Il mal d’Italia

 

Il mal d’Italia

Nel fango fin sopra i capelli, nausea da vomito, rassegnato abbandono, è quel che resta agli inquilini della casa comune da un anno in prigione colorata, un condominio odioso di cani latranti sdentati, prostitute/i sul marciapiede dell’io, cappello in mano davanti al palazzo Berlaymont a Bruxelles, così è normalmente ridicolo la farsa di nullità smemorate: oibò ci siam dimenticati di votare, cannabis nel cervello, volo nei corridoi di Palazzo Madama cercando il tempo furbo per votare nei supplementari. L’arbitro stizzito invoca aiuto, chiede il VAR, tutti in sospeso, il Governo è  messo male coi numeri, Ciampolillo-Nencini (lo zio Gastone vinse il Tour nel ‘60) finalmente al foto finish si degnano di esprimere il loro corposo pensiero, Si & Si e vai! 156 a 140 + il favore del m’astengo dell’ipocrita di Scandicci e il governicchio Conte-(i)responsabili gattona, adesso dritti al suk riprenderà fitto il mercatino del do ut des, che schifo!

Si accavallano immagini gloriose di rivolte popolari, oggi farebbero inorridire i parassiti sagrestani  demo-progressisti cloni dell’ossequiosa untuosità degli Uriah Heep, viscidi buonisti, antagonisti dell’avventuroso David Copperfield, eccoli là ad imbonire col qualunquismo del dialogo, del compromesso  neologismi applicati ai volta gabbana, i trasformisti di italica memoria.

Mentre sul ponte italico “sventola bandiera bianca” , lo spazzino teschiato toglie dalla vita decine di migliaia di “appestati”, numeri statistici senza volto, abitudine mediatica alla curiosa indifferenza, mentre 662.000 ombre (questo siamo) perdono il posto di lavoro (dati INPS), il PIL ha i numeri del freddo siberiano, le imprese chiudono con la saracinesca senza domani, il palazzo del fu nobile Senatus Populusque Romanus diventa un mercatino delle pulci o la più burina Porta Portese.

Eccola, l’osservo,  sul libro d’arte, La libertà che guida il popolo, primo dipinto politico firmato Eugène Delacroix datato 1830, celebrava le tre gloriose giornate di rivolta del popolo parigino contro le leggi liberticide dell’allora capo del Governo Jules de Polignac, tutto il popolo partecipò all’insurrezione a prescindere da steccati sociali o generazionali, à la fin di barricate e schioppettate le roi Carlo X revocò i decreti governativi, sollevò dagli incarichi  Capo di Governo e  ministri, lui stesso  per fifa se la svignò in Inghilterra.

La Marianna desnuda è una Venere greca o meglio una guerriera Minerva, bandiera alzata al vento, moschetto e baionetta, fiera lei incede spingendo gli insorti alla pugna, sarà poi vittoria alata che scriverà le date delle gloriose giornate, 27,28,29 luglio 1830 sullo scudo della storia transalpina, in nome della Francia tutta, nessuno escluso.

A.C. (ante Covid-19) monsieur Macron era sull’orlo del collasso politico. Un movimento spontaneo nato sul web ha alzato barricate contro il suo governo, in sintesi per le stesse micce del 1789, aumento dei prezzi, tasse con strangolamento del ceto medio ed operaio, fu l’unico scatto di virilità del nostro M5S quando appoggiò i galli ribelli, seguì rapida retromarcia con scuse e ossequi.

Sempre a. C. Hong Kong bruciava, coraggio immenso della sua gioventù incazzata e spavalda nello scontro fisico contro la tirannia rossa, adrenalina quotidiana unica arma ribelle per resistere al cappio di Pechino sempre più stringente alla gola l’autonomia del porto profumato. Adesso p.C. anche sternutire diverrà sospetto di insurrezione dal gregge normalizzato e belante cui Xi Jinping  vuol ridurre l’ex colonia britannica, ci avventiamo con loro, i ribelli, in marcia sotto un oceano di ombrelli, ma qui, mentre la democrazia è sospesa sine die, divieto persino di  parlare sui mezzi pubblici, di autentici ribelli non v’è sosia od ombra.

L’ultima insurrezione è dei trumpisti sciamani, barbari violenti scesi in orda ad assaltare il bianco Campidoglio a Washington, finestre e porte del Parlamento sfondate, fiumana irriverente dentro gli spazi sacri del potere, ascia di guerra disseppellita dai ceti bassi, dagli operai, traditi già dai progressisti dem ora con Biden di ritorno.  

Veniamo a noi, alcuni qui rammendano il passato schifati dal presente, biologicamente malmessi col futuro, politica noblesse oblige sepolta nel maniero dei ricordi, altri invocano a parole la pillola delle elezioni che in realtà, tranne i patrioti, nessuno vuole, ma i più coniugano la prima persona del presente indicativo di arrangiarsi.

“Ahi serva Italia di dolore ostello/nave sanza nocchiero in gran tempesta/non donna di provincie, ma bordello”. (Cant VI del Purgatorio), il mal d’Italia è sempre quello, ripetere i versi di Dante non è lamentoso disfattismo ma realismo genetico presente ed ancor più futuro se i troppi io non diverranno un noi combattente.

Che fare allora? C’è un aforisma acuto del padre nobile del conservatorismo anglosassone Edmund Burke che dice: ““Tutto ciò che serve perché il male trionfi è che i buoni non facciano niente”, il male non lascia sua sponte poltrone e privilegi è doveroso solo cacciarlo a calci in c…

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