1934, Giovacchino Forzano (Borgo San Lorenzo 1883 Roma, 1970) regista amico di Benito Mussolini, convince il Duce del bisogno di dotare l’Italia di una città del cinema, su modello Hollywoodiano, 3 anni dopo sarà fondata Cinecittà, ma la prima vera città del cinema, dotata di teatri di posa e di maestranze specializzate nasce a Tirrenia il Toscana, a metà strada fra Pisa e Livorno. Forzano rileva la struttura della Tirrenia Film un complesso di stabilimenti cinematografici costruiti su disegno dell’architetto Antonio Valente. Al progetto viene dato il nome di “Pisorno”, unendo i nomi delle 2 città toscane eternamente rivali, Pisa e Livorno. Forzano reduce dal successo commerciale del Film “Camicia nera” del 1933 dotò Pisorno di nuove professionalità fino ad allora scarsamente rappresentate in Italia, fonici, tecnici del suono, ispettori di produzione, molti dei quali, si trasferirono successivamente negli stabilimenti di Cinecittà. Negli stabilimenti della Pisorno reciteranno tra gli altri: Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Klaus Kinski, Eduardo de filippo, Ugo Tognazzi, e Fred Astaire. Forzano vi diresse i film “Sei bambine e il Perseo” (1939), “Il re d’Inghilterra non paga” (1941), e “Piazza San Sepolcro” (1942). Vi è stato girato anche il primo “cinecomics” italiano “Cenerentola e il signor Bonaventura” diretto nel 1941 da Sergio Tofano, che portò sullo schermo quel “Signor Bonaventura”, esordito nel 1917 sul Corriere dei Piccoli. Durante le riprese la famiglia Forzano viveva spesso a Tirrenia, ed il figlio Giacomo, insieme ad amici era solito fare scherzi, che verranno poi immortalati sul grande schermo nella trilogia di “Amici Miei”, si perchè fra quei ragazzi c’era anche Mario Monicelli. Mario era nato a Roma, ma già dalle scuole medie si era trasferito nella città che lui definiva “il luogo in cui era nata la sua anima” Viareggio. Il Padre Tomaso Monicelli, era stato direttore dell’Avanti, il giovane Mario completò gli studi universitari presso la facoltà di Lettere e filosofia di Pisa. Nel 1934 insieme ad Alberto Mondadori ed Alberto Lattuada, girò il suo primo esperimento cinematografico, il cortometraggio “Cuore rivelatore”, ispirato all’omonima opera di Edgar Allan Poe, il film fu inviato ai Littoriali sperando che venisse proiettato nei Cineguf, all’interno delle strutture dei Gruppi Universitari Fascisti, ma venne bollato come esempio di “cinema paranoico”. L’anno seguente fu collaboratore di Alberto Mondadori nel lungometraggio, “I ragazzi della via Paal”, realizzato nell’ambito del Cineguf milanese. A Venezia alla Mostra per le pellicole a passo ridotto, parallela alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. I ragazzi della via Paal fece guadagnare ai suoi realizzatori il primo premio e l’opportunità di lavorare nella produzione di film professionali. Monicelli fu inviato, a lavorare nella produzione del film “Ballerine” di Gustav Machatý, negli stabilimenti della Pisorno. Subito dopo trovò lavoro, come assistente, nel film di Augusto Genina “Lo squadrone bianco”. Nel 1937 sotto lo pseudonimo di Michele Badiek diresse il suo primo film “Pioggia d’estate”. Nel 1942, venne inviato a Napoli per essere imbarcato per l’Africa, riuscì però a rimandare l’imbarco fine all”8 settembre, quando gettò l’uniforme e scappò a Roma. Verso la fine della guerra gli stabilimenti della Pisorno furono requisiti dalle truppe americane che ne fecero il più grande deposito del Mediterraneo fino al 1948, quando spostarono tutto nella vicina camp darby. Nel 1961 furono poi acquistati da Carlo Ponti e presero il nome di studi Cosmopolitan. L’attività si interrompe definitivamente nel 1969.
Sulla carriera cinematografica del dopoguerra di Monicelli si è scritto molto, è considerato uno dei più celebri registi italiani, nonchè il massimo esponente della commedia all’italiana, che contribuì a rendere nota anche all’estero con film come I soliti ignoti, La grande guerra, L’armata Brancaleone, Amici miei, un borghese piccolo piccolo e “Vogliamo i Colonnelli”, del 1973. Il film presentato in concorso al 26º Festival di Cannes, è una commedia satirica a sfondo fantapolitico che immagina un maldestro colpo di Stato in Italia, con esplicite allusioni ai presunti tentativi di golpe del 1964 e del 1970 e al regime dei colonnelli greci.
