Verso una nuova mitologia del transumano

 

Verso una nuova mitologia del transumano

Ogni società della Storia ha avuto una sua specifica mitologia, quel complesso di miti tramandati che conservano la cultura di un popolo, insieme di idee che assumono valoro di simbolo o di guida ed imprimono un carattere spirituale all’umano vivere. Al cambiare dei tempi e allo scoccare degli eventi, le mitologie sono cambiate, integrandosi vicendevolmente e talvolta sostituendosi, senza però mai venir meno, beate come sono della propria immortalità data dalla tradizione e dalla loro capacità di spiegare la vita e l’universo.

Il transumanesimo che sempre più concretamente si sta compiendo, profetizzato quale fase centrale del ciclo escatologico a seguito dell’iniziazione fatta dalla secolarizzazione e dai modernismi, richiede una sua propria mitologia, anzi potremmo dire che ne sta creando una ex novo. Questa sorta di mitologia è completamente scollegata dalle tradizioni precedenti, promuovendo un feticcio fatto di nuove icone e simboli digitalmente programmati; è antitetica alla morale dei racconti e degli eroi classici, esaltando i nuovi (dis)valori dell’annientamento dell’identità, della fluidità del vivere e dell’assopimento dinamico delle coscienze; condanna le virtù a favore del virtuale, parodia dell’essere che dalla sua integralità viene adesso osannato solo se disintegrato; adotta il nuovo linguaggio del politicamente corretto ed eticamente corrotto, riscrivendo le verità semantiche e storiche secondo il copione eterodiretto dai registi di turno; rifiuta la metafisica trascendentale, a favore di uno scientismo materialista che nega l’assoluto verticale e tutto quello che di sacro vi è stato sino a questo momento.

Come ogni mitologia, anche quella del transumanesimo prevede una serie di eventi paradigmatici e di personaggi iconici, la cui adulazione trascrive i modelli ideali con cui nutrire le future generazioni: ad una crisi economica dalla durata interminabile sopraggiungono i finanzieri delle holding d’oltreoceano come salvatori pronti a soggiogare a colpi di tasse, monete uniche e privatizzazioni quel poco di welfare rimasto; là dove la pace e l’indipendenza ancora sopravvivono, ecco arrivare le bombe dal cielo sul cui dorso è riportato l’inno della democrazia neoliberale petalosa pronta ad indignarsi per ogni ingiustizia che faccia comodo a giustificare sovversioni di governi e rivoluzioni secolari, tanto la guerra fa sempre chic; una pandemia a yo-yo capita a pennello per  limitare le libertà fondamentali e sottomettere alle dittature tecnocratiche la massa di pecorelle, in attesa della decimazione programmata in calendario, innalzando all’olimpo degli eroi gli “esperti” che , come sacerdoti consacrati dai social media, vengono ora a detenere il sacro scettro del dogma infallibile.

Come in ogni racconto che si rispetti, l’attesa spasmodica è quella per il sovrano pacificatore, colui che donerà prosperità e benessere, acclamato dai popoli quale messia redentore a cui sarà data il potere ed il regno, ma questi è in realtà un tirano mefistofelico che procurerà la distruzione e la morte eterna delle folle, lobotomizzate prima dalla cultura pop tecnofluida e poi dall’ibridazione uomo-macchina.

Sull’opposto versante, invece, gli eroi della leggenda combatteranno fino alla vittoria già decretata, ultimi fra i provati, trovati degni dopo la lunga preparazione trasmutativa di custodire il fuoco inestinguibile della Verità. Sono questi, già da adesso, quanti non si piegano alla dittatura imperante del nuovo ordine mondiale terapeuticamente promosso e tecnodinamicamente articolato, uomini e donne che non hanno rinunciato alla propria essenza ontologica, che hanno resistito a costo di ogni sacrificio consapevoli della immensità travalicante della loro missione, gli ultimi romantici di un mondo che brama una nuova era d’oro, dove ammessi saranno coloro che avranno superato le prove mistiche dell’annientamento dell’ego facendo trionfare l’Amore.

Un giorno si racconterà dell’epica battaglia fra la mitologia che fece grandi le civiltà umane e quella che le demolì, e noi, uomini nuovi, vorremo essere fra coloro che, dalle macerie di un mondo giunto al compimento dei tempi, avranno edificato la città celeste.

Come diceva Nicolás Gómez Dávila, «Sosteniamoci alle roccia della divinità, mentre il fango di questo secolo frana già a valle».

 

Torna in alto