Elkan sul treno non vale più di un sorriso
Delle due l’una: o Alain Elkan è un marziano o, con il suo articolo uscito il 24 luglio su Repubblica, ha voluto prendere in gito tutti quelli che, successivamente, si sono accapigliati su quanto ha scritto.
Sì, perché Elkan padre rende noto al mondo di aver preso un treno da Roma a Foggia, in prima classe ovviamente, e di essersi trovato davanti a una situazione paradossale. Ecco uno dei passaggi chiave dell’articolo: “Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera. Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali: il Financial Times del weekend, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di Repubblica. Stavo anche finendo di leggere il secondo volume della “Recherche du temps perdu” di Proust e in particolare il capitolo ‘Sodoma e Gomorra’ (il titolo del quarto volume, ndr). Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica. Mentre facevo quello, i ragazzi parlavano ad alta voce come fossero i padroni del vagone, assolutamente incuranti di chi stava attorno”.
Già a questo punto dell’articolo, viene il dubbio: ma Elkan c’è o ci fa? Dove vive questo signore? Non esce mai di casa? Non vede che i ragazzi tatuati e schiamazzanti, molto spesso anche poco educati, sono purtroppo una realtà? Ovviamente, non ci sono solo loro, ma sono quelli che si notano di più e probabilmente questo è ciò che è avvenuto anche nel vagone del treno con mister Elkan. Il quale, però, va oltre: i giovani lanzichenecchi, infatti, si sono messi a parlare “di calcio, giocatori, partite, squadre, usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni” e anche – udite udite – di andare “a cercare ragazze nei night”.
L’articolo, ovviamente, è uscito sul quotidiano dove impera il figlio di Alain, John Elkan, e ha fatto infuriare il Comitato di redazione del giornale, che lo ha definito classista e in contraddizione con lo spirito del fondatore, Eugenio Scalfari. Dal mondo politico, intanto, arrivavano commenti ironici di vario genere e i social “spellavano” Elkan. E, allora, la domanda sorge spontanea: ma non è che questo fine intellettuale, vestito di lino blu, si è voluto prendere gioco di tutti?
Se così fosse, probabilmente, ha sbagliato tempi e modi. Ma certo anche questo prendersi così sul serio del Comitato di redazione di un quotidiano che viene usato tutti i giorni come una clava, per colpire i nemici, fa sorridere. E forse, sì, alla fine la cosa migliore da fare, di fronte a un articolo del genere è proprio questa: un sorriso, un’alzata di spalle e l’augurio al malcapitato Elkan di incontrare, la prossima volta, compagni di viaggio migliori.
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