Gentiloni manda i militari in Niger per servire gli interessi francesi
La missione militare italiana in Niger annunciata da Gentiloni è stata infarcita della solita retorica dell’intervento umanitario. Di fatto non ferma alcuna migrazione, non serve a bloccare gli scafisti ed i trafficanti di vite umane, soprattutto è ad alto rischio e non stabilizza il paese africano.
Facilmente sfatabile anche la leggenda che vuole la fuga in massa verso l’Europa come figlia della crisi idrica, perché l’acqua c’è ma è controllata da pochi: è un paese sotto protezione francese, e la potente nazione d’Oltralpe non ha mosso un dito contro i potentati locali che favoriscono la crisi idrica.
Anzi, fonti autorevoli dicono che l’Italia mandi soldati in Niger per rendersi servizievole con la Francia che, colta da benevolenza, potrebbe mostrarsi più magnanima con gli interessi italiani in Libia ma anche con le partecipazioni (di media importanza) nell’industria francese.
In totale il Belpaese manderà scarsi cinquecento soldati. Non dimentichiamo che cinque anni fa nel Delta del Niger sono stati uccisi dei tecnici italiani: in quell’occasione l’Italia non mosse un dito per i propri connazionali. Invece oggi, che il Niger ha appena ottenuto un finanziamento di 23 miliardi di dollari dalla conferenza parigina di donatori, l’Italia corre a tutelare l’investimento delle superpotenze, sperando possano poi lanciare un osso al paese cameriere dell’Ue.
Di fatto la missione rafforza l’analisi che vuole l’Italia, e sin dalla crisi libica del 2011, ancor più subalterna alla Francia. Per finire non dimentichiamo che in Niger vi è anche Arlit, capitale mondiale della produzione di uranio (sia impoverito che non impoverito): la Francia lo vuole per se, ci fa mandare i militari, e poi ci produce l’energia elettrica che vende all’Italia (paese ecologista e anti-nuclearista).