La TV di Stato e i nostri soldi

 

La TV di Stato e i nostri soldi

La domanda è: per quale motivo dobbiamo continuare a sborsare denaro per il canone Rai? La risposta è semplice: perché lo hanno messo tra le “voci” della bolletta della luce. Altrimenti lo pagherebbero davvero in pochissimi. I pochissimi che sono ancora disposti a subire lo scempio di un servizio pubblico prono ad alcuni partiti, per attaccarne altri.

Le ultime vicende legate alla Tv di Stato sono non solo vergognose, ma anche allarmanti. Si grida, ogni giorno, contro i “dittatori” Putin ed Erdogan, ma poi, in Italia, si fa di tutto per mantenere un regime in cui si dica solo e soltanto ciò che piace a Letta, Draghi, Grillo, Bersani, tutte le lobby economico-finanziarie e, adesso, anche quelle gay. Loro indicano il “politicamente corretto” e chi lo contesta è un pericoloso sovversivo, oltre che un omofobo da additare e, se possibile, da essere messo alla gogna.

Questo è esattamente ciò che è avvenuto con il comizio del primo maggio in diretta tv (pagato dagli utenti) del cantante (cantante?) Fedez, che si è scagliato contro la Lega di Salvini, “colpevole” di non sostenere il disegno di legge Zan anti-omofobia. In realtà, il ddl Zan non è un provvedimento che vuole tutelare i gay: si tratta di un’accozzaglia di norme, peraltro malscritte, che mirano a limitare la libertà di pensiero e di espressione di chi difende la coppia e famiglia composte da un uomo e una donna. Se mai il ddl Zan dovesse essere approvato, così com’è, diventerebbe quasi eversivo affermare che la normalità è quella di una coppia eterosessuale.

Ovviamente, le parole di Fedez hanno ricevuto gli immediati applausi di Enrico Letta, che, tornato da Parigi, sembra aver scordato da dove viene (la Dc) e quali riferimenti aveva (il mondo cattolico) e, quel che è peggio, sembra non sapere cosa debba fare il Pd, per risalire la china. Così, si aggrappa a quel che capita: oggi un ricco cantante, con milioni di followers sui social, domani un Giuseppe Conte qualsiasi, dopodomani chissà.

Fatti loro, si potrebbe pensare, ma il problema è che il Concertone del primo maggio è stato pagato, come sempre, dal contribuente e, dunque, Enrico Letta, anziché applaudire, avrebbe dovuto porre il problema dell’inopportunità di tale comizio, esattamente come ha fatto Matteo Salvini. Invece, Letta si è scagliato contro i dirigenti di RaiTre, che, per una volta, avevano fatto la cosa giusta: cercare di evitare un attacco frontale alla Lega, peraltro senza possibilità di replica e in una giornata in cui si sarebbe dovuto parlare di diritti dei lavoratori, non degli omosessuali.

Uno schifo, insomma, andato in onda, malgrado tutto. Come se non bastasse, sempre su RaiTre, il giorno dopo, Sigfrido Ranucci, vicedirettore della Rete postcomunista, nella sua trasmissione “Report” ha guidato l’attacco al nemico giurato di Enrico Letta, vale a dire Matteo Renzi, e al nemico di sempre della sinistra, alias Silvio Berlusconi.

Contro Renzi, è stato mandato in onda un servizio quasi comico: una fortunata amica di “Report”, infatti, si è trovata, lo scorso 23 dicembre, in un autogrill e, vedendo un signore molto elegante attendere impaziente, ha deciso di nascondersi in macchina, per vedere chi aspettava. Dopo una mezzora (la signora, evidentemente, non aveva molto da fare…), si è presentato nientepopodimeno che Matteo Renzi. I due hanno parlato una quarantina di minuti, la signora ha fatto qualche video e lo ha girato a “Report”. Dove Ranucci e i suoi abilissimi giornalisti hanno scoperto che l’interlocutore di Renzi era un agente segreto di nome Mancini, candidato ai vertici dell’Intelligence italiana. Renzi, interpellato, ha ridicolizzato i giornalisti di Report, prima sulla “casualità” dell’appostamento e, poi, spiegando che non deve rendere conto a loro dei suoi incontri privati. E che, comunque, l’appuntamento era stato fissato lì, perché stava tornando a Firenze, dove abita. Ma no, non basta. E Ranucci, sì Ranucci, ha chiesto al Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) di fare il suo dovere e, dunque, di interrogare Renzi. Insomma, siamo alla follia.

Anche perché questo servizio è andato in onda nella stessa puntata in cui si è confezionato un reportage, col quale si è cercato di dimostrare – a dire il vero con scarsi risultati – che le accuse di Berlusconi al giudice Esposito (quello che lo ha condannato in Cassazione) sarebbero frutto di una montatura.

Al tirar delle somme, per circa due ore, lo spettatore (pagante) di RaiTre si è dovuto sorbire violenti attacchi contro gli avversari politici del Pd e dei 5Stelle: agguati in piena regola, che il prode Ranucci definisce, in modo presuntuoso, “servizi giornalistici”. Alla faccia della libertà di stampa. E, allora, anziché rivolgerci al Copasir, noi facciamo un appello alla sonnecchiante Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai: convochi Ranucci, gli spieghi che il giornalismo è un’altra cosa e imponga alla Tv di Stato di privilegiare le notizie e non le ipotesi o, peggio, le menzogne.

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