Il coronavirus, la Costituzione e qualche appunto sparso sulla libertà

 

Il coronavirus, la Costituzione e qualche appunto sparso sulla libertà

All’indomani del proclama solennissimo del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, della notte fra il 9 e il 10 marzo, sorgono spontanee alcune domande. Al di là delle analisi più o meno attendibili circa l’origine e la manipolazione tecnica del Covid-19, che lasciamo ad una sede più appropriata, balza alla mente una domanda: il decreto di Conte che cosa fa realmente? Che vuole dire?

Dopo un’attenta lettura dell’ingarbugliato testo, opera come al solito squisita dei burocrati dell’incomprensibilità che occupano i Palazzi romani, ho raccolto tre riflessioni.

Poiché è stato vivamente consigliato a tutti di non uscire di casa, coloro che “possono” lavorare da casa, è bene che lo facciano, secondo quanto suggerito dal testo. Si tratta dello smart working, letteralmente dall’inglese “lavoro intelligente”, parola che in italiano esisteva già e si è sempre chiamato “lavoro da casa”, al di là delle futili mode linguistiche odierne. Ora, il telelavoro è da sempre un sogno irrealizzato del Capitale, non tanto perché permette di produrre di più – sfido chiunque a concentrarsi maggiormente a casa propria rispetto ad un ufficio – o di limitare i costi di produzione, bensì perché annulla il confine già delicato fra lavoro e tempo libero, sfera pubblica e sfera privata della vita personale, tra il tempo sacro della famiglia e quello necessario della fatica lavorativa, tra il tempo dello spirito e quello del profitto. Questa forma di lavoro, che ci viene presentata come necessaria vista la inoppugnabile condizione di emergenza in cui viviamo, demarca ulteriormente la ferocia del mercato e dell’economia sulla vita buona del soggetto e della comunità: bisogna produrre, lavorare, far muovere il mercato anche durante una situazione così problematica come quella di una epidemia, ed anzi nonostante essa, perché altrimenti appare lo spauracchio del crollo del mercato e dei sistemi finanziari. (Dio volesse che, finalmente, crollasse il sistema!)

Superato con una invasione il limite sopra detto, ecco che la realizzazione della vita buona della persona viene condannata ad una gogna senza processo; la felicità e la realizzazione piena del cittadino sono deliberatamente ignorate in nome di un “sacrificio” che tutti sono chiamati a fare. Sì, ma sacrificio di cosa? E per chi? Dietro le parole “bene comune”, che in realtà nascondono l’interesse del mercato liberale, ogni coscienza deve sottomettersi ad una violenza che di oblazione libera e positiva non ha niente. Il telelavoro, poi, è possibile solo per pochi. La situazione è infatti ben diversa per gli operai delle aziende e i liberi professionisti: i primi sono costretti a recarsi in sede a qualsiasi costo, dovendosi portare persino l’autocertificazione, che appare più come una giustificazione da consegnare alla maestra per non aver potuto fare i compiti a casa; i secondi, rei di avere a carica una partita Iva, completamente abbandonati dall’apparato statale, devono rischiare la vita in circostanze gravose per riuscire a portare, come si dice, la pagnotta in casa. Aspettiamo con gioia la sospensione delle tasse, delle utenze ed aiuti finanziari concreti alle famiglie e in particolare ai soggetti deboli, ma siamo pressoché certi che il mostro vorace del mercato liberista non perderà l’occasione per far arricchire pochi ed impoverire ulteriormente i molti. Non importa, ai redattori dei decreti, della bontà che il tempo che siamo costretti a passare chiusi in casa possa realmente avere, tempo di riposo e di cura, di famiglia e di riflessione, perché per loro siamo soltanto numeri nell’algoritmo del mercato liberal-capitalista.

Una seconda questione, non da meno, è che ci troviamo davanti ad una fattuale sospensione della Costituzione e della democrazia che in essa è contenuta. Da tutte le parti politiche viene richiesta una figura decisa, un uomo forte, qualcuno che sia capace di prendere in mano la situazione e condurre l’Italia fuori da questo disastro. Se ci facciamo caso, è un ritornello che viene canticchiato alle occorrenze da tutte le bandiere politiche del nostro Parlamento, le quali prima mettono le mani avanti per scongiurare ogni forma di totalitarismo o comunque di forma politica che possa richiamare quello che, a detta delle sinistre, è il più grande problema del nostro paese, ovvero il Fascismo; poi, però, quando fa comodo, non esitano ad esercitare pressioni per evocare il tecnocrate di turno, recante bollino di certificazione UE, atteso messia che porti a compimento i desideri dei poteri forti regnanti. Ma il testo del Decreto dice altro: in nome del Coronavirus vengono annullate alcune garanzie della democrazia, vengono privati i cittadini di certe libertà fondamentali, azione che, in un contesto normale, scatenerebbe rivolte e proteste in ogni dove. Chi osa sottolineare la non-normalità della situazione, viene tempestivamente ostracizzato. Ad essere sinceri, il liberismo ci ha già abituati a questi soprusi in molti campi del nostro vivere, ed ancor prima il giogo ci è stato imposto con il Trattato dell’Atlantico, documento ufficiale di svendita della nostra sovranità nazionale all’imperialismo degli USA. È a tutti gli effetti il momento ideale per l’approvazione del MES, il diabolico meccanismo europeo di stabilità con il quale si perderebbe definitivamente la sovranità monetaria ed economica, nonché politica, restando sotto permanente ricatto dei mercati usurai. La discussione è prevista per il 16 marzo e, se dovesse passare, segnerebbe il declino definitivo del nostro Paese. Se così fosse, avremmo la prova certa dell’utilizzo dello stato di emergenza come cavallo di Troia per la sospensione della democrazia in chiave politica e per l’inganno dei cittadini, e in secondo luogo sarebbe ancor più evidente come l’Unione Europea agisca in antitesi con gli interessi e le volontà dei popoli d’Europa. Ma tutto questo passerà inosservato, nel silenzio generale dei media, mentre ci dicono che è importante vestire le mascherine e stare ad un metro di distanza, perché adesso non c’è tempo per occuparsi del Bene comune per davvero, la salute viene prima di tutto, bisogna farlo solo come dicono loro e la libertà deve servire i padroni. 

Torna in alto