La Regione Lazio è paralizzata. Da mesi, ormai, dal secondo successo elettorale di Zingaretti, le cose vanno ancora peggio che nel precedente quinquennio, quando il governatore si era guadagnato tutta una serie di soprannomi, all’interno del suo stesso partito, il morente Pd, che lasciavano intendere come la sua fosse una gestione tutt’altro che improntata al “fare”: Saponetta, L’annunciatore, Il temporeggiatore.
Ci sono settori, come quello dell’edilizia popolare, letteralmente abbandonati al loro destino, con le Aziende commissariate ormai da più di cinque anni e con investimenti sulle nuove costruzioni, nel quinquennio passato, pari a zero. Per non parlare di quel che avviene in campi come la Sanità, dove malgrado la fine del commissariamento, gli ospedali – in particolare i Pronto Soccorso – sembrano campi di battaglia, dove si entra senza sapere se e quando se ne uscirà. Ed eccellenze come l’Istituto Mediterraneo di Ematologia (a Tor Vergata) vengono fatte chiudere, senza nemmeno tentare il salvataggio. Tutto questo, omettendo di parlare del lavoro giovanile, per il quale la Giunta Zingaretti, come per tutto il resto, non ha fatto nulla in cinque anni, se non qualche annuncio, al quale non sono seguiti fatti concreti.
Eppure Zingaretti, con quel bel faccione sorridente, imperversa su giornali e tv, parla di Modello Lazio, un modello vincente, a sentire lui, che in realtà è vincente solo in termini elettorali e, dunque, si basa sulle clientele. Ecco, quelle sì, hanno avuto molto da Zingaretti e soci: cooperative e amici degli amici hanno ottenuto finanziamenti, incarichi e quant’altro. E il fratello del commissario Montalbano è stato ricompensato con i voti che gli hanno consentito di rovesciare il voto che, in tutto il resto del Paese, aveva condannato il centrosinistra.
Così, Zingaretti ha pensato bene di candidarsi addirittura alla guida del Partito Democratico, sostenendo che lui è l’unico che vince e che, dunque, può riportare in vita il Pd. Sì, ma, per il bene del Paese, ci auguriamo che – se mai Saponetta dovesse sconfiggere i resti dei renziani al Congresso – il Pd non torni mai più al governo. Perché, se già con Renzi, Boschi e compagnia, i democratici hanno portato il Paese sull’orlo del baratro e anche oltre, con Zingaretti sarebbe proprio la fine. Sarebbe come addormentare definitivamente, con un potente anestetico, un paziente in coma. Insomma, replicare su scala nazionale quel che è avvenuto e sta avvenendo nel Lazio – una Regione bloccata sul nulla da più di cinque anni – rappresenterebbe il colpo definitivo per la nostra già traballante Italia.