Poletti, l’inesistente ministro del lavoro

 

Poletti, l’inesistente ministro del lavoro

In queste elezioni politiche, vi era un assente di un certo rilievo nella competizione, quella dell’attuale (fino al nuovo governo) ministro del lavoro Giuliano Poletti. Infatti, egli non è stato candidato dal suo partito “PD” e crediamo che nessuno si sia lamentato di questo fatto.

Poletti, già Presidente della Lega delle Cooperative (la “holding” che controlla tutto il vasto mondo economico e commerciale delle cooperative di orientamento social comunista, a cominciare dalla famosa “COOP” per finire al complesso bancario assicurativo dell’UNIPOL) era stato nominato ministro da Renzi nel 2014 con lo scopo di assicurarsi il consenso di quel mondo, molto influente economicamente ed anche elettoralmente.

Tuttavia, da ministro del lavoro Poletti è stato del tutto assente. Non sono mai partite da lui proposte di legge articolate sui rapporti di lavoro: il tanto discusso “job act” è stato elaborato dai consiglieri “bocconiani” di Renzi. Le vertenze collettive di lavoro, che hanno interessato circa 200 aziende con i relativi dipendenti, sono state trattate presso il Ministero dello Sviluppo Economico e non, com’è sempre avvenuto nella storia della Repubblica, presso il suo ministero. Anche per quanto riguarda il sistema previdenziale, le modalità relative all’anticipo pensionistico sono state trattate con Stefano Nannicini, consulente economico di Renzi e non con Poletti. Egli, inoltre, è sempre stato piuttosto passivo dinanzi alle dichiarazioni – spesso esagerate e terroristiche – del presidente Boeri sulla situazione economica dell’INPS e sull’ipotetico futuro incerto delle pensioni; non solo, ma non ha mai espresso una sua proposta in merito alla modifica della governance monocratica dell’Ente su cui le Commissioni del lavoro della Camera dei Deputati hanno a lungo dibattuto in base a delle precise proposte di legge.

Per quanto riguarda poi i rapporti con i sindacati – anche questa competenza primaria del ministero del lavoro – vi è stata l’assenza più completa, tanto che trattative per la rappresentatività e il cosiddetto “welfare aziendale” sono intervenute direttamente con la Confindustria.

In realtà, Poletti si è preoccupato solo di dare la massima assistenza (e protezione) alle cooperative che peraltro, secondo quanto scrive oggi “La Verità”, sono in condizioni economiche preoccupanti: da tener presente che istituzionalmente il ministero dovrebbe svolgere anche opera di controllo e verifica del sistema cooperativo (ha un’apposita direzione generale preposta a questo) nell’interesse dei soci, dei dipendenti e dei creditori. Poletti era quindi in una condizione di palese conflitto d’interessi, proveniente da quel mondo che aveva tutto l’interesse di tutelare senza far emergere situazioni di crisi latenti. Ricordiamo che nel mese di novembre “L’Espresso” (ed è tutto dire!) aveva intitolato una sua inchiesta “L’era delle coop sta per finire”.

Quindi, diciamo senza rimpianti addio a Poletti, sperando che al suo posto ci sia chi possa veramente agire nell’interesse del lavoro, della previdenza pubblica e vigilare sui mal comportamenti.

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