Il conto alla rovescia è terminato

Banca d Italia 1

Il conto alla rovescia è terminato

Il conto alla rovescia è terminato: il premier Gentiloni ha avviato l’iter per la conferma di Ignazio Visco come Governatore di Banca d’Italia. Renzi, dunque, sembra aver perso il braccio di ferro col governo e, probabilmente, nei prossimi giorni ne vedremo delle belle, perché l’arrogante di Rignano, come si è visto in più occasioni, non accetta sconfitte. E questa è una sconfitta pesante, perché Renzi, contro Visco,  aveva scommesso forte.

Viene da chiedersi, allora, il perché di tanto livore, di tanta rabbia nei confronti di un uomo che, dal 2011 a oggi, ovvero nel periodo del suo primo mandato da Governatore, si è sempre mostrato prono al potere politico e, ovviamente, ai potentati economico finanziari mondiali. Eppure, questo signore apparentemente innocuo – tanto da aver assistito passivamente, durante i suoi sei anni al vertice di Bankitalia, a una serie incredibile di fallimenti bancari, che hanno impoverito ulteriormente i poveri e arricchito ancor più speculatori e finanzieri –  di fronte a Renzi e al Giglio magico ha tirato fuori gli artigli.

Renzi, appena arrivato a Palazzo Chigi, voleva cambiare verso a tutti (tutti quelli che non appartenevano al Giglio magico, naturalmente). Così, chiese il taglio degli stipendi dei burocrati più importanti e stabilì il tetto di 240mila euro per i dirigenti pubblici. E pensò bene di chiedere il “sacrificio” anche al Governatore Visco. Da Palazzo Koch la risposta arrivò con un comunicato: “Il Consiglio superiore della Banca d’Italia ha stabilito una riduzione dei compensi del governatore Ignazio Visco e degli altri membri del direttorio”. Bene, pensò Renzi, leggendo le prime righe, ma balzò, poi, sulla sedia quando lesse che il compenso di Visco sarebbe passato da 495mila a 450mila euro. Insomma, quasi il doppio di quanto stabilito da Renzi per i dirigenti della Pubblica amministrazione. Ma Banca d’Italia non rientra in questo ambito, in quanto gode di un’ampia autonomia dal potere esecutivo e Visco chiuse il discorso con quelle poche righe di comunicato.

L’allora premier meditava vendetta, diceva a Lotti e alla Boschi che Visco l’avrebbe pagata cara. Di lì a poco, però, esplose il caso di Banca Etruria e Renzi cercò una sponda in Bankitalia, sentendosi in credito nei confronti del Governatore, che lo aveva beffato nella vicenda dello stipendio. Ma Visco, che ormai vedeva l’allora premier come un nemico, anziché aiutare Renzi e, soprattutto, la Boschi e la sua famiglia, inviò nel novembre 2014 il capo della Vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, insieme a una squadra di ispettori, per capire cosa stava succedendo ad Arezzo. E a febbraio, proprio su proposta di Bankitalia, il ministro Padoan fu costretto a commissariare Banca Etruria (successivamente, va ricordato, c’è stato anche chi ha ritenuto troppo blande le segnalazioni di Barbagallo, ma il dato di fatto è che Etruria venne commissariata a seguito dell’ispezione).

Ovviamente, Renzi e il Giglio magico, la presero malissimo, anche perché – il fatto emerge adesso, dalle carte depositate da Visco nella comica Commissione d’inchiesta sulle banche – nel giugno 2014 si era svolta in Banca d’Italia una riunione nel corso della quale la vigilanza di Bankitalia aveva praticamente detto “no” al salvataggio di Banca Etruria da parte della Popolare di Vicenza (che, poi, sappiamo bene che fine ha fatto). Gli ispettori di Palazzo Koch, infatti, rilevarono che la situazione di Etruria era sempre più deteriorata e che sarebbe stata utile un’ispezione, che infatti Visco dispose, come abbiamo visto, il novembre successivo.

Renzi, Boschi e compagnia cantante, insomma, individuarono in Visco il responsabile del tracollo di Etruria, non nella dissennata gestione di Boschi senior e compagni. Renzi, privatamente, specie negli ultimi tempi tempi, rincarava la dose: “Su Etruria dicevano di tutto e di più, ma non si erano accorti del disastro delle banche venete. Visco e i suoi amici devono andare a casa”.

Così, con Visco arrivato a scadenza di mandato, Renzi, non più premier, ha scatenato le sue truppe di peones in Parlamento, facendo approvare una mozione che, sostanzialmente, chiedeva la testa del Governatore. Conseguenza: una vera e propria rivolta dei poteri ancora più forti di quelli a cui fa riferimento Renzi. Tutti, ma proprio tutti – i servi della Bce, gli schiavi di Bruxelles, i pupi di finanzieri e banchieri, travestiti da parlamentari e rappresentanti istituzionali – hanno alzato un muro contro la cacciata di Visco, che garantisce a chi comanda davvero, in Europa e nel mondo, che potrà continuare con l’azione sistematica di distruzione del nostro Paese. Visco, dunque, resterà. E Renzi potrà solo continuare a urlare e minacciare, ma il suo destino, ormai, sembra irrimediabilmente segnato.

 Anonimo

Torna in alto