50 anni di Mishima da leggere e conoscere

 

50 anni di Mishima da leggere e conoscere

25 novembre 1970: lo scrittore giapponese Mishima Yukio si reca, assieme a quattro appartenenti del Tate no kai (l’Associazione degli scudi), suo piccolo esercito privato, nella sede del ministero della difesa nazionale, ove sequestra il generale Mashita, si affaccia sul terrazzo, arringa i soldati radunatisi, infine pratica il seppuku (il suicidio rituale). Sono ormai trascorsi, dunque, cinquanta anni. E lo abbiamo seguito fin dal giorno successivo quando ne apprendemmo notizia dai quotidiani, cella del secondo braccio, carcere di Regina Coeli. E ne ho scritto e ho realizzato la messa in scena del suo dramma La voce degli spiriti eroici. (Devo ringraziare gli amici dell’A.C. Raido per il convegno del 2001 e per i tre giorni che gli dedicammo; parimenti i giovani amici del Foro 753 che animarono lo spettacolo alla presenza, nel suggestivo scenario del Museo della Civiltà Romana, dell’ambasciatore nipponico; l’amico Rodolfo Sideri per aver condiviso l’idea e la stesura di Inquieto Novecento ed Enzo per averci creduto e pubblicato).

Ed oggi? La casa editrice Idrovolante, tramite Daniele Dell’Orco, che ne fa acuta prefazione, ha giocato d’anticipo pubblicando, con il titolo La difesa della cultura, una serie di saggi e brevi articoli dello scrittore ove, nello specifico, emergono la riflessione e il sentire di Mishima verso il tema dell’identità e dell’impoverimento del suo popolo e delle sue tradizioni. In fondo è quanto egli, tragicamente e in modo fiero, sintetizza nella orazione finale quando, rivolgendosi inascoltato ai soldati, ricorda loro il valore simbolico della spada, la katana, e ‘… vediamo il Giappone inebriarsi di prosperità e inabissarsi nell’assenza dello spirito’. In questi giorni – e mia l’introduzione – è uscito a cura del Cinabro (e il mio ‘grazie’ va a Tonino che ha voluto contattarmi per questa iniziativa) Mishima Acciaio, Sole Estetica, saggio breve (poco più di cento pagine con delle fotografie alcune a me sconosciute) e però ricco di annotazioni e di documenti e di motivi di approfondimento. Parlarne rientrerebbe nella virtù della vanità, di cui sono disperato e fiero, ma oggi mi concedo il difetto della silenziosa modestia… Solo leggetelo o vi raggiunge la mia scomunica! E, mi sembra, in uscita o già pubblicato un ulteriore saggio di Danilo Breschi (magari cerco d’essere più informato su autore e contenuto).

Poche annotazioni. Quando Mishima lascia la sua abitazione per andare incontro al destino da lui stesso disegnato, su un vassoio all’ingresso pone una busta, dentro la conclusione della tetralogia Il mare della fertilità e l’annotazione, che venne tradotta ‘nella limitatezza dell’umana vita io scelgo la via dell’eternità’ (fu realizzato anche un poster in campo nero e stilizzata l’armatura di un bushi). Più semplicemente, ma non di meno il suo valore umano e simbolico, v’era scritto: ‘la vita è troppo breve ed io avrei voluto vivere più a lungo’. Io prediligo, m’appartiene mi sento di dire, questa seconda traduzione. Perché, in tempi così malevoli, nonostante disgusto e disprezzo che ci assale, vivere e il più vivere è di per sé una ‘bella’ sfida.

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