La libertà di blasfemia è la morte dell’Occidente
“In Francia c’è libertà di blasfemia”, ha ammesso candidamente Macron nel suo incontro con la stampa a Beirut, alla vigilia dell’avvio del processo per la strage che il 7 gennaio 2015 decimò la redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo. Per onorare le vittime di quel massacro – il quale rappresenta la negazione stessa degli insegnamenti dell’Islam, e che peraltro fu duramente condannato dalle massime autorità islamiche − i loro attuali colleghi hanno pensato bene di riproporre le stesse vignette che furono all’origine di quell’attentato terroristico. Grazie al presidente francese scopriamo dunque che uno dei “valori” europei è la libertà di infangare, deridere e disprezzare simboli e figure venerati da miliardi di persone in tutto il mondo, siano essi musulmani o cristiani (come dimenticare la vignetta nella quale la Santissima Trinità era raffigurata come un’orgia omosessuale?); e che per rendere omaggio ai morti non si riesce a trovare nulla di meglio che pubblicare nuovamente delle vignette stupide quanto volgari.
Ora, ci sembra quasi superfluo ribadire che l’Islam condanna in maniera perentoria qualsiasi uso ingiustificato della violenza, e il ricorso ad essa è consentito − con mezzi giusti e proporzionati all’offesa ricevuta, e quindi aborrendo ogni eccesso − solamente nel caso in cui la propria vita o la religione siano messe a repentaglio. D’altronde sono innumerevoli i passi coranici che potremmo citare a sostegno della nostra affermazione: tra tutti ci basterà ricordare il versetto 32 della sura V, nonché le sure II, 279, VII, 199, e XLI, 34. Chiarito ciò, il punto fondamentale su cui vorremmo riflettere è che le parole di Macron sono in fondo l’emblema stesso della società occidentale nella sua fase terminale. Una società per la quale non esiste più nulla di sacro e di intangibile, il cui unico orizzonte è racchiuso negli angusti limiti dello spazio e del tempo, e per la quale non esiste niente per cui valga la pena vivere o morire. Così nel libero, civile e progredito Occidente si può raffigurare la Vergine Maria mentre dispensa preservativi in una sedicente festa dell’immacolata contraccezione; si può trasformare Cristo in un’icona gay, con tanto di mutandine leopardate; si può deridere il Profeta Muhammad o il Corano, ma se ci si azzarda ad affermare che solo le donne possono partorire, o ci si rivolge ad un transgender con un pronome maschile, nel migliore dei casi si viene tacciati di omofobia, e nel peggiore si viene denunciati. Poiché in Occidente la libertà di parola e di opinione non è concessa a tutti: si può scherzare su Dio, le religioni e i loro simboli − anzi si rivendica un diritto alla blasfemia e alla bestemmia − ma allo stesso tempo vi sono categorie di persone e temi che restano tabù, veri e propri dogmi di quella sorta di neoreligione che è il politicamente corretto. Allora la nostra più che laica è una società che porta avanti una sistematica parodia della spiritualità, e che sostituisce i veri valori − quei valori su cui qualsiasi civiltà a noi conosciuta si è fondata − con dei falsi valori, con qualcosa che ne rappresenta l’estrema negazione e che pure viene elevato a dogma indiscutibile.
No, cari inquisitori progressisti, noi non siamo come voi: per noi esiste qualcosa di sacro ed intangibile, qualcosa che non è nello spazio e nel tempo, e i nostri valori sono eterni poiché eterna è la fonte da cui promanano. Per noi il “diritto” alla blasfemia non è che il simbolo dell’estremo degrado a cui è giunta la nostra pseudociviltà, l’unica ad essere fondata (e mai fondamenta furono più fragili) sul più totale misconoscimento di Dio, la quale sta morendo semplicemente perché ha privato la vita di ogni significato superiore, quel significato senza il quale ogni azione è sterile, ogni pensiero vano, ogni parola muta. Fatevene una ragione: per noi esisterà sempre qualcosa per cui valga la pena vivere, e all’occorrenza morire. “Dì: « O miscredenti! Io non adoro quel che voi adorate e voi non siete adoratori di quel che io adoro. Io non sono adoratore di quel che voi avete adorato e voi non siete adoratori di quel che io adoro: a voi la vostra religione, a me la mia» (Corano, CIX).