Argine saldo

 

Argine saldo

Lo ricordo in facoltà, sebbene non seguissi le sue lezioni, un omino minuto e schivo. In anni recenti lessi il testo di Sonia Michelacci sul convegno di Ferrara del 1932 (Il Comunismo Gerarchico ove ricorda come Ugo Spirito s’era spinto al confine estremo delle due rivoluzioni del XX secolo) e una sintesi sul medesimo argomento in Ritratti in nero.

Sull’ultimo numero degli Annali proprio della Fondazione dedicata al filosofo l’amico Rodolfo Sideri mi fornisce il destro di estrarre dal suo intervento la seguente citazione da Memorie di un incosciente (edito nel 1977). Qui il filosofo Ugo Spirito, pur caratterizzandosi per un percorso a dir poco “problematico”, annota: “…tutto è fermo e nessun vero interesse appare all’orizzonte. Con il Fascismo è finito un momento essenziale della storia d’Italia. L’ultima espressione valida della nostra cultura ha avuto il suo epilogo nel ventennio. Dopo non vi è stato che il disordine mentale che sa autodefinirsi unicamente come antifascismo”.

(Non si può che concordare. Nonostante Renzo De Felice abbia voluto descriverlo come una sorta di contenitore vuoto, la “poesia del XX secolo” – espressione a me cara di Robert Brasillach – preserva oltre il muro di silenzio di dispregio di mediocre morale l’eco di armonie e polifonie che ne rimanda suggestioni richiami confronti a chi abbia il cuore e la mente gettati oltre l’ostacolo). E non si tratta di sterile e formale nostalgia (il filosofo Martin Heidegger interpreta il termine come “il tornare a casa con dolore”) semmai, lapidario, Alessandro Pavolini afferma “il Fascismo è sorriso”. Anche qui, oltre le vicende storiche, andiamo a dirci, a richiamare uno stile… Sebbene abbiamo abbandonato la lettura dei quotidiani, resa minimale la visione della televisione, non ci sfugge il vuoto della parola. Non si tratta di contrapporre il decomporsi delle certezze per muoversi all’interno del domandare – un mondo muore un altro nasce – che sarebbe auspicio. Si tratta di fare cultura, di vivere la cultura come richiamava Nietzsche che, appunto, l’esistenza di un filosofo è la cifra del suo filosofare… E di questo avvertiamo la assenza.                                              

 Non so cosa ha spinto Ugo Spirito all’affermazione qui riportata. Sta di fatto che essa ci conforta in questa difesa di un’idea altra ed alta. Non sta certo a me riconoscere di aver mantenuto dritta la barra, in cima alle vette per scagliarmi contro il mondo di oggi, di preservare la parola quale identità con la personale esistenza. E fare della memoria di uomini e donne in camicia nera argine saldo. So, però, che ho tentato. E posso difendermi dall’accusa di Pound sulla natura di quell’errore che si commette quando si sfugge all’osare…                    

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