16 marzo 1968

 

16 marzo 1968

Anche questa una data indelebile dalla mia memoria. Era facile intuire che il sistema non poteva sopportare troppo a lungo questo stato di stallo. Gli opposti estremismi che si scontravano erano essenziali alla sua sopravvivenza. Avevamo avuto sentore che qualcosa si stava organizzando. Da una parte alcuni vertici del MSI convocavano attivisti del partito a Roma per quel giorno “per aiutare i camerati dell’Università che stavano per essere massacrati”, dall’altra i vertici del PCI che convocavano tutti i militanti di quel partito a Roma con la stessa motivazione in campo avverso. Proprio io ricevetti una telefonata fatta per sbaglio alla portineria di Giurisprudenza da alcuni portuali di Genova che il 15/3 si stavano imbarcando per venire a Roma e rompere il … ai fascisti.

 

Gli scontri erano preordinati e nulla poteva fermarli. La notte tra il 15 ed il 16 marzo va a fuoco lo scantinato di Giurisprudenza. Abbiamo dovuto spegnere l’incendio da soli perché pompieri e polizia sono intervenuti in ritardo a solo scopo di controllo. Gli ordini erano chiari: nulla deve “turbare” gli scontri del giorno dopo.

 

Così è stato. Quando la mattina prima delle 7 sono arrivati gli attivisti del MSI abbiamo cercato di far capire loro l’errore politico che si stava commettendo. Ormai era tardi. Abbiamo lasciato la facoltà e ci siamo schierati sulle scale del rettorato.

 

Anche oggi è una stupenda giornata, come il giorno della “battaglia di Valle Giulia”. Sulle scale del Rettorato attendiamo che abbia inizio l’attuazione del suicidio politico programmato. Molti, su questa giornata, si giocano le possibilità di successo elettorale per le prossime elezioni di giugno.

Attendiamo che avvenga qualcosa con una tenue speranza che alla fine nulla avvenga… Ma, alla fine, eccoli: un centinaio di attivisti con le bandiere tricolori partono da Giurisprudenza, fanno tre giri attorno alla fontana della Minerva e poi via all’assalto di Lettere. Non fanno nemmeno la finta di chiedere di parlare all’assemblea. Lo scontro è violento. Le teste rotte sono tante. La difesa di Lettere sta per cedere e forse per i missini si apre la possibilità di più consistenti prede dentro la facoltà; ma il piano prevede la ritirata… strategica. E’ un grave errore; i comunisti si sentono padroni del campo e vincitori, possono convincere gli studenti di averli salvati da una selvaggia aggressione.

Il vero dramma si consuma sulle scale del Rettorato e trova il suo culmine proprio durante il ripiegamento dei camerati che erano venuti da tutta Italia per… aiutarci. Il ripiegamento infatti si trasforma in fuga e gli ultimi camerati vengono raggiunti dai primi compagni proprio sotto le scalinate del Rettorato. Non possiamo trattenerci dall’intervenire. E’ così che fermiamo il primo contrattacco; è così che mi ritrovo a difendere Giurisprudenza.

E’ stata una scelta emotiva, fatta in nome del cameratismo e della solidarietà umana che va al di là delle valutazioni politiche. I più della Caravella sono stati più forti di me e hanno resistito: ho visto giovani attivisti, i più duri negli scontri degli anni passati, in lacrime per la fine di una grande battaglia politica, di un grande sogno.

Quello che avviene dopo è solo scontro sanguinoso ; il sistema riprende la regia e ristabilisce la situazione. Lo spirito di Valle Giulia è morto, la contestazione giovanile ha perso: non sarà più la grossa occasione per un’unità generazionale contro la logica di Yalta e per la conquista di una coscienza nazionale. I partiti tornano padroni del gioco e le masse giovanili saranno inevitabilmente risucchiate nell’area di influenza del PCI, diventando così masse di manovra per giochi di squallido potere.

Dopo ore di scontri sanguinosi, il tutto si conclude con l’intervento delle forze dell’ordine che fermano e arrestano solo i giovani di destra. I giochi sono fatti!

Gli opposti estremismi sono tornati. Il sistema ha vinto.”

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