9 novembre 1989

 

9 novembre 1989

A trent’anni dalla caduta del muro di Berlino. Novembre 1989. Tante immagini di folla festante di picconi a sgretolarne l’imponente e impotente sistema divisorio in due di una Germania che aveva tardivamente conseguito l’unità politica (al termine della guerra franco-prussiana del 1870), ma che era patrimonio antico di genti e di lingua e di costumi. I Discorsi alla Nazione Tedesca del filosofo Fichte all’università di Berlino mentre soldati di Napoleone imponevano la loro vittoria sul regno di Prussia. Ancora la Francia e la lacerazione voluta dagli stolti vincitori a Versailles, al termine del conflitto mondiale, avrebbe prodotto quella “guerra civile in Europa” (secondo la definizione dello storico Ernst Nolte) che attraversò brutale gli anni dal 1939 al ’45. Infine, dall’estate del 1961, quel muro, come un tempo fu il fiume Reno, a segnare una ferita tra l’Est, ricattato da Mosca, e l’Ovest compresso dai “liberatori” d’oltre oceano. Oggi una Germania riunificata ricorda la notte del 9 novembre e il ritrovarsi ad essere un unico stato, ma la parte che fu la DDR rimane ancora la più disagiata, insofferente. Anche la libertà(?) può essere un duro prezzo da pagare alle leggi del liberismo…                                                                                                                                         

Un fine settimana di marzo. Anno 1965. Da Francoforte prendo un treno diretto a Berlino. Al confine con la Germania dell’Est salgono i Vopos (Volkspolizei) – buon sangue non mente – ti guardano i documenti rovistano nei bagagli (io possiedo uno zainetto con lo stretto necessario) ti fissano rigidi e gelidi. Poi applicano delle grate ai finestrini. Proseguo il viaggio come se entrassi in un tunnel senza fine. Di questa esperienza ho scritto in Strade d’Europa e delle successive con gli alunni del liceo in gita scolastica (due volte, se non erro). La prima, però, è quella che mi rimane viva nel ricordo. Due mondi a confronto separati da un muro filo spinato torrette e quel valico per noi stranieri. Riuscii ad attraversarlo con in tasca I leoni morti, illuso di poter ritrovare i luoghi delle ultime ore d’Europa e dei suoi difensori, volontari per un nuovo ordine. Solo la geografia della mente mi sorresse mentre grigio intorno a me mostrava il fallimento dell’utopia dalla falce e martello. E ritornare in Occidente e chiedersi se quelle luminarie fossero altrettanto segno di un inganno, di una aurea prigione…                                                                                                                                         

Trent’anni dall’abbattimento del muro e ancora illusioni inganni misfatti. Eppure il sogno non fu vano… come ogni tramonto richiama l’aurora a venire. Nelle Leggi il vecchio Platone ricorda che, scendendo le luci del giorno nascono i pensieri più profondi, quelli a cui affidare il cuore forse vinto certo mai domo. Berlin, mein Berlin aufwiedersehen! 9 novembre 1989.

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