Italia: il supermercato della Francia

 

Italia: il supermercato della Francia

Negli ultimi anni i cugini d’oltralpe hanno trattato il nostro paese, complici le politiche liberiste dei governi italiani, alla stregua di una specie di loro personale supermercato dove poter fare acquisti di aziende italiane in crisi ma ricche di potenzialità e risorse. Si sono riempiti il carrello di grandi marchi e industrie italiane simbolo di qualità nel mondo, mentre Renzi prima e Gentiloni poi si giravano dall’altra parte svegliandosi solo quando ad essere toccati sono stati gli interessi di bottega di Berlusconi, con l’entrata a gamba tesa nell’azionariato di Mediaset da parte di Vivendi, che a differenza di tutti gli altri dispone di un capitale politico che aveva speso nel sostenere i governi targati PD, chiaramente anche in vista di un simile assalto alle sue televisioni.

 Tuttavia quando nel 2016 lo stesso Vincent Bolloré ha dato la scalata ad altre aziende strategiche come Telecom (quasi il 25% dell’azionariato è adesso nelle mani di Vivendi) o Mediobanca (8% delle azioni in mani francesi) non si sono viste mosse dai palazzi del potere romani per impedire tutto questo. Tramite Mediobanca Bolloré sta cercando di mettere le mani anche su Assicurazioni Generali terzo gruppo economico italiano per fatturato.

 Nello stesso periodo la francese Amundi ha fatto shopping nel settore dell’alta finanza italiana prendendosi Pioneer Investment dal gruppo UniCredit. La BNL è ormai da più di dieci anni parte del gruppo BNP Paribas, in cui lo stato francese è l’azionista di maggioranza con il 17% del capitale azionario.

 Passando ad altri settori economici l’Acea, azienda multiservizi della capitale, ha quasi un quarto delle sue azione nelle mani della franco-belga Suez SA. Lactalis nel 2003 si è comprata Invernizzi, nel 2006 Galbani, nel 2008 Locatelli e nel 2011 si è presa infine l’83,3% di Parmalat, diventando il primo gruppo alimentare-caseario al mondo. Sempre per quanto riguarda la tavola Cristal Union ha acquisito il marchio di zuccherifici Eridamia. I francesi di certo non potevano restare fuori dal mondo della moda e lo si è visto con il gruppo LVMH che con il tempo ha accumulato i marchi italiani Fendi, Berluti, Emilio Pucci, Bulgari, Loro Piana e Acqua di Parma. Edison SpA l’abbiamo salutata nel 2012, sotto il governo Monti, quando è caduta in mano alla Électricité de France con tanti saluti di quasi il 7% del mercato complessivo di energia elettrica in Italia.

 Infine come non rammentare la Crédit Agricole, braccio finanziario delle banche regionali francesi, che si è riempita le tasche nel 2016 di Cariparma, uno dei gruppi bancari più importanti e ramificati nel Nord Italia vantando il controllo dell’ex Banco Popolare FriulAndria e le Casse di Risparmio di La Spezia, Cesena, Rimini e San Miniato. Il gruppo è ormai controllato da un impietoso 76,5% in mani francesi. Non soddisfatta del colpo, Crédit Agricole ha quindi continuato il suo shopping indisturbata comprando Banco Leonardo, Nuova Tirrenia e Groupama.

 Questi sono solo alcune delle eccellezze italiane passate in mani transalpine. Dal prossimo governo non è lecito aspettarsi nazionalizzazioni a volontà al fine di proteggere i marchi italiani (anche se in ambiti strategici come le telecomunicazioni o il settore idrico le nazionalizzazione sono fortemente auspicate e possibili tramite le controllate di stato), tuttavia è lecito aspettarsi che il futuro Ministro dello Sviluppo Economico scenda in campo per far rimanere nostri grandi tesori del made in italy magari guidando da dietro le quinte l’azione di industriali e uomini d’affari italiani che abbiano a disposizioni capitali liquidi pronti ad essere reinvestiti.

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