L’inizio della fine: il Donmilanismo [2]

   

L’inizio della fine: il Donmilanismo [2]

Altre motivazioni della stesura della celebre opera della Scuola di Barbiana, decisamente alquanto meschine, segnalano in nuce le degenerazioni che ne sarebbero seguite. Se ne trova traccia in alcune lettere scritte da Milani: “i ragazzi di cui le parlai, sono stati duramente bocciati anche quest’anno..Nel frattempo stiamo lavorando già da tre mesi alla vendetta…Stiamo lavorando ad un’importante lettera aperta alla professoressa che bocciò il Biondo e Enrico l’anno scorso. Le bocciature di quest’anno mi hanno rinfocolato la rabbia e penso che verrà fuori un capolavoro…Del resto la Lettera a una professoressa sarà un canto di fede nella scuola e il manifesto del sindacato dei genitori di cui te e Michele sarete un giorno l’anima”. Il sindacato dei genitori ha da tempo ormai, nella scuola italiana, sostituito la famiglia come agenzia educativa e primo sostegno all’autorità del sapere scolastico. I genitori, o meglio la rappresentanza sindacali dei figli, agiscono come un vero sindacato massimalista, cercando di ottimizzare i risultati (la promozione dei figli), minimizzando il tempo di lavoro (lo studio).

Del resto, quando si è animati, come il buon sacerdote di Barbiana, dall’ “odio”, dalla “vendetta” e dalla “rabbia”, l’oggetto di tanto livore non può che caricarsi di tutte le nefandezze possibili e soprattutto immaginabili, cosicché non vi è rimedio possibile se non la distruzione di una tale sentina di mali. Esattamente quello che è avvenuto. La rabbia e la vendetta portano don Milani a confondere il bersaglio, che viene centrato, a torto, sulla famosa, quanto anonima, professoressa. Il libro è infatti pieno di discriminazioni su ciò che deve essere insegnato e ciò che, a dire dell’autore, è da rigettare. Solo che i professori non erano responsabili dei programmi elaborati dal ministero ed avente valore di legge; tantomeno durante degli esami di Stato. Davvero chi dirigeva una scuola, sia pure sui generis, ignorava l’esistenza dei programmi ministeriali?  Il fatto che li ignorasse spiega perché i suoi studenti venivano regolarmente bocciati. Ma se non li ignorava, perché la lettera non è indirizzata all’allora ministro democristiano della Pubblica Istruzione o direttamente al legislatore? Sebastiano Vassalli, in un suo articolo di molti anni fa, avanzava l’ipotesi che se don Milani avesse alzato il tiro contro l’istituzione scolastica e i suoi potentati, l’arcivescovo l’avrebbe costretto a fare le valigie anche da Barbiana e gli avrebbe tolto anche quest’ultimo pulpito. Perciò se la prese con gli insegnanti; un bersaglio facile e molto comune ai borghesi ”rivoluzionari” che si apprestavano a quel Sessantotto che avrebbe seppellito l’autorità sotto una risata.

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