[Nella foto: Beato Angelico, S. Francesco davanti al sultano, Lindenau Museum, Altenburg]
Da studente ricordo che le scuole aprivano il portone col 1 di ottobre, il tempo di poggiare la cartella poi il 4 era la festa di S. Francesco patrono d’Italia, istituita nel 1926 (inteso?) per ricordare i 700 anni dalla morte del Santo. Nel ’77 la legge n. 54 (Governo Andreotti III di solidarietà nazionale), sforbiciò le festività “per la negativa incidenza sulla produttività sia delle aziende che dei pubblici uffici”, capitolò anche il Cantico delle creature, le laudi cedettero all’utile del fare.
Ricorrenza ad hoc comunque per pubblicare la terza fatica di Papa Francesco, “Fratelli tutti”, Enciclica sulla Fraternità e l’Amicizia sociale, dandole per titolo un’espressione presa dal cap. 6 (L’imitazione del Signore) delle Ammonizioni del Santo: “ Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce. E’ lampante che i fratelli vocati dal santo sono i suoi frati così già il titolo dell’enciclica è fuorviante rispetto al contesto dal quale è stato colto, il richiamo a tutti i propri confratelli (perciò interno all’ordine) a seguire l’esempio del buon pastore fin sulla croce, nulla ha a che vedere con una generica chiamata alla fratellanza universale, è una manipolazione furbastra su l’ ermeneutica del testo.
Pro domo mea anche il riferimento alla missione in Egitto di S. Francesco presso il sultano al-Malik al’Kamil nel 1219, tutta zucchero e miele per Bergoglio mentre il Santo disse, tra l’altro, al sovrano”[…] i cristiani agiscono secondo giustizia quando invadono le terre che abitate e combattono contro di voi, perché bestemmiate il nome di Cristo e vi sforzate di distogliere dal suo culto quante più persone possibile. Ma se voi doveste riconoscere, confessare e adorare il Creatore e Redentore, i cristiani vi amerebbero come se stessi” ( da Verba fratris Illuminati socii b. Francisci ad partes Orientis et in conspectu Soldani Aegypti -Codex Vaticanus Ott.lat.n.552).
Francesco andò per convertire (proselitismo!) i musulmani non per cedere di un solo iota al credo islamico, egli non era una mammoletta, dedito a carezzare lupi, cinguettare con gli uccelli, ieratico ecologista, animalista ante litteram, al contrario, era un fiero soldato di Cristo partito al seguito della V crociata per predicare e testimoniare il vangelo con coraggio e risolutezza senza cedimenti ecumenici di sorta, tutt’altro da Bergoglio.
Perché sta qui il punto, Gesù è divenuto pietra d’inciampo per la Chiesa positivista, è scomodo, una collina da spianare, un ostacolo dogmatico da rimuovere, è la Chiesa di Marta “tutto fare”, affaccendata a mettere a posto il mondo, una magna Onlus dimentica del Signore lasciato all’ombra in un angoletto. “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Questo episodio di ospitalità a Betania narrato da Luca segue la parabola del buon Samaritano, riferimento cardine dell’Enciclica pontificia a fondamento di quel nuovo umanesimo universale o universalista già teorizzato da un altro argentino, lo scrittore filosofo Mario Rodrίguez Cobos detto Silo (Mendoza 1938-2010) sul finire degli anni ’60.
Nel 1969 Silo espose le sue riflessioni a Punta de Vacas, villaggio quasi a confine tra Cile ed Argentina, fu il suo primo discorso ufficiale dopo essere sceso dall’eremo montano, bizzarro richiamo alla venuta di Zarathustra dalla montagna giù al mercato per annunciare un nuovo insegnamento all’umanità.
Il discorso di Cobos, pronunciato davanti a circa duecento persone, fu chiamato “The Healing of Suffering” (“La guarigione della sofferenza”), diagnosi meditata sulle cause di essa sia a livello globale che personale e prognosi per guarirne.
Le medicine sono tutte orizzontali come la realtà, la non violenza, il dialogo, la rimozione delle differenze politiche, sociali, religiose, il rispetto delle diversità, l’accoglienza dell’altro in nome di una fratellanza universale. Questo nuovo umanesimo guarirà la mente dell’uomo dalla sofferenza, estirpando il seme della violenza insito nella natura umana; bisogna purificarsi dal desiderio di far prevalere sull’altro le proprie convinzioni, ideologie, potere economico, credi religiosi, supremazia.
Al dolore fisico, dice Cobos, invece penseranno scienza e tecnica, col loro costante progredire vinceranno le battaglie contro infermità e malattie.
In sintesi, come nel vecchio umanesimo, tutto parte dall’uomo, tutto ritorna all’uomo, centro dell’universo, Dio, che nell’Enciclica viene assai poco citato, è una vaga trascendenza trasversale alle varie fedi, una chiamata ai valori dello spirito nel termitaio frenetico del materialismo.
A nostro avviso le riflessioni di Silo trovarono una loro naturale collocazione proprio nel Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune firmato ad Abu Dhabi da papa Francesco con l’Imam Ahmad al-Tayyeb il 4 febbraio 2019 e più volte citato nell’Enciclica.
Il Papa cuce questa fratellanza tra credenti di diversa fede religiosa perché insieme facciano da baluardo al “deterioramento dell’etica, all’indebolimento dei valori spirituali e a una situazione mondiale dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura, dall’individualismo […]”.
Su proprietà privata, impresa, sistemi economici e politici, ecc.. l’Enciclica non dice nulla di nuovo rispetto al Compendio della dottrina sociale della Chiesa curato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, su incarico di Papa Giovanni Paolo II e pubblicato nell’ottobre del 2004. La proprietà privata , anche nei codici, è un diritto secondario rispetto al bene pubblico e tutti, spero, vorremmo una società nella quale la ricchezza venga distribuita equamente, o no?
E’ questa frecciata alla proprietà privata il buco nero dell’Enciclica? Oppure il cocciuto sostegno alle migrazioni terzomondiste? Mmmm.
La novità che cogliamo o la sua conferma è che siamo all’alba di una profonda metamorfosi della religione cattolica, essa si sta trasformando in qualcosa d’altro, con un processo sistematico di nascondimento dottrinale, volto a favorire il dialogo con tutti, somiglia sempre più a una religione laica, sincretica, utopistica, spoglia di ogni Verità evangelica, tranne quelle a uso e consumo di un’ angelicata fratellanza universale, un frullato insipido, senza sale, frutto del relativismo esistenziale, fitta palude della teologia occidentale. La chiesa cattolica è al tramonto per mancanza di credo in quel ”Io sono la via, la verità e la vita” pronunciato da Gesù nel Vangelo di Giovanni.
Certo anche per questa nuova chiesa universale bergogliana, che pure tutto ascolta, tutto comprende, tutto giustifica ed assolve, e che ingolfa il Paradiso da ogni dove, l’ Inferno non è vuoto per eretici sovranisti e populisti.