Secondo i dati elaborati nei giorni finali della XVII legislatura il 35,53% degli eletti sia della Camera sia del Senato ha cambiato partito o per meglio dire “casacca”. Numericamente i membri del Palazzo Madama e di Montecitorio responsabili dei 566 mutamenti sono stati 347.
Il loro atteggiamento è giustificato e consentito sulla scorta della lettura meccanica, enfatica, ideologica dell’articolo 67 della Costituzione: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. L’indirizzo normativo in vigore da anni e confermato dalla legge 3 novembre 2017, n. 217, si muove in ben altro verso ed in senso assai diverso.
Nella seduta del 19 settembre 1946 della II sottocommissione della commissione per la Costituzione dell’Assemblea costituente il relatore, il democristiano Costantino Mortati, illustre maestro di diritto costituzionale, osserva – ed è questo il passaggio cruciale – l’impossibilità di dimenticare che “oggi i deputati sono espressione dei partiti con i quali hanno un diretto legame. Sta di fatto che il problema esiste ed ha anche avuto un riflesso negli ordinamenti in cui è stabilita la decadenza del deputato quando è sconfessato dal suo partito”.
Il presidente dell’assemblea plenaria e dell’organo referente, il senatore Umberto Terracini, nutre l’illusione / pia e puritana speranza, smentito nel corso delle legislature più volte e nella ultima in misura dilagante e vergognosa, che “qualsiasi disposizione, inserita nella Costituzione, non varrebbe a rallentare i legami tra l’eletto ed il partito che esso rappresenta o tra l’eletto e il comitato sorto per sostenere la sua candidatura.
Con le norme utilizzate nella consultazione del 4 marzo, le riserve sollevate sull’articolo 67 valgono in pieno per i collegi plurinominali, in cui la assegnazione dei seggi è avvenuta con il metodo proporzionale, nell’ordine fabbricato e deciso dai partiti o dalle coalizioni, nella totale impossibilità per l’elettore di poter esprimere la propria volontà, cioè la preferenza diretta, personale ed esplicita. Appaiono francamente infondate l’investitura a rappresentante della nazione e l’autonomia di mandato concesse ad un candidato privo dell’indispensabile investitura democratica. Secondo loro costume ridicolo ma nel contempo demagogico purtroppo i grillini sono arrivati a presentare, come proposta inedita della loro insuperabile ed inimitabile limpidezza, quella della decadenza da cariche parlamentari di eventuali “voltagabbana” come non fosse più semplice la sfiducia nei loro confronti.