Nazionale, due pesi e due misure per Ventura e Mancini
L’Italia, si sa, è il Paese dei commissari tecnici: il calcio è lo sport nazionale e tutti, ma proprio tutti, si sentono in diritto di dire la loro su chi dovrebbe giocare in Nazionale e in quale ruolo. Niente di male, anzi. Cosa c’è di più rilassante di un confronto al bar, magari davanti a una birra, su quel centravanti che in campionato fa faville e con la maglia azzurra non ne azzecca una? O su quel portiere che “ormai va per farfalle e lui insiste”?
Così, il mestiere di allenatore della Nazionale è certamente il più difficile del mondo: comunque vada, chi sceglie l’undici dell’Italia finisce nel mirino della critica, giornalistica e popolare. Quando, poi, le cose vanno male male, allora il “colpevole” viene cacciato senza pietà. Basta guardare quello che capitò a Giampiero “tonno” Ventura, un tecnico di sicuro valore, chiamato alla guida della Nazionale, per condurla al Mondiale del 2018: gli azzurri non ce la fecero, restando fuori dal campionato del mondo per non aver saputo battere la Svezia, a San Siro.
Ventura fu insultato, umiliato, letteralmente distrutto non solo dai tifosi, ma anche dalla casta dei giornalisti sportivi, che lo additarono come un incapace totale: per il povero Ventura la carriera di allenatore finì praticamente la sera del pari con la Svezia, anche se l’addio definitivo al calcio è arrivato soltanto di recente.
Dallo 0-0 di San Siro in poi, però, il linciaggio mediatico di Ventura è stato uno sport nazionale. Facilitato dal confronto col “fenomeno” Mancini, che è stato un grande calciatore, che si “vende” bene, che da sempre gode di buona stampa e che ha addirittura vinto l’Europeo del 2021. Poi, però, è arrivata la sera, sportivamente drammatica, del 24 marzo 2022: l”Italia di Mancini affronta la Macedonia del Nord, a Palermo, nel primo spareggio, per andare ai Mondiali del Qatar. Una formalità, secondo i più, che si trasforma in una sconfitta, nei minuti di recupero: gli azzurri sono di nuovo fuori dai Mondiali, battuti, peraltro, dai modesti macedoni.
La stampa sportiva è spiazzata: l’allenatore è lo stesso Mancini che, qualche mese prima, aveva vinto l’Europeo, magari con un po’ di fortuna, ma con merito. Della Nazionale vincente del luglio 2021, però, è rimasto ben poco e il nuovo fallimento richiederebbe soluzioni drastiche, come ai tempi di Ventura. “Tranquilli, Mancini non è Ventura: dopo questo flop, si dimetterà immediatamente”, fanno sapere i bene informati. Che, però, vengono smentiti dallo stesso commissario tecnico, che assicura di divertirsi ancora alla guida degli azzurri, con i quali vuole vincere un Mondiale. Ergo: a dimettersi non ci pensa proprio.
Immaginiamo che, a questo punto, la stampa sportiva lo massacri e, invece, sorpresa, per Mancini ci sono solo applausi. “È lui l’unico che ci può rilanciare”, “La sconfitta di Palermo non è colpa sua”, “Mancini è una garanzia”: sono solo alcuni dei titoloni che accompagnano la sua decisione di restare sulla panchina della Nazionale.
Adesso, siamo noi a essere spiazzati: perché Ventura fu massacrato e Mancini viene comunque esaltato? Cosa ci è sfuggito? Ventura non riuscì a qualificarsi per i Mondiali, esattamente come Mancini e affrontando una squadra sicuramente più forte (la Svezia, anziché la Macedonia del Nord). Eppure, ancora oggi, di Ventura si parla come di una disgrazia.
Davvero, non comprendiamo questa disparità di trattamento: chi applica due pesi e due misure, a nostro giudizio, sbaglia sempre. Certamente, fu esagerato il massacro di Ventura e non sarebbe stato bello che si fosse ripetuto con Mancini, ma qualcuno avrebbe dovuto porre l’attuale allenatore azzurro di fronte alle sue responsabilità, per i tanti errori commessi. Senza insulti, senza linciaggi, ma con chiarezza. E lui, il “fenomeno” Mancini, avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni, per aver fallito l’obiettivo principale. Invece, resterà al suo posto, tra gli applausi dei soliti ruffiani. Pronti a fare lo scalpo al prossimo Ventura.
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