Tutto il mondo è Savona

 

Tutto il mondo è Savona

La situazione nella colonia chiamata Italia è molto grave. Le oligarchie dominanti, di cui la presidenza della repubblica è espressione, hanno ormai gettato la maschera. Sono contemporaneamente anti nazionali, anti popolari, anti sociali. Questo è il dato di fatto, al di là del giudizio di merito sul professor Savona e sul governo abortito.

È la prima volta che il futuro comune è determinato dai “mercati”, dagli “investitori” e dalle agenzie (private!) di rating. Segni dei tempi. Loro votano tutti i giorni attraverso gli algoritmi delle transazioni finanziarie, noi, poveri sudditi, solo ogni cinque anni e la nostra volontà conta quanto il due di picche a briscola. Così, un uomo del sistema come Paolo Savona, indicato infruttuosamente come ministro dell’Economia, diventa simbolo della resistenza all’inaudito sopruso di domenica 27 maggio, una data che entrerà nei libri di storia. Di Paolo Savona, in quasi 60 anni di carriera, tutto si può dire fuorché sia un estremista, un bolscevico o un fascista, tanto da ricoprire il ruolo di ministro in un governo tecnico (!!), di dirigente di Confindustria, oltreché consulente delle massime istituzioni economiche e finanziarie. La sua opposizione al sistema vigente è quella di un riformista, non certo di uno sfasciacarrozze.

La manina del Quirinale ha agito su pressione di manone più potenti della sua. Ha poco senso domandarsi se gli ordini siano giunti da Berlino, Parigi, Bruxelles, Washington o Francoforte, anche se tendiamo a pensare che le vecchie ruggini con Mario Draghi siano state più determinanti dei consigli interessati di alcune cancellerie. Sta di fatto che il figlio di Bernardo Mattarella ha pronunciato il fatidico “per me è no”.

Non sappiamo esprimere giudizi sul contratto di governo tra 5 Stelle e Lega, né siamo in grado di giudicare la qualità della squadra di governo. Il problema è un altro: la sovranità non è del popolo, ma di chi ha occupato le istituzioni in nome della Banca Centrale, dei sommi Mercati, della Commissione Europea.

Oggi guida il pilota automatico, fatto di trattati considerati superiori alle costituzioni. Poi ci sono i regolamenti comunitari scritti da oligarchi non eletti che diventano legge in ventotto Stati, alcune migliaia ogni anno. Sul trono, le Autorità Finanziarie e Monetarie, sapientissimi oracoli in grado di imporre politiche con la forza di minacce economiche e finanziarie spacciate per scienza infusa. E i popoli? Spettatori paganti, istupiditi dalle parole che non significano più niente: libertà, democrazia, lavoro, diritti, sovranità.

Per quanto riguarda l’Italia, non ci colpiscono per i nostri torti, che pure abbondano, ma per le nostre ragioni. Ci ostiniamo a essere una potenza manifatturiera pur se hanno smembrato la grande industria e dissolto un quarto della capacità produttiva. Insistiamo a esportare, non solo borse di lusso o vini pregiati, ma sistemi industriali e tecnologia. Riusciamo, miracolo sommo, a risparmiare privatamente e nello stesso tempo produrre avanzi di bilancio per placare momentaneamente l’appetito famelico dei signori “creditori”. Eh no, così non va. Lassù hanno deciso che l’Italia deve trasformarsi in un’innocua Disneyland, industrie e infrastrutture devono sparire; possibilmente deve sparire anche il popolo italiano.

Ci stanno riuscendo: denatalità, immigrazione massiccia, emigrazione dei giovani, governi servi. Se qualcuno osa lamentarsi, è facile lanciare all’attacco l’apparato della disinformazione, posseduto dai soliti noti. Diventiamo, alternativamente, fascisti, comunisti, populisti, fannulloni, pezzenti. Se poi, nonostante i mezzi dispiegati, gli italiani non ci stanno, il gioco si fa duro. Si promulga una legge elettorale fatta apposta per bloccare Stato e Parlamento, si grida al fascismo in assenza di fascisti, si esercitano pressioni per cacciare dal campo chi vuole cambiare la partita. Arrivati al dunque, si usa come clava l’inesistente estremismo anti europeo di un economista, il professor Savona, la cui vita è stata al servizio del sistema.

Il momento è davvero difficile.  La Costituzione viene brandita come arma impropria da chi se ne è impadronito facendola a brandelli. Le istituzioni di garanzia, come la Corte Costituzionale, sono porte girevoli per i papaveri del sistema. Resta il popolo, o almeno una parte di esso, quelli che non vogliono essere sudditi di un potere che finge di essere senza volto, e invece ha nomi, cognomi e luoghi simbolici.

Sosteniamo da tempo che l’Italia non esiste più. In queste settimane, con l’accelerazione degli ultimi giorni, ne abbiamo la prova certa. Eppure, tocca sperare e non cedere alla tentazione del silenzio, all’idea della ritirata. Domani è un altro giorno, si vedrà.

 

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