La guerra e il peggio dei media
Non abbiamo mai apprezzato molto i media di casa nostra: giornali, radio, tv e quant’altro dimostrano, infatti, ogni giorno di essere in buona parte asserviti al potere. E il peggio lo vediamo sulla tv di Stato, quella che finanziamo con i nostri soldi: in Rai, infatti, la professionalità non ha alcun valore, importante è stare dalla parte giusta, quella che conta, al momento delle nomine. Così, negli anni, abbiamo assistito a intransigenti “camerati” vendersi al compagno di turno per una vicedirezione o rinnegare amici di una vita, per un aumento “ad personam”; e abbiamo assistito a integerrimi “compagni”, che si recavano in ginocchio da Beppe Grillo o da Salvini, giurando di essere stati sempre anticomunisti, pur di salvare lo stipendio di direttore.
I risultati di questo sistema si possono apprezzare quotidianamente, con telegiornali e giornali radio infarciti di marchette e pastoni politici con un minutaggio scientifico: tot secondi a Renzi, un po’ di più a Draghi e all’opposizione rappresentata da Meloni e via discorrendo. Insomma, uno squallore a pagamento, che ci perseguita, mentre le tv cosiddette private sono tutte improntate all’antifascismo militante, in assenza di fascismo, con un appecoronamento totale, tranne rarissime eccezioni, al Governo di turno (purché non sia di centrodestra), come abbiamo visto con la vicenda Covid e con comportamenti al limite del ridicolo, come quello di Mentana, che ha bandito dal “suo” tg chi non era a favore dei vaccini.
Questa, purtroppo, è la fauna dei media italiani e, davvero, pensavamo di aver visto tutto lo schifo possibile. Poi, però, è arrivata la guerra in Ucraina e, allora, questi personaggi, che amano definirsi giornalisti, sono riusciti a superarsi. Sapendo che le drammatiche giornate dell’invasione dell’Ucraina passeranno alla storia, hanno voluto rubare la scena e si sono erti a protagonisti: lo ha fatto, prima di tutti, la direttrice del Tg1, Monica Maggioni, che si è piazzata giorni interi nello studio del Tg, esattamente come aveva già fatto per la rielezione di Mattarella. La sua faccia decisamente poco espressiva e le sue inutili considerazioni ci hanno perseguitato per giorni, ma lei ha centrato il suo obiettivo: farsi vedere, dimostrare che, nel bel mezzo della guerra, lei era in prima linea a dare le notizie. Eppure un buon direttore dovrebbe essere dietro le quinte, a organizzare il tg, soprattutto se ha una squadra di centinaia di persone, come quella del Tg1. Ma lei no: Monica Maggioni, direttrice per il solo merito di essere sponsorizzata da sempre da Matteo Renzi, ha dovuto ammorbarci in diretta, esattamente come Mentana e tutti gli altri direttori, che non hanno mollato il video per un solo minuto.
Ovviamente, in questo quadro già deprimente, c’è stato chi si è superato. E, per andare oltre, cosa c’è di meglio che un attacco a Salvini, che in passato ha mostrato simpatia per Putin? Così, dopo l’assalto russo, uno zelante e giovane giornalista di un’ignota testata ha chiesto a Salvini, che condannava senza se e senza ma il fatto che in Ucraina ci fossero “un aggressore e un aggredito”, perché Salvini non facesse chiaramente il nome di Putin. A quel punto, Salvini ha risposto che non poteva essere certo Topolino l’aggressore, ma la risposta non è piaciuta e il giornalista da battaglia lo ha incalzato, chiedendo di fare il nome di Putin, che ovviamente Salvini non ha fatto, visto il riferimento lampante al presidente russo.
Tutto questo è stato ripreso con grande enfasi dai giornaloni di regime, che sono tornati sull’amicizia di Salvini con Putin, sui rubli alla Lega e chi più ne ha più ne metta. Con la guerra, in definitiva, i media italiani sono riusciti a dare il peggio del peggio, andando ben oltre il loro già vergognoso livello.
Adesso, aspettiamo con ansia che un eccellente inviato di Repubblica o della Stampa tiri fuori dal cilindro qualche foto di Putin e Berlusconi a caccia, nella dacia del leader russo e titoli: “Già anni fa, Berlusconi e Putin preparavano l’attacco all’Ucraina”. A quel punto, per il fenomeno di turno sarà assicurato il premio Pulitzer, a cui ambiscono tutti i giornalisti. Con buona pace della corretta informazione.
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