Di Lorenzo Merlo
Ci stiamo avviando dove basterà un pretesto per trovarsi al punto di non ritorno?
Nella burrasca la barca è messa alla prova e così il suo equipaggio. Scricchiola fino a far pensare al peggio. Strallo, sartie e paterazzo terranno? Cederanno alla furia? Tutti si chiedono. O senza albero andremo alla deriva, naufraghi, in un mare di nere fauci? Avremo almeno la forza per lottare con il più debole di noi per strappargli di mano un brandello di fasciame per stare a galla?
Quest’ultima, una domanda che fino a ieri non avremmo avuto il sentimento per concepire. Fino a ieri la barca non scricchiolava e le sartie cantavano la loro pacifica ballata. Fino a ieri avevamo creduto un futuro simile al passato. Nella sostanza e nei valori. Ma la burrasca ha mandato all’aria i sedimenti sui quali, nonostante tutte le iniquità, di fronte a noi vedevamo terra. Quella della società, dell’identità, della cultura e, tutto compreso, della civiltà. C’era comunque molto da fare e con quello che avevamo l’avremmo fatto. C’era il senso della vita, di se stessi. C’era una bussola che ci avrebbe portato in porto, alla faccia di tutte le deviazioni magnetiche.
Sapevamo anche prima della tempesta come stavano le cose tra l’equipaggio. Antipatie, soprusi, prepotenze, minacce. Ma sentivamo che il destino era comune, che tutti avevano in sé il senso di operare per raggiungere in fondo la medesima terra. Insomma, le diatribe non erano sufficienti a generare gli ammutinamenti che molti, dentro se stessi, ringhiando minacciavano.
Ma ora che siamo al si salvi chi può, tutto è cambiato e, nonostante la peciosa notte, tutto è chiaro. Il SARS-CoV-2/Covid-19, ciò che attraverso la mediazione umano-politico-sanitaria ha messo in essere, non è che una specie di amplificatore della cacofonia sociale preesistente. Che altra sonorità sarebbe mai potuta uscire dall’individualismo, impostore di una vista avida e miope. Del resto, solo una società cariata che, in nome della globalizzazione, ha voluto gettare alle ortiche una cultura comune, non può crescere i suoi componenti e se stessa con i valori dell’evoluzione, ovvero quelli della bellezza, dell’armonia, della forza interiore, necessari alla via per la serenità esistenziale.
Era così anche prima del mondialismo? È sempre stato così? Certo. Ma se prima per mantenere il controllo del popolo bue era sufficiente un giogo affinché credesse fosse quello il suo ruolo, oggi disponiamo di un’estensione di consapevolezze che permetterebbero anche al bovino di prendere coscienza di se stesso, di divenire felino. Infatti, prendere coscienza di qualcosa ha sempre il valore di un cambio di prospettiva.
Dal bollettino meteo non ci sono notizie rassicuranti. La burrasca perdurerà. Al momento siamo solo prossimi all’imbocco del toboga argilloso e sempre più ripido. Chi non procede a testa bassa, concentrato su se stesso, chi si guarda in giro per restare in relazione col mondo, per sentire le vibrazioni d’energia, le sue folate, le sue correnti, lo intravede. E capisce che non ci saranno rami a cui attaccarsi per cercare di fermare se stessi e magari qualcun altro. Vede con chiarezza che là in fondo, dove andremo a finire, tutto brucia.
Là in fondo c’è la battaglia – che sembra fintamente più accettabile che scrivere guerra civile, tasti che bloccano le dita – verso la quale la prima narrazione del SARS-CoV-2/Covid-19, ha preparato il campo. Ha spazzato via il necessario per far esplodere la diffidenza reciproca, per compiere una visione del mondo segnata dall’odio. Con le sue doti ha esponenzializzato vecchi stridori sociali fino alla premessa della loro trasformazione in clangori catastrofici. Una bolgia di terrore e speranza, impreparata ma anche pronta per condirsi di sangue. Un inferno nel quale l’individuo viene meno e con esso la società civile stessa.
Non si tratta di distopia pessimistica, catastrofista. Quantomeno non è questa l’intenzione. La fase successiva, che si è da poco avviata, ha il vaccino come perno. Anche la più avariata sfera di cristallo è in grado di urlarlo a chiare lettere. La battaglia si svilupperà intorno al suo altare. Sulla sua giostra non ci saranno risparmi di forza bianca e nera, di verità e menzogna. Ci si batterà con tutte le armi. Le prime, razionali e scientifiche, non serviranno a nulla: il campo delle emozioni non è contiguo a quello dell’analisi. Seguiranno quelle dogmatiche e autoreferenziali. Ovvero qualcuno si ergerà credendo che il suo titolo e la sua esperienza abbiano valore universale. Ma anche queste si dimostreranno spuntate, almeno per una parte di noi, e dovranno essere presto posate in quanto inutili per mettere d’accordo tutti, per convertire allo scientismo.
Se il governo ritiene il SARS-CoV-2/Covid-19 debellabile definitivamente a mezzo del vaccino di massa critica; se ritiene che il vaccino sia innocuo, che non abbia controindicazioni, che immunizzi e basta, con altissima percentuale; se perciò lo renderà obbligatorio per il bene comune, non avrà alcuna difficoltà a sottoscrivere, contestualmente all’assunzione della vaccinazione da parte del singolo, un documento in cui si ritenga responsabile di eventualità negative per la salute del soggetto stesso. Responsabilità che potrebbero essere quantificate (in 20 milioni di euro?) in caso di morte, danni permanenti, vite stravolte.
Responsabilità che il Potere delle case farmaceutiche produttrici di vaccini è riuscito a eludere, a mezzo di normative a loro favore, in via di promulgazione dall’Unione Europea (SARS-CoV-2 e Covid-19) e dall’Italia (Influenza A). E, non a caso, esistono normative (legge 210/1992 e 238/1997) che prevedono indennizzi e risarcimenti da parte dello Stato per le persone danneggiate dall’assunzione vaccinale.
Diversamente potrebbe fare una pari campagna di informazione sui rischi impliciti nelle vaccinazioni. Potrebbe elencare la ricetta che compone il vaccino inclusi gli elementi normalmente occultati. Potrebbe organizzare un pubblico dibattito tra esperti delle parti avverse. Potrebbe precisare che i non vaccinati non avranno conseguenze di sorta, né trattamenti, accessi, ed altro differenziati rispetto ai vaccinati. Potrebbe così segnare un punto a favore della cosiddetta società civile e smetterla di pensarla bovina.
Sul fronte della comunicazione, al comando degli esperti da un lato e, di quelli che questi chiamano “ciarlatani” dall’altro, si schiereranno i rispettivi popoli. Nel caos della burrasca, che già aveva segnato nel profondo l’equipaggio, senza che nessuno se ne prenda la responsabilità, ci si ritroverà con l’asticella alzata.
E saremo al punto in cui basterà una scintilla.
Ma sarà quello il momento in cui qualcuno si alzerà dalla sedia di regia, soddisfatto del lavoro fatto.
Chi è?
Come chi investe sui morti delle epidemie e fa profitto, c’è qualcuno che prospera sulle guerre, le provoca e riaggiusta i cocci a cose fatte. Così anche in questa occasione dare per scontato che non siano esistite spinte interessate è ingenuo. Ognuno di noi mette in campo spinte interessate, anche nelle relazioni personali. Vuoi che chi più ha potere di uno stato non abbia i titoli per fare il mazziere?