Comunque vada, sarà un successo. Per Licio Gelli

 

Comunque vada, sarà un successo. Per Licio Gelli

Correva l’anno 1982, quando all’aeroporto di Fiumicino veniva fermata Maria Grazia Gelli, figlia del Venerabile Licio, capo della loggia massonica P2, di cui tanto si è detto e scritto negli anni. In una valigetta, Maria Grazia Gelli conservava un documento, denominato “Piano di rinascita democratica”, frutto, probabilmente, del lavoro delle menti più illuminate della loggia.

Si trattava di un programma molto articolato, nel quale si indicavano le priorità immediate per il Paese e quelle a medio e lungo termine. A rileggere oggi quel Piano vengono i brividi e, soprattutto, viene il dubbio che a scriverlo abbia contribuito anche un bravo cartomante, visto che molte delle idee avanzate in quel documento si sono tradotte, poi, in realtà.

Basti pensare alla necessità, indicata dal Piano, di formare nuovi partiti, organizzati per club: Forza Italia, che dal 1994 è uno dei più importanti movimenti politici italiani, è nato proprio così, articolandosi per club, foraggiati da Silvio Berlusconi. Certo, nelle previsioni di Gelli doveva esserci, almeno a parole, un certo rigore morale, che, a dire il vero, non è stato il tratto distintivo degli uomini di Forza Italia. “Tutti i promotori – si diceva – debbono essere inattaccabili per rigore morale, capacità, onestà…. Altrimenti il rigetto da parte della pubblica opinione è da ritenere inevitabile”. Su questo punto, evidentemente Gelli sbagliava: gli italiani sembrano essersi assuefatti a mascalzoni e incapaci, indifferentemente di destra, sinistra o centro.

Senza entrare troppo nel dettaglio, ricordiamo semplicemente che molte delle proposte contenute nel Piano hanno trovato applicazione negli anni o, comunque, sono state e sono al centro del dibattito politico: dalla creazione di un network di emittenti (sempre Berlusconi protagonista) alla drastica riduzione del ruolo della Rai; dal controllo dei maggiori quotidiani (ormai tutti asserviti ai potentati economico-finanziari) alla limitazione del diritto di sciopero; dalla separazione delle carriere dei magistrati allo scudo fiscale; dalla riforma del Parlamento all’abolizione del Senato (cavallo di battaglia di Matteo Renzi). E qui arriviamo al punto di maggiore attualità, quello di cui oggi parla tutto il Paese e che domenica prossima sarà oggetto di una consultazione referendaria: la riduzione del numero dei parlamentari.

Sì, perché oggi tutti cavalcano l’anti-politica, tutti si pronunciano a favore dell’abolizione del numero dei parlamentari, “perché la gente vuole così”, ma nessuno dice che il primo a indicare la necessità di tagliare il numero di onorevoli e senatori fu proprio il Venerabile Licio Gelli. E riteniamo che la sua idea non fosse esattamente quella di migliorare il nostro sistema democratico, quanto piuttosto quella di poter controllare meglio i legislatori..

Ecco, oggi, nel dare indicazioni ai cittadini prima del voto, i partiti dovrebbero ricordare chi è stato il “padrino” di questa legge definita anticasta, che in realtà va nella direzione opposta, ossia quella di favorire i pochi che comandano, i quali, con meno parlamentari, avranno un maggior controllo e, dunque, ancora più potere.

Si voterà, gli italiani sceglieranno probabilmente il sì e, se anche dovessero scegliere il no al taglio di onorevoli e senatori, tutti diranno di aver vinto. Sarà il solito teatrino post-elettorale e, alla fine, a perdere, come sempre, saranno soltanto i cittadini. L’unico trionfatore, che da lassù, guarderà divertito, sarà il Venerabile: comunque vada, i “suoi” temi e le “sue” proposte, scritti ormai quarant’anni fa, hanno vinto, senza se e senza ma.

Torna in alto