”, poi commenta ironico: “Siamo (..) pronti a ripartire appena ci danno delle regole certe e precise. Possiamo cantare anche con mascherine”. Vasco è l’ultimo acquisto dei pretoriani della dittatura sanitaria, che si accoda docile a tutti gli altri “artisti” dell’“#iorestoacasa” che cantavano dai balconi dei loro lussuosi appartamenti durante il Lokdown, J Ax, Fiorello, Chiara Ferragni, Ligabue, Tiziano Ferro, Paola Turci, Amadeus, Mara Venier etc. Jovanotti Invitato nel 2019 all’annuale riunione del gruppo Bilderberg, per intercessione di Lilli Gruber, che ha ammesso candidamente di aver partecipato a riunioni della Trilateral e dello steering committee, invitava i ragazzi a stare a casa ed ascoltare gli esperti. Chiara ferragni twittava: “Non facciamo cose stupide in questo periodo, sacrifichiamoci un attimo. Se ci affidiamo alle precauzioni che ci sono state date (..) questa epidemia avrà una vita molto più breve.”. Invece l’epidemia propedeutica alla sopravvivenza del governo, pare sia ancora qui, o almeno fanno tutto per farcelo pensare, la nuova impennata del contagio, dovuta all’aumento dei tamponi, ha portato alla chiusura delle discoteche, con la definitiva distruzione di un intero indotto economico, tutto lo stivale è sotto l’occupazione militare delle forze dell’ordine, che minacciano, ed a volte arrestano chi non indossa la mascherina, e di migliaia di Kapò che denunciano il vicino di casa o il turista distratto.
I “disubbidienti” sono trattati come untori, percepiti come gli Indiani, che minacciano alla sicurezza al fortino dei film spaghetti Western, del resto Vasco nell’album del 1979 non siamo mica gli Americani, si lamentava di non poter “Sparare agli Indiani”. La mascherina da presidio di sicurezza, si è trasformata nell’oggetto Totem del Nuovo Ordine Pandemico. Tra i provvedimenti di cui si parla in questi giorni, l’obbligo delle mascherine per tutti gli alunni delle scuole, una presa di posizione che lascia molto perplessi, ad esempio, il governo belga, il 2 giugno ha riaperto le scuole materne, l’8 quelle elementari, ritenendo inesistente il rischio di contagio per i più giovani. L’esecutivo federale di Bruxelles ha inviato una circolare a tutte le scuole ed ha stabilito che per i bambini non saranno necessarie né maschere né tanto meno alcun tipo di distanziamento. Quello che viene richiesto è di arieggiare spesso le classi e far lavare con regolarità le mani ai bambini. La stessa OMS segnala alcuni rischi potenziali relativi all’uso della mascherina, come il rischio di autocontaminazione, che può avvenire toccando mascherine contaminate. C’è il rischio concreto, quindi, che la mascherina, da presidio di sicurezza, si trasformi in pericoloso veicolo di contagio. Quando si espira si emette del vapore che bagna la mascherina, con la possibilità che diventi ricettacolo di virus, batteri, funghi, parassiti, lì concentrati a diretto contatto con le vie aeree.
In uno studio pubblicato sul Repository di Epidemiologia e Prevenzione, il dottor Alberto Donzelli, specialista in igiene e medicina preventiva, evidenzia che “..in soggetti infetti inconsapevoli, in cui l’emissione di virus è massima nei due giorni precedenti ai sintomi, la mascherina obbliga a un continuo ricircolo respiratorio dei propri virus, con il concreto rischio di spingere in profondità negli alveoli una carica virale elevata, che poteva essere tranquillamente sconfitta dalle difese immunitarie se avesse impattato solo con le vie respiratorie superiori”. La mascherina insistentemente imposta a grandi e piccoli ha un valore fortemente simbolico, chi la indossa è accettato e può far parte del sistema, chi non la indossa, è un rivoluzionario, un reazionario, quindi il nemico. La mascherina è diventata il contrassegno del conformismo. Viene indossata non tanto per la sua funzione ma in quanto simbolo di “appartenenza”, una museruola che ci chiude la bocca, e tende a renderci inidentificabili, omologati, tutti perfettamente identici.
