Guicciardini, D’Azeglio e gli storni morti
Fu, nel notare come in Francia l’autoritarsmo indotto dalla pandemia avesse fatto scendere in piazza milioni di cittadini incazzati, mentre in Italia si erano sparpagliati nei vicoli, gli osti con gli osti, i sarti coi sarti, gli speziali con gli speziali, implorando con un cero in mano il Governo perché recedesse dalle sue misure liberticide e allentasse i cordoni della borsa per ristorarli, che Francesco Guicciardini si convincesse di appartenere ad un popolo incapace di diventare nazione e di rimanere unito nell’affrontare anche gli esami più facili della Storia. Un altro Francesco, De Sanctis, scrisse di lui e di cosa aveva concluso mettendo a confronto le due situazioni: “tutti gli ideali scompaiono. Ogni vincolo morale, politico, che tiene insieme un popolo, é sparito. Non rimane sulla scena del mondo che l’individuo. Ciascuno per se’, verso e contro tutti”.
Il vero problema di questo Paese é che non perde la minima occasione per esternare la propria vocazione alla dissoluzione e al suicidio. L’Europa – che esso stesso aveva sponsorizzato (Il manifesto di Ventotene, Spinelli e compagnia bella) purchè fosse fatta di genti orgogliose della loro millenaria diversità – lo ha preso e stretto in una specie di abbraccio, le zampe pelose del ragno che cingono una piccola preda. Non c’é forza, di quelle che agiscono puranche in distretti lontani da lei , e quasi invisibili, alle quali non faccia omaggio della sua orribile debolezza, una classe politica che fugge verso Brindisi senza neppure sapere dove sia Brindisi, col rischio che, dopo aver sbagliato strada, sbuchi, barcollando, dalle parti di Caporetto.
Se c’é stato un golpe globale e se esso é stato accompagnato sui fianchi dall’avanzata del Covid 19, é probabile che l’Italia sia stata scelta, per le peculiari caratteristiche della sua progenie politica, come banco di prova delle più turpi sperimentazioni. L’ecatombe di storni nella notte di capodanno a Roma – la replica dello stesso fenomeno, avvenuto otto mesi prima, ma senza che si udisse alcun botto – é poca cosa rispetto al fatto che non nascono più neppure i surrogati di Ungaretti, di Calvino e di Pasolini. La versione del virus precedentemente brevettata per avvelenare i pozzi della nostra cultura popolare é andata molto più in là mettendo la banalità -sacrosanta – delle nozioni condivise sotto il giogo delle mode escogitate dalle elite, sradicando i paletti, invertendo le frecce, così che, senza più punti di riferimento, é stata agevolata la decantazione dei singoli individui verso una morale relativa, una verità relativa, un’esistenza relativa.
L’esempio di come funzioni l’intorpidimento delle coscienze e di come la realtà venga deformata dal ‘lettore’ ideologico é l’abbraccio ai cinesi, ripetuto di continuo, come la nota di un disco rotto, prima che l’epidemia si manifestasse nelle sue dimensioni attuali, e a dispetto di coloro che ne paventavano l’insorgenza. E’ pressoché certo che attraverso questa breccia il virus si sia fatto strada per raggiungere ogni angolo dell’Europa e abbia colpito anche i vignettistidi Hebdo che facevano cadere sghignazzando il loro muco verde su di una pizza, ma questa verità é indicibile, perchè potrebbe far cadere, l’uno dietro l’altro, come birilli, quasi tutti gli ‘ismi’ e gli ‘anti’ di cui é farcita la narrazione del mondo – di quello d’oggi e di quello che verrà – da parte della filiale italiana del NWO.
Due altri episodi, di qualche giorno fa, documentano non la morte delle ideologie, di cui non risulta traccia all’anagrafe, ma la loro trasformazione, in questo caso, da strumento atto ad organizzare la realtà con dei criteri prestabiliti (l’equivalente delle sostanze messe sul tavolo a disposizione dei concorrenti in una gara per chef) in un’altra realtà, già completamente formata, chiavi in mano, prendere o lasciare, che sottentra alla realta’ ‘reale’ e la scaccia come fa la moneta cattiva con quella buona, in ottemperanza alla legge di Thomas Gresham.
Uno degli episodi é l’assassinio di un’imprenditrice etiope, del quale i media fucsia ritengono responsabile l’uomo bianco, geloso dei successi riportati da una persona che appartiene, a suo modo di vedere, ad una razza inferiore, salvo poi a dover collocare i fatti nella gabbia di un altro ‘ismo’, il sessismo, allorché gli investigatori scoprono che la signora etiope é stata uccisa da un ghanese, stanco di dover prendere ordini da lei, una donna. Il fatto che il delitto fosse scaturito dall’inosservanza da parte dell’etiope dell’obbligo di corripondere gli arretrati del salario al ghanese, che era un suo dipendente – il ‘fatto in sé’, che esaurisce al proprio interno tutte le cause e tutti gli effetti possibili, conglobandoli in un prodotto esente da qualunque residuo – sfuma invece nella suggestione onirica, finisce nel ciclone colorato che ruota intorno al mago di Oz, ed é così forte la tendenza a compiere questo scambio – la realtà artificiale al posto di quella vera – che qualche giorno più tardi, quasi in contemporanea, é divampata , con una rumorosa profusione di parole come ‘shock’, ‘scandalo’, ‘mamma mia!’, una polemica sulla risposta data da un deputato della Lega – ‘non conta ciò che gli individui hanno in mezzo alle gambe, ma ciò che hanno in mezzo alle orecchie’ – a chi notava che, dopo l’ultimo rimpasto del Governo regionale in Sicilia, fossero evaporate le cosidette ‘quote rosa’.
La mia personale impressione é che se l’autore della frase, sfuggendo alla tentazione di apparire icastico e arguto, si fosse limitato (si fa per dire) a ricordare Golda Meir, Indira Gandhi, Margaret Thatcher e le tre grazie che oggi incombono sull’Europa, rilevando che non avevano e non hanno preso mai il posto del loro marito, del loro cugino o del loro amante, la polemica – sterile e pretestuosa – avrebbe seguito ugualmente il suo corso, perché lo scopo ultimo del regime fucsia e dei suoi sostenitori a livello internazionale é quello di erigere steccati, di creare divisioni, di porre l’uno contro l’altro armati, gli uomini e le donne, i bianchi e i neri, i neri e i marroni , i miopi e i presbiti, una società pulviscolare, un’immensa scatola di vetro dove girano, incerti su dove andare e immemori delle loro origini, sessanta milioni di atomi focomelici, la parabola (aridaje…) degli storni che si schiantano, silenziosi e a frotte, sulle strade di Roma nella notte di capodanno. Ecco, dunque, l’attualità di Guicciardini. Ma anche D’Azeglio avrebbe qualcosa da dire se potesse svegliarsi e tornare tra noi per una fugace rimpatriata. Direbbe che “l’Italia é sfatta…” e che “…bisogna rifare gli Italiani”.
Dato che é un pò difficile, problemi tecnici sulla linea, mi prendo tutte le responsabilità. Lo dico io per lui.