Anniversario, ricordo, postilla

 

Anniversario, ricordo, postilla

Anniversario.                                                                                                                                                    

‘Nemo propheta acceptus est in patria sua’, massima tratta dal Vangelo e di cui si serve Niccolò Machiavelli per costruire le sue celebri riflessioni ne Il Principe, primo trattato di moderna dottrina della politica. Il 26 agosto del 1974 a Cadice in Spagna, inseguito da mandato di cattura per il ‘presunto’ (!?) golpe, moriva Junio Valerio Borghese, le cui spoglie vennero riportate in Italia e traslate nella cripta di famiglia a Santa Maria Maggiore in modo plateale e rissoso. Abitando a lato della Basilica, dalla finestra assistei a tutte le fasi concitate di quella mattinata. Essendo ancora sotto il controllo di polizia e in attesa di giudizio, non potei parteciparvi di persona.                                                                                             

Egli era stato Comandante della X Flottiglia MAS, distintasi per ardite imprese di mare (basterà ricordare come, al comando del sommergibile Scirè, violasse il porto di Alessandria nella notte del 18 dicembre ’41 con tre ‘maiali’ e danneggiasse due corazzate una petroliera e un cacciatorpediniere britannici) e, dopo l’8 settembre del 1943, di terra – ad Anzio sul Senio a Tarnova della Selva –  con oltre ventimila volontari nelle Forze Armate della RSI (pur caratterizzandosi per autonomia rasente forme di eresia).                                                                                                                                   

La storia ci narra di uomini nobili e illustri di cui s’è fatto scempio. Mi viene a mente quanto ebbe a dire, in punto di morte, Publio Cornelio Scipione l’Africano, vincitore di Annibale nella battaglia di Zama (19 ottobre 202 a.C.), costretto all’esilio da Roma dopo essere caduto in disgrazia agli occhi del Senato: ‘Ingrata patria, ne ossa quidem mea habes’. E Giuseppe Mazzini, l’Apostolo del Risorgimento, che muore a Pisa il 10 marzo 1872, sotto il falso nome di Giorgio Brown, ospite della famiglia di Pellegrino Rosselli e sotto l’occhiuto controllo delle guardie regie pronte ad arrestarlo.                                                                                                       

Un ricordo.                                                                                                                                             

Tardo pomeriggio, nel suo studio, all’interno del palazzo di Artena. Borghese siede dietro l’ampia scrivania. Ascoltiamo deferenti e presi. Ci racconta come, diversi anni prima, si fosse recato in Inghilterra insieme alla moglie, la contessa Daria Olsoufiev di origine russa e morta nel 1963, investita da un camion. Una sera venne invitato a cena nell’esclusivo club dell’Ammiragliato di cui era allora presidente sir Andrew Cunningham, già a capo della flotta del Mediterraneo durante il conflitto mondiale, e quindi diretto suo avversario. Né costui poteva ignorare come, dopo l’armistizio, mentre la flotta italiana raggiungeva Malta per consegnarsi senza sparare un colpo, Borghese avesse deciso di continuare a combattere ‘per l’Onore d’Italia’. Al termine della cena, per il brindisi finale, Cunningham si alzò in piedi e, levando il calice, ebbe a dire: ‘Principe Borghese, quando sapevamo che Lei e i suoi uomini eravate in mare, ci sentivamo dei bersagli seduti (‘sitting ducks’ che in gergo della marina equivale ad essere indifesi)’. Un gesto di cortesia, qualcosa di più: un gesto cavalleresco fra due avversari, il riconoscimento del valore in sé…                                                                                

Postilla.                                                                                                                                                           

Nel sessantatresimo anniversario dell’impresa di Alessandria d’Egitto, il 18 dicembre 2004, la Marina Italiana mette in mare un nuovo sommergibile, a cui dà nome Sciré. Madrina del varo Elisabetta, figlia di Emilio Bianchi, l’ultimo allora ancora in vita dei violatori della flotta inglese. Nell’occasione l’Ammiraglio di Squadra Sergio Biraghi, Capo di Stato Maggiore della Marina, legge un comunicato in cui ripercorre le tappe storiche di quell’avvenimento ne esalta il valore motiva la scelta di intitolare questa nuova unità. Non una volta avverte la correttezza di citare il Comandante Borghese che di quell’impresa era stato ideatore guida ed esecutore. Indecente e servile…

           

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