Nel 1979, mentre Vasco sognava di sparare agli Indiani, esce nei negozi di dischi l’undicesimo album in studio del gruppo musicale britannico Pink Floyd, The Wall, un’opera rock incentrata sulla storia di una rockstar di nome Pink che, a causa di una serie di traumi arriva a costruirsi metaforicamente un muro per isolarsi dal resto del mondo, Alan Parker tre anni dopo ne ricaverà l’omonimo Film, dove si vedono degli studenti, perfettamente “Integrati” che indossando una maschera si avviano verso un tritacarne. E mentre un artista come John Waters si scaglia contro Israele, Stati uniti, finanza, e “fabbricanti di consenso”, in Italia i giullari del sistema lo legittimano travestendosi da antagonisti. Il “Sistema” non ti regala niente, di artisti come Vasco, e più di Vasco ce ne sono a decine, Artisti che, malgrado l’impegno e la volontà che ci mettono, non riescono a sfondare. Perché? Perché i vari di Vasco, Jovanotti, ferro, Ligabue hanno accettato il patto con il sistema, il famoso patto col Diavolo di Faustiana memoria, e lo stesso discorso vale per i beniamini della TV, dello spettacolo e della politica. Se entri, o meglio, se ti fanno entrare nel “Sistema” è soltanto perché gli servi. Avrai si successo, denaro, sesso, piaceri… ma non avrai più alcuna possibilità decisionale ne libera espressione, pena la fine della tua apparenza e di tutto ciò che ti era stato elargito.
Nick Cave in una recente intervista definisce il politicamente corretto “la religione più infelice del mondo”. Vasco Rossi posta su Instagram delle storie in cui inveisce contro “terrapiattisti” e “negazionisti”. Un anno fa Gianluigi Paragone ancora dentro al movimento 5 stelle aveva postato sul suo profilo Facebook un duro attacco al voto sulla piattaforma Rousseau, con in sottofondo la musica di c’è chi dice no, di Vasco Rossi. A poche ore dalla dichiarazione web di Paragone, il cantante ha pensato di controbattere con un post su Instagram. Il Blasco non ha apprezzato la citazione e pare essersi stizzito alla visione del video del Senatore. Sul suo profilo social, infatti, ha scritto che i politici devono stare lontani dalle sue canzoni e che (..) non vuole assolutamente che si pensi che sia d’accordo con le opinioni di Paragone.
In Italia pochissimi rappresentanti del mondo dello spettacolo hanno avuto l’ardire di posizionarsi fuori dal Sistema, penso a Renato Zero, che nel 2016 dal palco di un Sanremo “LBGT friendly” si schierò dalla parte della famiglia tradizionale e definì un certo mondo “Alieno”. “Ringrazio spesso la diffidenza di molti di voi, in tanti pensavano che gli alieni venissero da fuori e invece sono in mezzo a noi.”. Povia, cancellato da tutti i palinsesti per i testi delle sue canzoni, l’eterno Ruggeri, mai prono al potere, Battiato, ed ultimo in ordine di tempo Andrea Bocelli, che nel suo intervento durante il convegno “Covid-19 in Italia, tra informazione, scienza e diritti”, tenutosi in Senato, ha ammesso: Durante il lockdown «mi sono sentito umiliato e offeso, nel momento in cui mi sono sentito privare della libertà di uscire di casa, senza aver commesso crimine alcuno». Bocelli ha ammesso anche di aver «disubbidito volontariamente a questo divieto», perché non gli sembrava giusto e salutare rimanere in casa. Il cantante ha poi attaccato la decisione del governo di chiudere le scuole, ed ha lanciato un appello perché vengano al più presto riaperti gli istituti scolastici senza mascherine ne distanziamenti.
Il “Re del Rock” si mostra “nudo” ai suoi fan, mi torna in mente l’incipit, di un mio concittadino, lui sì “trasgressivo”, ad un suo romanzetto pubblicato per l’editore Paggi in quel di Firenze nel 1883, “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino”. C’era una volta…— Un re! — diranno subito i miei piccoli lettori. – No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta (..)