L’inconsistenza del PD spiegata dal governatore Rossi

 

L’inconsistenza del PD spiegata dal governatore Rossi

Mentre vanno in scena psicodrammi più o meno accennati su scioglimenti e rifondazioni del Pd, invocate da Orfini, in un vorticoso turbinare di posizioni delle varie correnti del partito, pronte a proporre mutazioni strutturali, nomi di ipotetici candidati alla guida di quel che resta del “Partito della Nazione” ma senza mai fare il benché minimo accenno a programmi, la decadenza del Pd viene spiegata dal presidente della regione Toscana Enrico Rossi.

In una intervista rilasciata al QN – La nazione del 7 settembre 2018, Rossi, alla domanda del giornalista se la crisi del Pd fosse tutta colpa di Renzi, ha dichiarato: «No. Il Pd, dicendola con Reichlin, nacque e abbracciò il liberismo quando il capitalismo entrava in crisi. Renzi è l’ultimo tifoso di Blair della storia dell’Europa. Il problema è di dna del Pd: fu sposato il liberismo pensando che la globalizzazione alla fine avrebbe risolto anche le questioni sociali». 

Devo ammettere che, quando ho letto l’articolo originale, sono rimasto stupito e non poco. Non avrei mai creduto che nessuno esponente di un partito potesse dire in modo così chiaro e trasparente ciò di cui gli avversari politici hanno denunciato da anni: il Pd ha abbandonato i lavoratori, gli ultimi, le classi più svantaggiate, per abbracciare il pensiero unico globale, affidando la risoluzioni delle questioni sociali al paradigma del liberismo, cioè l’autoregolamentazione del mercato o, per dirla alla Adam Smith, affidandosi alla “mano invisibile del mercato”. 

Nell’intervista, il presidente Rossi cita Reichlin, deputato e storico dirigente del PCI, vicedirettore nel 1955 e poi nel 1958 direttore dell’Unità e segretario regionale del partito nella sua Puglia. Rileggendo la sua storia e la storia del PCI, è evidente che l’adesione del PCI al liberismo nasce nel 1966, data dell’undicesimo congresso del Pci, vinta da Amendola, con una proposta politica di integrazione e di lavoro all’interno del sistema, a cui si contrapponeva Ingrao, di cui Reichlin era seguace, che si opponeva al liberismo ed al capitalismo, proponendo di progettare un nuovo rapporto tra produzione, economia e giustizia sociale.

Illuminante un brano di una delle ultime dichiarazioni di Reichlin, recentemente scomparso: “Non sarà una logica oligarchica a salvare l’Italia. È il popolo che dirà la parola decisiva. Questa è la riforma delle riforme che Renzi non sa fare. La sinistra rischia di restare sotto le macerie. Non possiamo consentirlo. Non si tratta di un interesse di parte ma della tenuta del sistema democratico e della possibilità che questo resti aperto, agibile dalle nuove generazioni.

Quando parlai del Pd come di un «Partito della nazione» intendevo proprio questo, ma le mie parole sono state piegate nel loro contrario: il «Partito della nazione» è diventato uno strumento per l’occupazione del potere, un ombrello per trasformismi di ogni genere. Derubato del significato di ciò che dicevo, ho preferito tacere”.

 

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