Le verità di comodo

 

Le verità di comodo

Mai come in questi giorni si è capito quanta falsità, quanta ipocrisia, quante menzogne si annidano nelle parole degli esponenti del governo italiano.

Abbiamo persone che sguazzano nel terrore che instillano negli altri, senza motivo, senza ragioni profonde ma rispondendo ad una regia planetaria di cui anche loro saranno vittime. Ma a loro questo non importa, sono già venduti e quindi schiavi e da chi si rende schiavo per denaro o per una parvenza di potere cosa ci possiamo aspettare?

Il primo argomento, su cui la verità è nascosta e serve solo un po’ di buonsenso per capire dove sta, è quello della pandemia. Uno squallido gioco al massacro che grida vendetta per le assurde prese di posizione dei decreti del presidente del consiglio. Regolamentare la vita in casa dei cittadini è quanto di più aberrante si possa pensare, perché viola le più elementari libertà di una persona; ma nessuno lo dice. Imporre la mascherina-museruola, con la scusa di preservare le persone, e aumentare le multe per gli inosservanti, ben sapendo che, non solo non serve a nulla, ma, anzi, è nociva per chi la usa per più tempo, in particolare se cardiopatico o affetto da disturbi respiratori, è un chiaro attentato alla salute delle persone; ma nessuna fonte, da loro definita “autorevole”, lo dice. Fare ogni giorno il bollettino dei contagiati trovati, nella quasi totalità asintomatici (ma non viene detto), quando si sa benissimo che, per calcoli statistici in loro possesso, vi sono oltre 7 milioni di Italiani portatori sani, e che, quindi, quanti più tamponi si fanno tanti più contagiati verranno trovati, è una forma di terrorismo nuovo che andrebbe perseguito dalla magistratura autonomamente. Tacere di tutte queste cose è veramente infame.

Anzi, chi denuncia queste cose viene subito definito, da tutta la stampa di ogni colore, “complottista” in modo che tutti possano tranquillamente portare il loro contributo affinché il processo di assoggettamento e schiavizzazione sia completato nel più breve tempo possibile.

E’ proprio il concorde atteggiamento di stampa, televisione, politica e alcune categorie di sedicenti scienziati, quasi tutti posizionati dalla politica in posti di prestigio ben pagati, che fa intuire l’esistenza del complotto. Il che non vuol dire che il Covid non esista o non sia esistito, e che non abbia avuto conseguenze pesanti e drammatiche, ma che è stato strumentalizzato. Basti ricordare che a fine agosto, in occasione dell’inizio della sperimentazione del vaccino italiano anti covid, il prof Vaia, Direttore Sanitario dell’Istituto Nazionale delle Malattie Infettive “Spallanzani”, ha dovuto ammettere di non poter proseguire la sperimentazione in Italia per mancanza di un numero adeguato di malati.

Altro tema su cui non esiste chiarezza  è il “recovery fund” ovvero i fantomatici soldi che la UE ci dovrebbe prestare. Non si sa se arriveranno, quando arriveranno, a quali condizioni, sotto quali controlli stranieri, come saranno gestiti e, intanto, ci viene presentato come manna dal cielo dei benefattori UE e non ci spiegano perché hanno deciso di impegnarci con una realtà che ci è da sempre ostile e non hanno voluto attivare altre soluzioni che avrebbero reso immediato l’intervento – la tempestività sarebbe stata indispensabile – e avrebbero ricondotto il debito in mani italiane.

E ancora, passando ad un altro tema, il lavoro, sempre la stessa combriccola di politici, giornalisti e mentitori seriali, ci fanno capire che il problema della mancanza di lavoro dipenda dall’assenza di investimenti e quindi dalla mancanza di denari. Infatti aspettano l’arrivo del fantomatico “recovery fund” perché con quei soldi si possono far investimenti e rilanciare l’occupazione.

Ma anche in questo campo mancano le volontà o le intelligenze, o meglio, eseguono sempre le indicazioni di chi vuole vedere l’Italia finita o, nelle migliori delle ipotesi, schiava.

Sanno loro meglio di me che, nella nuova società che ci stanno costruendo,  con la robotizzazione e l’informatizzazione il lavoro è destinato a contrarsi sempre più se non addirittura ad annullarsi. Diventa quindi urgente ed indispensabile una nuova idea e concezione del lavoro; il che comporta la fuoriuscita dallo schema liberista.

Per il liberismo il lavoro è un costo di produzione e, in quanto tale, va tagliato il più possibile, magari utilizzando i soldi del “recovery fund”. Invece in una nuova e diversa concezione della società e dell’economia il lavoro è un elemento fondante per la crescita della famiglia e delle comunità e in quanto tale ha un’utilità sociale che deve rientrare nei parametri economici. Allora accanto al profitto da capitale, deve computarsi il profitto sociale della comunità di riferimento. Solo in questo modo si può pensare a un congruo reddito sociale a chi si dedica alla famiglia, si può valutare anche una drastica riduzione degli orari di lavoro per far lavorare tutti e per utilizzare il tempo libero in attività sociali che creano lavoro per altri.

Affrontare in questo modo i problemi vuol dire amare la propria terra e il proprio popolo, vuol dire rinunciare a venderli e a vendersi, ma soprattutto significa ribellarsi ai padroni di sempre. Costoro non ne sono capaci, sanno solo propinarci verità di comodo, per venderci e renderci sempre più schiavi.

Torna in alto