Lo spunto nasce dal lasciarsi all’oltre di Lawrence Ferlinghetti, ci ha salutati alle 21,45 del 22 febbraio alla tenera età di 101 anni, “la cosa chiamata morte” l’ha ghermito, le sue orme fino al buio del bosco sono state poesie, dipinti, libri, teatro oltre alle celebri edizioni di City Lights, con lui si chiude la zip sul maglione della beat generation, Amen.
Coatti petit bourgeois, anime in Purgatorio da un anno in spasmodica attesa di vaccini di suffragio per tornare a “tutto come prima”, respiriamo a fatica l’aria densa di monossido antidemocratico, siamo rattrappiti negli ego, terrorizzati dai media. in trincea con l’elmetto ffp3, penduli dalla bocche spoetizzanti di esperti Balanzoni mascherati da scienziati, sono loro l’Alto comando, i Cadorna senza Speranza, non illudiamoci, il potere ha sperimentato cum gaudio magno le armi forgiate per il servaggio del gregge, da una tirannia si torna a respirare ossigeno solo con le scintille, chi crede il contrario è un ovino obbediente.
Ferlinghetti che c’entra con questo? L’ultimo soldato della Beat Generation è caduto, almeno due generazioni non sanno chi fosse, al massimo l’hanno orecchiato per associazione a On the road di Jack Kerouac, a Howl di Allen Ginsberg, icone mefitiche di una stagione di ribelli senza pistole, LSD, motociclette, il rock ‘n roll, la libertà sessuale, questi gli strumenti del dissenso contro il Dracula del capitalismo omologante, grimaldelli passivi, pacifismo buddista filtrato a ritmo jazz.
Però fu una rivoluzione senza fionde, molotov, P38 quella che invece l’Europa vivrà sulla sua pelle avvizzita, una rivolta di basette, capelli, jeans, chitarre, viaggi in cannabis, una fuga verso un eden anarchico dove la vita è dio, ieratica contemplazione della natura dentro e fuori di sé, alba in America del tramonto dell’Occidente preconizzato da Oswald Spengler.
La radice della Beat Generation, sia la prima, seppellita nei manicomi o in catene, che la seconda quella del disagio stanco alla James Dean, hanno una profonda radice religiosa, scriveva in proposito Jack Kerouac sulla rivista Esquire: “Anche in questa tarda fase della civiltà in cui i soldi sono l’unica cosa che conta davvero, per tutti, penso si tratti forse della seconda Era Religiosa che Oswald Spengler ha profetizzato per l’Occidente (in America la dimora finale di Faust) […] quando arriva il tramonto della nostra cultura (previsto adesso, secondo gli schemi morfologici di Spengler) e si deposita la polvere della battaglia per la civiltà, ecco che il chiarore del giorno morente rivela di nuovo gli originari interessi, rivela una beata indifferenza alla cose di Cesare, per esempio, una stanchezza di tutto questo, e un desiderio, un rimpianto per il valore trascendente, ovvero “Dio”, di nuovo, “il Paradiso”, il rimpianto spirituale per l’Amore Infinito…”(J. Kerouac, Esquire, Aftermath: The Philosophy of Beat Generation, marzo 1958).
Di qua dall’Oceano sulla caravella d’Europa il folle ripeteva: “Dio è morto! Dio resta morto! E noi l’abbiamo ucciso!” l’autopsia confermava il deicidio, ma l’oltreuomo che è nato sedendosi al suo posto è carne fragile, ingoia bulimico scienza e tecnica senza alzare lo sguardo alle stelle danzanti, si appresta ad ascoltare un nuovo annuncio del folle:”L’uomo è morto!” per esigenze di mercato.
Scrive l’Avvenire sulla morte del poeta: ”Ferlinghetti è il poeta delle antinomie e di un anarchismo religioso eclettico che considera la figura di Gesù e tiene in serbo le massime orientali. La sua lirica è impregnata di un misticismo cosmico, universale (molto simile a quello di Gary Snyder) che penetra nei tessuti dell’essere fino a mostrarne i legami.”
L’anarchismo religioso, appare una contraddizione in termini, ma la Beat Generation è stato un movimento antitetico sia in politica che in religione agganciando il convoglio dell’anarchismo filosofico e cristiano (Tolstoj), un’eresia antica sincretica di istanze sociali, libertarie, pacifiche ancorate nel porto del No! No allo Stato No a qualsiasi autorità che stupri l’uomo nel suo diritto naturale alla libertà.
Chiusura del cerchio nel pantano dell’oggi quando il turbocapitalismo fagocita vite in nome del dio denaro, l’esistenza svuotata dell’oro divino si è confinata nelle triangolo efficacia, efficienza, economia, parto trigemino del sistema finanziario reale, idolo del progressismo digitale con baffetti green. L’urlo deve essere No!anche nelle piccole cose.
C’è una rivoluzione praticabile per il gregge immunizzato dal virus spirituale col vaccino progressista, evadere dal carcere, diventare latitanti del sistema ed in questo viaggio fuori dal tritacarne la motocicletta può essere anche l’anarchismo religioso, politico di quel poeta editore che sapeva guardare a Cristo, al discorso della montagna,, all’aldilà, alla sapienza orientale credendo che la parola e l’arte fossero le armi vincenti per cambiare le coscienze individuali, il mondo, in tempi ove il buio è più fitto fede e cultura possono accendere la luce.
Ferlinghetti è un battello a vapore di quelli che solcavano le acque del Mississipi , certo ha bisogno di rimessaggio per storica revisione ma conserva il fascino di uno scafo che ha viaggiato tanto toccando mille porti, mai rinnegando la rotta della propria meta, spargendo sul fiume adrenalina di libertà, avanti si parte ciascuno col proprio bagaglio tagliando la gomena d’ormeggio al porticciolo sicuro.
Altrimenti restiamocene a lagnarci nel gregge nell’attesa vana di un Godot (Draghi?) o a far carriera trasformandoci in cani da guardia
“Ti dico che è una vita da cani qui
Il mio padrone non tollera cani arroganti
Così cerco di adeguarmi e gli lecco le scarpe di tanto in tanto
proprio come fa ogni
scimmia quando vede un’altra scimmia farlo
e ho una certa posizione qui
sono un Cane da Guardia”.
(Da Il cane nella casa bianca di Lawrence Ferlinghetti)