Povera Patria

 

Povera Patria

“Povera patria schiacciata dagli abusi del potere/Di gente infame che non sa cos’è il pudore/Si credono potenti e gli va bene quello che fanno/E tutto gli appartiene/Tra i governanti quanti perfetti e inutili buffoni/Questo paese è devastato dal dolore/[…] Sono versi caustici tratti da Povera Patria di Franco Battiato, potremmo usarle da gocce d’alcool sulla ferita viva del  “modello Italia” al tempo del COVID-19, buone all’occasione per beccare un Governo di azzeccagarbugli balzati con gli inciuci sul cocchio  dell’Italia. Ma non è tempo dei corvi di Hitchcock appollaiati sui tetti, è infamia sparare alle spalle, è da partigiani, siamo in guerra, dicono, e guerra sia a tutto campo, da ogni trincea senza tirarsi indietro seguendo gli esempi eroici degli avamposti sanitari accorsi in prima linea, “se faccio un passo indietro sparatemi”.

Onestamente “aborriamo” da sempre l’Italietta perennemente impreparata alle tragedie, quella de nì, degli unti compromessi, ma fertile di narcisi opinionisti, bulimici di chiacchiere nei palinsesti a commentare ad es. oggi l’unico lungometraggio a reti unificate La corazzata coronavirus peggio della Potemkin. Immensa invece l’Italia dei titani lanciati all’arma bianca contro il nemico e quella resiliente reclusa in quarantena, retrovia obbediente confinata nei muri di casa, trasformati in bunker, dal monolocale alla villa col parco, stessa sorte, ai ricchi l’ora d’aria in giardino, agli altri, la finestra, finché la tigre che è là fuori, invisibile, in agguato, sia morta ammazzata.  

In guerra l’etica dei ruoli, la responsabilità con l’ansia di soluzioni, approvvigionamenti,  sollevano richieste, rimostranze, confusione tra governatori regionali ed esecutivo centrale, tra i sindaci, passeri solitari leopardiani, e le istituzioni,   tra maggioranza e opposizione, Governo e sindacati (l’odor di Pasqua l’ha resuscitati!) si discute su chi, quando, dove, come applicare le misure cinesi, se debbano essere draconiane dando gli arresti domiciliari a tutti o lasciare maglie più larghe per la tenuta sociale almeno nei settori essenziali. Nel caos dell’emergenza in fondo tutto questo è normale.

Comunque sia gli eroi (non solo i sanitari) escono per lavorare affrontando il rischio e se cadono altri corrono a sostituirli ma come i carcerati col permesso da firmare sulle autocertificazioni, modello Italia, scaricabile dal Ministero dell’Interno, acquistando un album Panini per farne collezione, anche nel dramma, vedete, c’è un lato burlesco.

Errore forse è stato copiare il modello cinese, ma in quel momento non ce n’erano altri, la cui applicazione richiede i metodi drastici di una dittatura non certo quelli diluiti nel tempo d’una democrazia. Modulare gli interventi ha rappresentato il vulnus del modello Italia, abbiamo inseguito il virus coi decreti, ora tutte le titubanti democrazie occidentali stanno facendo idem e pagheranno un prezzo altissimo in vittime, crollo delle economie, povertà diffusa, possibili rivolte mentre l’ineffabile Xi Jinping, sanato miracolosamente il dragone, bussa e telefona già ai Capi di Stato, offrendo generoso il suo peloso aiuto. Se la Cina si offrirà di finanziare il debito colossale dei Paesi occidentali, se rileverà siti e aziende strategiche, se chiederà di tagliare le dogane ai suoi prodotti, saremo schiavi senza catene, liberi solo di prostrarci. Questa guerra allora avrà il suo vincitore. 

Comunque adesso da noi, visti i numeri del contagio, ci si gira golosi al modello sudcoreano, è vero c’è da sospendere la privacy ma siamo in guerra, lo si sperimenti in fretta, tamponi a tappeto e soprattutto un’app scaricabile che permetta al cervellone centrale di seguire spostamenti e contatti delle persone positive anche con videocamere spione. Ma la Corea del sud era già pronta a tutto questo dal 2015, un modello sviluppato dopo il focolaio epidemico Mers, leggi, strutture sanitarie, industrie di supporto hanno creato armi efficienti a combattere l’insorgere di virus e anche il COVID-19 l’hanno tenuto a bada, lo dicono i numeri attuali e il tempo di risposta all’emergenza.

Il vero “cura Italia” e mondo è lapalissiano, è il vaccino o quanto meno un farmaco efficace per tamponare la bestia, il resto è fuffa, nel frattempo diciamo alla Garibaldi: “Obbedisco”, i maghi non esistono e gli angeli indossano camice bianco, guanti e mascherine, le ali le hanno riposte nel cuore.  

La verità non ha colori, considerati l’imprevedibile eccezionalità del fatto, l’assenza di notizie sul nemico, la mancanza di farmaci e vaccino, la progressione esponenziale dei contagi, l’urgenza di dare risposte efficaci in tempo reale, moltissimo, riconosciamolo, è stato fatto, pur con ritardi ed errori, ma le polemiche sono la flebo di chi niente sa fare se non incensare la propria opinione, comportamento da tifoso di parte, non beccherebbe palla in campo, anzi non vi scenderebbe neppure declinando la prova con un  “ma io non so giocare”.

E veniamo all’Europa, il bel Giuseppe ha invocato aiuto ai palazzi di Bruxelles, il COVID-19 è pandemia, affoghiamo tutti, è un nemico da aggredire a testuggine per batterlo, occorrono miliardi e tanti per salute e economica, meno male che l’Europa c’è speravano al Nazareno. Eccome se c’è, all’incipit dell’epidemia molti Stati fratelli hanno chiuso le frontiere, gridato “dagli all’untore italiano”, poi la confettura killer per la nostra Borsa di quel “Non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per gestire quelle questioni” frase shock di Christine Lagarde presidente della BCE. E va bè sforate pure il rapporto PIL/deficit disse magnanima dame Ursula von der Leyen, aiuteremo l’Italia, nella realtà la sua Deutschland über alles e per farla corta arriviamo all’opposizione del Nord Europa (compresa la Polonia che c’ha fregato le mascherine) di accedere al MES senza condizioni, il fumo dei Coronabond, se ne riparlerà tra due settimane, a testimoniare che l’UE non c’è e non ha fato un c…o. “Aspetteremo dieci giorni” tuona Giuseppe poi faremo da noi, difficile capire come con un Paese in profonda recessione e fermo fino a data da destinarsi.

Quest’Europa di usurai intenti a speculare per i propri interessi sulla pelle degli altri già la conoscevamo, è quella del capestro alla Grecia, dello spread come arma di ricatto politico, quella delle minacce d’infrazione e delle salatissime multe per le infrazioni, questa Europa non va cambiata ma gettata dalla finestra perché si rompa in mille pezzi, meglio, per noi, costruire una Nazione mediterranea cucendo tra loro i Paesi che affacciano sul Mare nostrum.

Una proposta sulla quale lavorare, un’idea folle? Ma Erasmo da Rotterdam scrisse un elogio della follia e noi di qua siamo folli e ribelli.

Dicono gli alchimisti politicanti a mal partito che sia tempo di ricorrere ai Draghi, così” forse cambierà…però “La primavera intanto tarda ad arrivare”.

 

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