Zingaretti e “Moscopoli”

 

Zingaretti e “Moscopoli”

Dice Nicola Zingaretti, segretario del Pd in cerca di visibilità, che non darà tregua a Matteo Salvini su quella che il giornale di riferimento di Zingaretti e compagnia ha definito “Moscopoli”. Salvini gli ha risposto come è giusto fare, in presenza di una richiesta ridicola e senza senso: con una risata.

Già, perché non si capisce davvero cosa potrebbe dire in Parlamento il vicepremier leghista di una vicenda che appare importante solo per chi l’ha tiara fuori, cercando di danneggiare Salvini. Per carità, c’è anche qualcun altro che non ha perso tempo, cavalcando subito la tigre anti-Salvini: il solito Di Battista, che ormai è assimilabile al suo quasi omonimo Battista, comico di successo. Dibba, che di Salvini dovrebbe essere alleato, ha detto subito che il ministro dell’Interno è un bugiardo e via con le consuete contumelie via tweet e Facebook. Insomma, Dibba, ormai, è una macchietta scontata.
Sorprende, invece, che un politico attento e consumato come Zingaretti si lanci in questa campagna suicida. Sì, perché è pericoloso attaccare un avversario politico, sostenendo che scappa dal Parlamento su temi che interessano la magistratura, quando si hanno gli armadi pieni di scheletri. Salvini, ad esempio, potrebbe chiedergli per quale motivo il suo ex capo di Gabinetto, si dimise improvvisamente, senza un motivo apparente. Nessuno, tantomeno Zingaretti, lo ha mai spiegato. Ma è verosimile che quelle dimissioni fossero legate all’avviso di garanzia ricevuto da Venafro per il mega-appalto del Cup.

Non solo. Salvini, accusato di scappare dal Parlamento, potrebbe domandare all’ineffabile Zingaretti perché fugga da sempre dal confronto in Consiglio Regionale, dove ormai è ufficialmente latitante. E, magari, potrebbe anche chiedergli perché non si dimette da presidente della Regione Lazio, ora che è segretario del Pd.

Lo Zingaro, è ovvio, non potrebbe rispondergli in modo sincero. Se resta ancora alla guida del Lazio, infatti, non è certo per motivi nobili, ma, essenzialmente, per due elementi: il primo è lo stipendio da presidente della Regione Lazio, più o meno lo stesso del presidente del Consiglio; il secondo gli oltre cento contratti a tempo determinato per gli amici e gli amici degli amici, nella Regione Lazio.

Ecco, questo è lo Zingaretti che parla e straparla. Lo stesso che, in sei anni, non è stato capace di prendere una decisione, che garantisse a Roma (che ha comunque le sue  colpe) e al Lazio di smaltire i rifiuti in modo serio e civile.

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