Il Coronainciucio

 

Il Coronainciucio

Il Senato, quel ramo che Matteo Renzi voleva tagliare, ricordate, lo vede proprio scaldare una poltrona, ora con l’ultima sua nata Italia Viva (sic!) è arbiter del Governo colibrì Antonio Conte 2.0, avvocato del bobolo arruolato al timone di due esecutivi di colore opposto, del primo però ha perso memoria e responsabilità.

Con l’incoerenza del suo brand politico, il boy scout fiorentino, ex PPI, ex Margheritone, ex ulivista, ha scalato il vertice della piramide PD, rottamando la mesta troika del partito e da lì fu anche lui arruolato a Presidente del Consiglio senza essere parlamentare (oramai un vizio), ma per virtù magiche del Quirinale. Dimessosi dalla prima carica di governo perché bocciato dal popolo al referendum pro, contro l’abolizione del Senato, fallito quel tentativo di cambiare la Costituzione, pareva, per sua stessa ammissione, dovesse ritirarsi a vita privata come il console L. Q. Cincinnato. Macché il virus politico l’aveva ormai contagiato, eccolo allora concorrere, nelle truppe PD, proprio a quel Senato del suo inciampo alle consultazioni del marzo ’18.

Fu un flop storico del Partito, sotto il 20%, ma lui si guadagnava uno scranno curiale, la batosta imponeva però la cenere sul capo lasciando la carica di Segretario, avanti un altro, magari nostalgico dell’U.R.S.S.  Ma attenzione la maggioranza dei piddini eletti in Parlamento era di corrente renziana, una bombetta a orologeria da innescare all’occasione, pazientare il verbo dell’attesa. Così dopo 14 mesi di governo giallo-verde, arriva il gran caldo, un colpo di sole agostano porta il Comandante a sfiduciare il Governo, si invocano ingenuamente dalla riva destra nuove elezioni. Il Renzi in versione Penelope, tesse e cuce la tela PD-M5S-LeU, voilà la legislatura è salva, con la benedizione di Rousseau, esce dalla manifattura parlamentare il drappo rosso del Conte bifronte, il governo più a sinistra che l’Italia abbia avuto nella sua storia unitaria.

Ma il giovane ex concorrente di Rischiatutto toglie la spoletta lanciando l’ananas all’esecutivo neonato, PD aufidersen! Nel reparto natalità del parlamento Renzi partorisce Italia Viva. Non preoccupatevi compagni siamo con voi, però, però…attenti, contate bene i numeri al Senato dopo le trasmigrazioni, raccontano che siamo decisivi, evviva la I Repubblica coi partitini ago della bilancia delle grandi ammucchiate.

L’harakiri di Salvini consegna al dimagrito PD l’Italia con l’abbraccio ai pentastellati giacobini che risulterà a questi mortale come certificano elezioni regionali, sondaggi, dimissioni. Il crollo del M5S apre un vuoto politico nell’elettorato, la Lega schizza a primo partito e FdI sale, sale, scavalcando l’anemica FI, però anche Italia Viva boccheggia sopra la soglia del 3% dell’attuale sbarramento, ben sotto il 5% fissato dalla proposta di riforma elettorale.

Eventuali elezioni politiche sarebbero un salasso per la sinistra italica, bisogna decapitare democraticamente la Lega sgonfiando il suo elettorato, ma come? Con la Giustizia, col caso Diciotti è andata male, riproviamo con la Gregoretti, nel frattempo andiamo a pesca di sardine per riempire le piazze anti-Salvini.  

Beh se i pesci prodiani fanno opposizione all’opposizione spargendo semi d’odio neopartigiano, ottenendo grande visibilità mediatica, unzione cresimale dal PD, impunità sui social, con l’obiettivo, in primis, di conservare rossa l’Emilia Romagna, ecco l’Italia Viva rischia una morte prematura, bisogna farsi spina del governo, stacco, non stacco la spina, pur avendo due ministri e un sottosegretario. Visibilità è l’imperativo in un Paese ormai virtuale dove i partiti nascono sul web, ricatto per contare di più viste le nomine a pioggia sui seggi alti delle partecipate statali e all’orizzonte uno sgambetto al premier forense per riacciuffare il posto di Presidente del Consiglio con una nuova armata Brancaleone cui FI guarderebbe con interesse, si inciucia pur di scongiurare una Waterloo ad elezioni anticipate.

Il Palazzo recita una commedia paradossale mentre il Paese brucia, il nemico non è la recessione, le aziende che chiudono i battenti, il crollo del fatturato industriale, la sottoccupazione, ecc. il nemico è l’Attila lombardo che avanza verso Roma, allora facciamo testuggine compagni usando la Magistratura, vi ricordate le dimissioni di G. Leone, il pool mani pulite? Gli infiniti processi a Berlusconi? La Legge Severino? Riesumiamo quelle armi affidabili e facciamolo fuori senza colpo ferire con la ghigliottina giudiziaria.

Il Coronainciucio dell’odio comunista, progressista, catto-comunista, ulivista, vivaista ecc. è uno solo, trasversale, senza vaccino, l’obiettivo è eliminare politicamente e civilmente il” nemico” mantenendo saldissimo il potere.

Su questo punto, guarda caso, anche i renziani garantisti si ricordano, oibò, d’essere di pasta rossa.

Così arriviamo al 12 febbraio quando il Senato vota sì al rinvio a processo di Matteo, quello cattivo, unico reo, a loro dire, del reato di sequestro di persona per il caso della nave Gregoretti con l’aggravante della presenza di minori accogliendo la richiesta del Tribunale dei ministri di Catania (tre giudici sorteggiati) mentre la Procura giudicava d’ archiviare il fatto.

D’istinto ci viene un parallelo con le fatidiche idi di marzo del 44 a. C. l’accusa contro Cesare era che volesse proclamarsi imperatore (un falso), in verità c’era in ballo solo la fame di potere dei congiurati, da vigliacchi scrissero una pagina nera della Storia saldati dal comune astio e guarda caso la scrissero in Senato.

Un paragone esagerato? Beh certo il 12 febbraio non sono calate pugnalate, Salvini non è certo il divo Cesare, gli scranni dell’esecutivo erano desolatamente vuoti, ma l’impeachment è passato col voto determinante dei vivaisti (pur con qualche defezione) e se l’ex Ministro venisse condannato dalla Giustizia ordinaria rischierebbe fino a 15 anni di galera oltre allo sfratto esecutivo dal Senato con l’impossibilità d’essere eletto a cariche pubbliche, quella morte politica cercata dai suoi nemici, Renzi compreso, la Lega s’ affloscerebbe senza il Comandante e l’armata rossa vincerebbe le elezioni nel… 2023.

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