Nel mistero di questo Natale

 

Nel mistero di questo Natale

L’ansia, la rabbia, la tristezza si insinuano nelle menti e nei cuori di coloro che vedono, con un residuo di limpidezza, le forze del male distendersi implacabili fin negli anfratti dell’umana società. Ma occorre di più: occorre la Sapienza per sperimentare la Speranza, per leggere in profondità i “segni dei Tempi” e infine esultare di gioia; occorre la Sapienza per accorgersi che una Luce ancora più intensa di quella che ha visitato la terra duemila anni fa, già ci chiama perché non tarderà a riapparire. Ma per vedere e comprendere bisogna prima farsi umili. Le ombre che si addensano sulle nostre nazioni sono le ombre che già da tempo avevano sepolto le nostre anime. È giunta l’ora di dissipare questo buio pesante e livido.

Nella notte di Betlemme tutto parla di silenzio, di nascondimento, di attesa muta. Cessati i rumori del giorno, lontano dal calore del villaggio, la Sacra Famiglia sosta in una mangiatoia accolta solo dal cielo sconfinato sopra di sé. Ma questo silenzio, questa pace sono “gravidi” del Salvatore. Da cinque secoli oramai le scuole profetiche in Israele avevano cessato di operare; così cinque sono i mesi in cui Elisabetta, la “sterile”, deve restare nascosta fino al giorno in cui Maria facendole visita le trasmetterà lo Spirito che farà sobbalzare il figlio nel suo grembo; e il sesto giorno Dio trasse Adamo dalla terra dove era rimasto nascosto per cinque giorni e gli insufflò lo Spirito; Zaccaria, visitato dall’angelo Gabriele dovrà restare muto sino al giorno della nascita di Giovanni; e Giuseppe infine è custode silenzioso del Verbo incarnato, icona esemplare dell’apofatismo, l’unico a meritare il titolo di Giusto. Nel Tempo che si apre alla pienezza della Rivelazione – ecco la cosiddetta “pienezza dei tempi” – all’apertura dell’ultimo terzo del Kali-Yuga, l’ultima fra le età del mondo, quella oscura, il Liberatore divino discende in forma umana per sollevare a sé non solo l’umanità, ma il cosmo tutto. Il silenzio, il nascondimento della Parola testimoniano come Dio cresca anche dove non si vede: sono i tempi misteriosi della gestazione dello Spirito che alimenta e fortifica la Fede e la Speranza negli uomini.

Oggi si va preparando una nuova e forse più gloriosa gestazione, e anche quest’ultima è preparata dal silenzio e dall’oscurità, caduti in molti, troppi cuori; dal male che pare trionfare a mani basse ovunque; dalla sterilità che impedisce di generare bellezza. Ma se tendiamo l’orecchio, già avvertiamo i tremiti sotterranei che annunciano l’approssimarsi delle doglie. E allora dobbiamo tornare a quella notte di duemila anni fa e vedere come quel silenzio è stato rotto dalla Parola e quel buio si è lasciato squarciare dalla luce-fiamma della cometa che prima ha percorso il cielo per poi fissarsi nell’umile mangiatoia.

L’arcangelo Gabriele appare prima a Zaccaria, poi a Maria e infine ripetutamente a Giuseppe. Dopo il lungo silenzio dei profeti, ecco che il messaggero profetico discende sugli uomini per riaprire la strada all’ascolto della Voce divina. E ai pastori intenti a vegliare il gregge un altro angelo, avvolgendoli con la sua gloria luminosa, si presenta loro dicendo: «Non temete». Il timore deve essere fugato perché una grande gioia ricoprirà tutta la terra. L’angelo è sagoma dell’anima e può e deve intendersi anche come un “sorriso all’alto” (ana ghelos). Non si diceva una volta che i bambini sorridono agli angeli? Chi è puro e semplice vede con chiarezza e perciò gioisce.

Questo riallacciarsi del dialogo con Dio (dià-logos) espresso anche dall’evangelista Giovanni nel suo prologo, ci riporta subito alla figura di Adamo che discorreva con Dio nel Paradiso terrestre. Si faccia bene attenzione a come, dopo il battesimo nel Giordano, Gesù esce dalle acque come un Adamo rinnovato capace di dialogare apertamente con Dio: questo il senso della Grande Voce dal cielo. Egli è dunque “Ies o Us” cioè “Figlio della Grande Voce”, e “Ies ous” cioè “orecchio che ascolta la Grande Voce”’, come sapientemente ci aiuta a leggere Vincenzo Romano. Se poi guardiamo a Giuseppe e Maria notiamo come del primo la genealogia ascende sino a Dio passando per Adamo, mentre la Vergine, icona delle genti, è priva di ogni riferimento genealogico. S. Ireneo dice infatti che «con Maria l’intera storia cosmica compie un rigiro oltre Adamo». Maria, simbolo della nuova umanità, ci riapre dunque le porte del Giardino dove ad attenderci c’è quel misterioso Giardiniere apparso alla Maddalena. Entrambi quindi formeranno con Gesù la Sacra Famiglia di Nazareth, prototipo della Chiesa domestica, del «riconquistato e restaurato Eden in terra». Così allora assumono pregnanza teologica anche i pastori che custodiscono il gregge, come figura dei popoli che custodiscono la Sapienza tramandata sin dalle origini. Evidente l’analogia con i Magi che provengono «dalle origini» (“Apo anatolon” è per l’appunto plurale).

Nel Natale tutto ha il sapore e la sostanza della trasfigurazione, perché «passa infatti la figura di questo mondo», come ricorda San Paolo, già ora, nel presente. Nell’Apocalisse ancora si legge «E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra. Sono coloro che non si sono contaminati con donne». Le “donne” sono appunto le forme di questo mondo. E Matteo sottolinea che «dovunque sarà il cadavere (di questo mondo) là si raduneranno le aquile», il cui occhio non è certo comune, ma simboleggia lo sviluppo dell’occhio interiore. “La torre” dei nostri traguardi sociali e intellettuali ci illudeva di salire a Dio, mentre soltanto dopo averla abbattuta e aver lasciato il silenzio a sovrastarne le macerie, sarà Lui che potrà finalmente discendere. Da qui prorompe la gioia: dallo scoprire e sperimentare che oltrepassando tutte le strutture e le storture dell’attuale società oramai al tramonto, noi diveniamo capaci di “far nascere” il Cristo dentro di noi e così facendo di sacralizzare ogni singola scheggia di materia che veniamo a toccare: perché la visione è sempre operosa, non dimentichiamolo. Accogliamo dunque questo “anno di grazia” in cui nell’apparente silenzio dell’oscurità, la Grande Voce ci sta chiamando con veemenza per prepararci alla Restaurazione finale, ad aprire quell’occhio invisibile e ad alzare lo sguardo in alto, là dove sola può sgorgare ininterrotta la Gioia.

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