La trama, Milano, anni settanta: un ordigno esplosivo fa crollare la Madonnina del duomo scatenando un’ondata di sdegno in tutto il Paese. L’onorevole toscano Giuseppe Tritoni, appartenente al partito “La Grande Destra” che sta perseguendo una politica di inserimento nel sistema, non ci sta, persuaso che il potere vada preso prima della sinistra, si rivolge al generale Bassi-Lega, congedato prematuramente per aver preso parte ad un precedente tentativo di golpe. Il Tritoni lo convince a dargli una lista segreta di ufficiali che si erano detti disponibili a partecipare al complotto. Reclutati i partecipanti, si rivolge all’industriale Irnerio Stainer per il finanziamento dell’impresa. Per convincerlo a sborsare cinquecento milioni di lire lo minaccia di rivelare i retroscena di una fornitura di vecchi apparecchi radio all’esercito, residuati di guerra malfunzionanti venduti a prezzo pieno. I congiurati sono pronti all’azione, le forze stanno convergendo a Roma pronti ad eseguire una serie di arresti programmati. Per le comunicazioni si utilizzano tuttavia gli stessi apparecchi radio residuati bellici forniti da Stainer. A causa del loro funzionamento precario la squadra che doveva essere paracadutata sull’ aereporto finisce in un pollaio di Maccarese, sballando tutti i tempi dell’operazione. Parte la rappresaglia di polizia. I congiurati vengono arrestati, si scopre che il governo sapeva già tutto, e che era stato preparato un contro-colpo di Stato al fine di isolare gli estremismi di destra e di sinistra e di instaurare uno stato di polizia tecnocratico di stampo autoritario. Un anno dopo, Tritoni si trova nello Stato militarista che sognava, ma senza di lui. Il leader del suo ex-partito la Grande Destra sostiene il governo, l’imprenditore Stainer è ministro del lavoro, così come sono ministri alcuni suoi militari.
Monicelli, Fascista prima, Antifascista dopo, ma soprattutto “Toscano” seppur d’adozione, fa incarnare dai suoi personaggi lo spirito guascone dei “Maledetti Toscani” di Curzio Malaparte, l’onorevole Giuseppe Tritoni interpretato da un grande Ugo Tognazzi per me che ho militato nella destra missina e post missina, incarna personaggi reali o quantomeno verosimili, e molti di loro come nel film sono partiti con intenti rivoluzionari e sono finiti a fare i fidi servitori del sistema. Anche in tempi recenti, rivoluzionari destri e sinistri, hanno fatto la fine di “Irnerio Stainer” placati con una poltrona. Quelli di “Mai con Salvini” oggi governano a fianco di quelli di “Mai con Silvio” che governano al fianco di “Mai con quelli di Bibbiano” che governano a fianco di quelli di “Mai con i grillini” che governano al fianco di quelli di “mai con le banche”. L’unica opposizione pare essere quella di Giorgia Meloni, erede de “la grande Destra” del film di Monicelli, che comunque prima di dichiararsi “ostile” al governo Draghi ha aspettato l’ok dell’Aspen Istitute. Il governo in carica sta di fatto instaurando uno stato di polizia tecnocratico di stampo autoritario. Per gestire l’emergenza Covid, pensionato Domenico Arcuri viene scelto un Militare, il generale di Corpo d’Armata, Francesco Paolo Figliuolo, comandante logistico dell’Esercito. Ex Comandante delle Forze NATO in Kosovo, insignito della “NATO Meritorius Service Medal” la massima onorificenza Statunitense. Volevamo i colonnelli? Eccoci accontentati, ci ritroviamo in uno Stato militarista, una dittatura che predica l’uguaglianza, noi continuiamo a sentirci diversi, perchè come Tritoni arringa alle folle di giovani e vecchi camerati “Soltanto i coglioni sono uguali l’uno all’altro, (..) se questa è la democrazia, sapete che vi di(c)o? Moschettieri imbracciate il fucile, artiglieri innescate la miccia (..) e distruggiamola questa democrazia, schiacciamolo questo mostro infame”.