Scuola di Pensiero Forte [108]: l’evoluzione politica della società [3]

 

Scuola di Pensiero Forte [108]: l’evoluzione politica della società [3]

L’evoluzione delle forme politiche prosegue nel Medioevo, lungo tempo di grandi cambiamenti e ridefinizioni delle dottrine politiche. L’interesse per la Città-Stato antica non venne mai meno e dimostrazione di ciò furono i feudi e i comuni, realtà politiche di ridotte dimensioni territoriali ma con un organigramma politico altamente definito ed indipendente; parallelamente è altrettanto vero che prese luogo il regnum, il regno, dato dall’azione unificatrice delle monarchie che tendevano ad avvicinarsi all’unità di un solo sovrano o dominatore, sempre nella direzione di quell’aspirazione all’impero universale già riscontrata nel periodo antico.

Se il primo indirizzo di pensiero concepisce lo Stato come una situazione storicamente delimitata, nel secondo viene dato spazio allo sviluppo delle forme istituzionali in cui lo Stato ormai già esisteva, sì, ma senza un nome adeguato, quel nome che non si limitasse ad indicare la terra o il popolo o il sovrano, bensì che fosse la sintesi di tutti quei fattori, elevandosi ad un’astrazione, la più perfetta fra le forme. Ciò non annulla ovviamente le differenze rilevanti fra lo Stato moderno e lo Stato medievale: l’influenza del concetto di sovranità, preso quale caratteristica inseparabile dello Stato, ha trasformato in dogma quella pretesa per la quale, dentro lo Stato, non si ammette il concorso di altre volontà o forze generatrici di diritto; similmente c’era anche nella concezione medievale, là dove si parlava di diritti dell’Impero, della Chiesa, dei nobili, ecc. A prescindere dalle diverse teorie, è indubbio che nella storia delle istituzioni si riconosca l’esistenza di uno Stato medievale, sia pure entro i c.d. “ambiti di sovranità”, così come si affermarono progressivamente a partire dall’anno 1000, e cioè la sovranità universale dell’imperatore, quella terriera, incentrata sul dominio eminente di un feudatario maggiore, su una molteplicità di feudi sotto la preminenza di signori forniti all’interno di poteri sovrani e coincidenti con un dominio utile e legati, fra loro e con il maggiore, da patti e accordi tali da conferire al regime pluralistico che ne risultava aspetti analoghi a quelli degli odierni Stati federali, dei sovrani nei regni e le repubbliche comunali sovrane.

La figura stessa dei sovrani, quando padroni del feudo, quando re, quando imperatori, era incarnazione di una sovranità in perfetta continuità con la concezione dell’imperatore di romana memoria, assumendo in sé una superiorità ad ogni altra cosa e persona, al di sopra di tutti i signori, che però non era più garanzia di una stabilità governativa sufficiente. Le spinte centrifughe e particolaristiche dei feudatari, le inimicizie fra i monarchi, i costanti pericoli di invasioni ed attacchi esterni, produssero una costante instabilità che agli occhi nostri pare quasi come problematica, ma che era in realtà una normalità accettata. L’evoluzione della forma del monarca sovrano porta con sé la sintomatologia della decadenza di quell’assolutismo imperiale misticamente adornato tanto caro agli antichi. Già a partire dal XII secolo, il re si trova uno fra molteplici, arrivando ad esercitare il suo imperio attorniandosi di consiglieri che vanno a comporre la curia, vero e proprio consiglio politico del sovrano, predisposta con competenze politiche e giudiziarie, militari e commerciali, talvolta definendo anche una sorta di parallelo governo indipendente. È questo un sintomo di frammentazione e dispersione dell’unico potere, divisione che darà spazio alla nascita di molte signorie locali, nuovi regni, passaggi geopolitici importanti per la definizione di quella che sarà la modernità politica.

Osservando l’ordine giuridico medievale, è evidente la differenza con i moderni Stati legislativi. Il diritto nel Medioevo, secondo certi studiosi, poteva anche fare a meno del potere dello Stato, sopravvivendo comunque al variare delle forme politiche. La società medievale apparirebbe così, sotto un certo punto di vista, come senza Stato, dove il permanere del vuoto politico verrebbe sanato dal diritto, visto come una sorta di potere al di sopra del potere. Ora, la società medievale fu veramente senza Stato o con un altro tipo di Stato? Sarebbe assurdo credere che dallo Stato classico, dell’età antica, si sia passati allo Stato moderno senza una fase transitoria che ne abbia permesso l’evoluzione; in secondo luogo, una disgregazione o disgiunzione dei poteri propri dello Stato non significa per questo assenza dello Stato; di più, non sono solo i poteri a fare lo Stato, che ha altri elementi costitutivi come il popolo, il territorio, ecc. Non sono le leggi a fare lo Stato, per dirla in poche parole, ma è lo Stato a fare le leggi. La giustizia è senza dubbio uno dei caratteri costitutivi dello Stato, sia antico che medievale che moderno, ed è sempre espressione di una struttura sociale politicamente costituita.

 

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